Quattro candidati per il posto da Presidente: in Friuli Venezia Giulia si vota ed è un test con parecchi punti di interesse. Regione a Statuto speciale del “ricco” nordest, un XX secolo di guerre e divisioni per una storia strumentalizzata abbastanza da lasciare qualche faglia aperta ancora oggi. Quel confine, per secoli inesistente, oggi con l’Austria e la Slovenia, che ha cercato di tracciare solchi dove il quotidiano dei popoli era – ed è ancora – ibridazione e risorse condivise. Quattro lingue ufficiali: italiano, sloveno, friulano e tedesco e tradizioni locali ancora vive nelle valli di montagna, tra i vigneti del Collio e del Carso, lungo il Tagliamento con il suo enorme alveo di sassi o seguendo l’Isonzo turchese che ha sempre unito le genti ma ha visto massacrarsi eserciti.

IN QUESTO COMPLICATO crocevia si vota oggi fino alle 23 e domani fino alle 15. Si dà per scontata la vittoria del leghista uscente Massimiliano Fedriga ma contare i voti, alla fine, permetterà sperabilmente di capire un poco di più dove stanno andando la gente e la politica.

Fedriga vuole mantenere il suo ruolo di presidente ed esibisce la sua aria da bravo ragazzo, la faccia buona della Lega, per raccogliere voti da chi così pensa di non votare un grumo reazionario che invece c’è, eccome se c’è. Fedriga si presenta con una sua lista, un simbolo con solo il suo nome che fa muovere Salvini in giro per tutta la regione a rivendicare l’appartenenza leghista del suo “governatore”. Ad appoggiare il presidente uscente, dunque, la Lega (al 34,8% nelle regionali del 2018) e poi Fratelli d’Italia, Forza Italia e una lista proposta da un altro ex presidente, Renzo Tondo, un cammino variegato tra i partiti fino all’elezione a deputato con Noi con l’Italia di Maurizio Lupi. Il presidente uscente ha chiuso la campagna elettorale a Udine con Giorgia Meloni dal maxischermo che ha garantito il pieno appoggio del governo per quello che Fedriga vorrà fare, con Salvini che non intende mantenere chi non ha voglia di lavorare e Tajani che «bene i migranti se intendono lavorare ma quelli che vogliono bivaccare intorno alle stazioni non li vogliamo».

IL TERZO POLO SCHIERA Alessandro Maran con il simbolo calendiano di Azione, +Europa e Italia Viva. Eletto per la prima volta deputato con l’Ulivo, poi con Mario Monti, poi ancora senatore e con il Pd fino al 2018. Renziano, parla della sua lista come «alternativa ai populismi», spera nel raddoppio della centrale nucleare slovena di Krsko e non vedrebbe male qualche rigassificatore nel golfo di Trieste. Dopo un incontro pubblico con la partecipazione di Carlo Calenda la scorsa settimana, Maran ha concluso la sua campagna in agriturismo con pochi fedelissimi.

Non manca la lista “altra”, si chiama Insieme Liberi, con Italexit e la costellazione “antisistema” che va dai No Greenpass del Movimento 3V ai No Europa, dai Gilet Arancioni al Popolo della Famiglia. Candidata alla presidenza della regione Giorgia Tripoli, quarantenne avvocata novax che «da sempre si batte per i diritti», indisponibile a qualsiasi collaborazione con le altre forze politiche, parla della sua lista come di «una forza del buon senso, altro che dissenso». Ha chiuso la campagna elettorale a Trieste insieme a Gianluigi Paragone e poi a Udine con Riccardo Rocchesso per un «Finale da Leoni».

INFINE MASSIMO MORETUZZO, il candidato anti-Fedriga che è riuscito a costruire un campo di opposizione davvero largo. Mai iscritto ad un partito, ha sempre lavorato con associazioni ambientaliste e di volontariato o con i cattolici “speciali” del Centro Balducci, costruendo e collegando esperienze e intuizioni, conoscendo e facendosi ben conoscere anche fuori dal Friuli. L’esperienza da sindaco nel suo paese di neanche tremila abitanti e poi la lista civica nata da un gruppo di intellettuali, cittadini e sindaci del Friuli e del Goriziano che lo ha portato in Consiglio regionale nel 2018.

A fianco del suo nome sulla scheda elettorale il simbolo della sua lista, Il Patto per l’Autonomia, dove sono confluiti anche i candidati triestini di Adesso Trieste, e poi i simboli di Open Sinistra FVG del già sindaco di Udine e rettore Furio Honsell, di Alleanza Verdi Sinistra, della Slovenska Skupnost, del Pd e del Movimento 5Stelle. Molti giovani, molte donne e la richiesta di «un paradigma diverso» che si vede nelle proposte e si sente nelle interviste e nei comizi: la sicurezza, per esempio, quella che la destra (e non solo) declina soltanto nella conta dei poliziotti e delle telecamere ma che per Massimo Moretuzzo diventa sicurezza ambientale, di servizi pubblici, di reddito, di comunità che si fa carico e cura. Sicurezza di futuro insomma.

MORETUZZO HA incontrato il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte («le coalizioni si fanno se ci sono progetti e persone affidabili»), con l’ex ministro Stefano Patuanelli e l’europarlamentare Sabrina Pignedoli che promette di continuare a denunciare la folle idea di costruire a Trieste una cabinovia, ma le manifestazioni di chiusura sono state prima a Trieste e poi a Udine con la segretaria dem Elly Shlein. Moretuzzo e Shlein, una coppia che sembra ritrovare concetti da tempo spariti dalle agende politiche.