Alla vigilia dell’assemblea costituente del Pd che dovrebbe votare il nuovo «Manifesto dei valori» e dare il via alla successiva fase congressuale, ci si accorge che molti nodi sono ancora da sciogliere. A partire dal nome, visto che il vicesegretario Peppe Provenzano lancia questa proposta: «Sul nome del partito avrei voluto un referendum per i nostri iscritti – afferma – Ma lo chiederemo al prossimo gruppo dirigente». L’idea non dispiace a Elly Schlein: «È sicuramente un tema che può essere sottoposto agli iscritti – replica – anche se in questo momento questo congresso ci deve servire innanzitutto a mettere al centro contenuti e una visione chiara, coraggiosa». Ma gli altri tre candidati alla segreteria (Stegano Bonaccini, Gianni Cuperlo, Paola De Micheli) sono abbastanza freddi.

E poi c’è lo scontro attorno al Manifesto dei valori. Dopo che cento saggi hanno rivisto la Carta costitutiva del partito, correggendone gli istinti più liberisti e suscitando le proteste dell’ala liberal, spunta il «lodo Letta», che sarebbe l’esito della mediazione con i quattro candidati e con il leader di Articolo Uno, Roberto Speranza, in procinto di rientrare nel partito. La sintesi è la seguente: il Manifesto è la carta d’identità del Nuovo Pd, ma non cancella la Carta dei Valori elaborata al momento della fondazione veltroniana del 2007. Dunque, resta aperta la fase costituente, in attesa del nuovo leader e della futura evoluzione del partito. In questo modo, si lascia al nuovo segretario e agli iscritti la possibilità di decidere ulteriori interventi. Della bozza del Manifesto, una delle parti più discussa è stata quella in cui si parla di «un nuovo modello si sviluppo» che «passa necessariamente dal riconoscimento di un ruolo strategico dell’intervento pubblico». Fra i temi toccati l’orizzonte di una Europa federale, la necessità di una legge sul salario minimo, la condanna della guerra e dell’invasione della Russia in Ucraina, la valorizzazione del ruolo delle donne, la cultura antifascista come bussola, «i pieni diritti alle nuove italiane e ai nuovi italiani».

Dunque, oggi Letta nel suo ultimo discorso da segretario cercherà di tenere insieme la spinta al cambiamento e i sospetti nei confronti di un Manifesto che viene approvato prima della scelta del nuovo leader. La votazione dell’assemblea «sarà definitiva e cogente», il Manifesto diventerà a tutti gli effetti la «base politica della nascita del nuovo Pd», e tuttavia «non ha effetti abrogativi su quello del 2007, frutto del contributo, tra gli altri, di giganti del pensiero democratico come Scoppola o Reichlin. Quella Carta è e rimane scolpita nella storia del Partito democratico».