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«Il link tra fascismo e antisemitismo non è mai scomparso»

«Il link tra fascismo e antisemitismo non è mai scomparso»Pietre d’inciampo a Berlino; in basso Christoph Heubner

Giornata della memoria L’odio montante, Liliana Segre, l’Europa: intervista a Christoph Heubner, vice-presidente del Comitato Internazionale di Auschwitz: «Politici come Salvini in Italia e Höcke (AfD) in Germania, così come il Front National in Francia, fanno leva sui peggiori istinti»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 27 gennaio 2020

Settantacinque anni dopo la Liberazione del più noto campo di sterminio nazista, Christoph Heubner, 70 anni, vice-presidente esecutivo del Comitato Internazionale di Auschwitz, fa il punto sull’antisemitismo «dato sempre per morto ma mai scomparso» incistato in tutta l’Europa.

Scrittore, poeta, storico e germanista, per anni ha accompagnato ad Auschwitz i gruppi di giovani apprendisti della Volkswagen a cui teneva i “corsi di manutenzione” direttamente nel sito del Memoriale. Al collo vanta due Ordini al Merito della Polonia, oltre a quello che la Germania gli ha conferito nel 2003. Ed è “titolato” a parlare perché oggi rappresenta ufficialmente la Memoria dei Sopravvissuti custodita dal Comitato che ha sede nella strasse intitolata a Stauffenberg, l’attentatore di Hitler.

Nel 2020 il suo compito rimane Ricordare. A chi sa ma fa poco o nulla, a chi nega o, peggio, mira a «riproporre».

Herr Heubner, l’account Twitter del Comitato di Auschwitz si avvia a centrare l’obiettivo del milione di follower. È la «risposta all’antisemitismo» dilagante auspicata con l’appello internazionale. Ma è sufficiente?

È un buon risultato e un segnale di partecipazione molto importante. Dimostra anzitutto che ci sono centinaia di migliaia di persone seriamente preoccupate per la crescita dell’antisemitismo in tutta Europa. Si tratta di una reazione pubblica, autentica e spontanea alla situazione attuale. Questi cittadini dimostrano di sapere interpretare correttamente ciò che sta accadendo. Sono, cioè, perfettamente in grado di capire. È fondamentale. In più rappresentano numericamente la maggioranza contrapposta alla minoranza che diffonde quotidianamente l’odio attraverso i vari canali internet.

Fuori dalla rete però gli “untori” dell’odio restano protetti dall’immunità politica quando non istituzionale. A partire dalla Germania, dove il negazionista dell’Olocausto, Bjorn Höcke, oggi detta la linea di Alternative für Deutschland, un partito con 90 deputati al Bundestag.

Ha ragione. Purtroppo, oggi come ieri, su questo aspetto non è cambiato niente. Politici come Matteo Salvini in Italia e Höcke in Germania, così come il Front National in Francia, da anni sono impegnati nella diffusione di slogan che fanno leva sui peggiori istinti, a cominciare dalla paura di essere minacciati. Entrambi, in buona sostanza, incoraggiano i cittadini a credere al messaggio che mira a cambiare il clima nel tessuto profondo della società. È molto chiaro storicamente come funziona questa strategia.

A proposito di Salvini, di recente ha sostenuto pubblicamente che il leader della Lega prepara il terreno al fascismo. Anche all’antisemitismo?

Vale per Salvini come per gli altri leader che perseguono la medesima politica: c’è un link tra fascismo e antisemitismo, una sorta di “feeling europeo” che la maggior parte di noi immaginava definitivamente estinto dopo l’orribile esperienza della Seconda guerra mondiale. Non è mai scomparso.

Oggi l’insegnamento democratico dello Stay Together, in Ungheria, Polonia, Francia, Italia e Germania, viene sostituito dagli stessi identici slogan di un tempo: dalla Lügenpresse (la «stampa bugiarda» di memoria nazista) a provare a fare credere ai cittadini di essere un popolo etnico. Il loro messaggio è “devi reagire” perché c’è “un attacco”. Le conseguenze sono sotto i nostri occhi, e tra gli effetti c’è anche il caso che ha coinvolto Liliana Segre in Italia.

Sa che lo «Stay Togheter» per il sindaco leghista di Verona si traduce nella cittadinanza onoraria alla senatrice “compensata” dalla via dedicata all’ex segretario del Msi, già redattore de La Difesa della Razza?

Incredibile e inquietante. Non riesco a pensare come possa accadere. Soprattutto, non mi capacito dell’orribile shit-storm che si è scatenato contro una bellissima persona come Liliana Segre. Cinque anni fa non avrei ritenuto possibile una cosa simile nei confronti di chi rappresenta la memoria dell’Olocausto in Italia. Questo non è il Paese che conosco. Non è la mia Italia.

Eppure ci troviamo di fronte a gruppi di veri e propri odiatori, non solamente contro gli ebrei ma anche nei confronti di altre etnie e religioni, che dal punto di vista dei contenuti mischiano qualunque cosa. La situazione è preoccupante in tutta Europa.

Per questo il Comitato che rappresenta i sopravvissuti ad Auschwitz ha visto con favore l’entrata in vigore in Germania della “legge contro l’odio su internet” (che obbliga i gestori dei social a segnalare i post filo-nazisti alla polizia). Per fermare la deriva antisemita è necessario perseguire legalmente chi diffonde l’odio e minaccia la convivenza democratica.

L’Unione europea è impegnata con la stessa intensità? O si limita alle mozioni di ferma condanna?

L’Ue sul fronte del contrasto all’antisemitismo sta facendo molto. Negli ultimi anni a Bruxelles preoccupazione e attenzione verso il fenomeno sono cresciute di pari passo, anche grazie al buon lavoro di Parlamento e Commissione. È necessario però che vi siano chiari segnali di tipo politico contro l’odio. Su questo confido nel ruolo che spetta appunto alle istituzioni politiche.

Nel suo Paese proprio l’istituzione che più di ogni altra è chiamata a proteggere i valori della Costituzione (“Bundesamt für Verfassungschutz”: il controspionaggio federale) fino a ieri è stata nelle mani del presidente Hans-Georg Maassen, obbligato a dimettersi dopo essere stato beccato a passare la mappa dei centri-profughi ai parlamentari di Afd.

Mi limito a rappresentare il sollievo che Maassen non sia più la persona cui è affidata la protezione dei diritti fondamentali. I Sopravvissuti di Auschwitz, adesso, si sentono protetti dal nuovo responsabile del BfV che sta dimostrando di prendere molto seriamente il proprio incarico istituzionale. Di sicuro i nuovi dirigenti dell’Ufficio sono preoccupati almeno quanto noi per la crescita dell’estremismo in Germania. Per il nostro Comitato è finalmente un buon segnale.

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