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Il litio infiamma Jujuy, la lotta di più

Il litio infiamma Jujuy, la lotta di piùIndigeni kolla bloccano la strada nazionale n.9 a Purmamarca contro la riforma costituzionale del governatore Morales – Lina Etchesuri

Argentina Le comunità indigene nel nord del paese bloccano strade, scioperano e manifestano contro il progetto estrattivista e di stravolgimento costituzionale del governatore Morales. Che punta a prendersi le terre dei nativi reprimendo la protesta

Pubblicato più di un anno faEdizione del 28 giugno 2023

Dall’inizio di giugno la provincia di Jujuy, punta nord dell’Argentina al confine con Perù e Bolivia, rappresenta la sintesi perfetta dei dilemmi di un paese del sud del mondo che è in crisi e sotto elezioni. Salari bassissimi, criminalizzazione della protesta e modello di sviluppo estrattivista sono finiti in prima pagina sui principali quotidiani dopo la mossa del governatore Gerardo Morales, che adesso ambisce alla vicepresidenza del paese.

In breve la storia è andata così: in poche settimane Morales – membro del principale partito di opposizione al governo nazionale del progressista Alberto Fernández – ha promosso una riforma della Costituzione locale. Obiettivo: criminalizzare la protesta e spostare i popoli originari dalle loro terre per promuovere l’estrazione del litio da parte di imprese multinazionali.

LE DUE INIZIATIVE sono finite al centro del dibattito elettorale non tanto per la mancanza di consenso, ma per la grande resistenza sociale del popolo di Jujuy e la repressione poliziesca con la quale ha risposto il governatore. L’esito della sua gestione è tutto da vedere: nonostante pallottole di gomma e gas lacrimogeni, mentre scriviamo ci sono 22 strade bloccate in vari punti della provincia, soprattutto dalle comunità dei popoli originari, e i sindacati degli insegnati si mobilitano quotidianamente chiedendo miglioramenti salariali.

Il conflitto sociale è iniziato proprio con la protesta dei docenti. Nella provincia di Jujuy hanno il salario peggiore di tutta l’Argentina: all’inizio della lotta quello base era di 34mila pesos al mese, circa 122 euro.

DAL 5 GIUGNO i docenti sono protagonisti di mobilitazioni massicce. La risposta di Morales è stata raddoppiare la posta in gioco. Il 12 del mese ha presentato il progetto di modifica della Costituzione locale, carta che regola le questioni chiave della provincia, per trasformare la protesta sociale in un crimine. Non solo: nella nuova versione ha incluso due articoli per riconfigurare la gestione della proprietà delle terre appartenenti ai popoli originari. Un vecchio conto in sospeso.

In Argentina la Costituzione nazionale stabilisce che le risorse naturali appartengono alle province e non allo Stato centrale. Facendo uso e abuso di questa regola, Morales ha messo da parte l’ancestralità dei popoli originari nel territorio argentino, avallata persino da leggi internazionali, affermando esplicitamente di voler rendere la vita più facile alle multinazionali che cercano il litio.

La produzione di questo elemento nel nord argentino è aumentata negli ultimi anni per la crescente richiesta mondiale del minerale bianco, usato nell’industria delle batterie e venduto come «energia rinnovabile». Nell’agosto 2022 Morales aveva annunciato che per la fine dell’anno la sua provincia ne avrebbe prodotto 82.500 tonnellate. Un numero che quest’anno voleva superare con la realizzazione di nuovi progetti, in particolare nel bacino delle «Grandi saline» diviso tra le province di Jujuy e Salta, a quasi 4mila metri di altezza.

LÌ ABITANO le comunità kolla e atacamas, popoli originari che, raccontano al manifesto, a partire dal 2009 sono stati invasi da macchinari e automobili delle multinazionali, mentre i mezzi di comunicazione parlavano di progetti destinati a sbarcare sul loro territorio.

Senza che nessuno li abbia mai consultati. Per questo hanno costituito il «Tavolo delle 33 comunità del bacino delle Grandi saline e della laguna di Guayatayoc», denunciando la violazione del diritto a essere ascoltati. Così come l’offerta di «aiuti sociali» da parte delle imprese ad alcune famiglie e i tentativi fraudolenti di far firmare permessi ad alcuni membri della comunità.

«Rivendichiamo il diritto a una consultazione preventiva, libera e informata di tutte le comunità per qualsiasi intervento estrattivo da realizzare nel bacino», precisano dal Tavolo.
Visti i tanti progetti estrattivi inquinanti in vari punti del paese le comunità argentine sono informate sugli effetti di tali attività. In particolare sulla contaminazione dell’acqua e l’impatto sulla biodiversità. I popoli originari, dal momento che vivono in zone isolate, sono spesso i principali difensori delle risorse che non sono state ancora sfruttate.

La loro resistenza all’estrazione del litio a Jujuy rappresenta la difesa di una delle ultime forme di vita ancestrali. Lo spiega Imelda, donna kolla di 38 anni: «Ci offrono 4×4 che presto diventeranno rottami. Dovrò continuare a nutrire figli e nipoti. Al contrario, so che se pianto un seme in questa terra crescerà sempre».

SULLA QUESTIONE dello «sviluppo» inverte l’onere della prova: «Morales ci dice che se usiamo i cellulari è grazie al litio. E che se non ci piace, non dobbiamo più utilizzarli. Noi diciamo: allora voi, che promuovete le estrazioni, smettete di bere acqua». Lo striscione che incornicia il blocco stradale di Purmamarca riassume qualcosa che sembra complesso ma in realtà è facile da capire: «No alla riforma, sì all’acqua, no al litio».

Le notizie che arrivano da Jujuy hanno attirato l’interesse di tutta la società argentina e anche dei partiti pronti alla sfida presidenziale. L’opposizione nazionale ha organizzato una conferenza stampa per appoggiare Morales nella lotta contro le mobilitazioni «violente», facendo accuse infondate. Una settimana più tardi hanno annunciato che il governatore sarebbe stato candidato vicepresidente per il partito di orientamento neoliberista e conservatore Propuesta Republicana guidato da Horacio Rodríguez Larreta, uno dei candidati favoriti.

Il governo nazionale, intanto, ha mantenuto un certo silenzio rispondendo alle accuse solo su Twitter e condannando in modo generale la repressione delle proteste. In qualcosa sembrano essere d’accordo gli uni e gli altri: l’estrazione del litio, in Jujuy come nel resto del nord argentino, non è in discussione.

SOPRATTUTTO in un paese in crisi di riserve di dollari e con la lama del Fondo monetario internazionale sul collo. Ad agosto l’Argentina voterà i precandidati alle presidenziali e a ottobre si eleggerà il vincitore. Chissà che il futuro non passi da Jujuy, dove docenti e popoli originari giocano una partita decisiva per tutto il paese.

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