Giornata nerissima per il presidente della giunta regionale sarda, il leghista Christian Solinas: ieri gli è arrivato un uno-due da far vacillare anche il più solido dei pesi massimi. Prima un montante destro: il governo Meloni, a pochi mesi dalle elezioni regionali (in Sardegna si vota il 25 febbraio) ha impallinato Solinas impugnando di fronte alla Corte costituzionale le norme che nel collegato alla finanziaria regionale, appena approvato in aula, riguardano ben sette materie: ambiente, sanità, ordine pubblico, riorganizzazione delle province, energia , finanza pubblica, assetto amministrativo del territorio, ordinamento civile. In tutto 19 articoli. Un disastro. Norme illegittime perché, a giudizio del governo, con esse la Regione Sardegna si arroga poteri e competenze che invece spettano allo Stato.

Dopo il montante destro, in rapida successione Solinas s’è beccato un gancio sinistro: dalla procura della Repubblica di Tempio è filtrata la notizia, rivelata dal quotidiano L’Unione Sarda, che Solinas, già commissario per le bonifiche dell’arsenale militare della Maddalena, è indagato per presunti ritardi (con conseguenti effetti negativi sulla salute pubblica) nei lavori di pulizia e di ripristino del molo Carbone, dove sono presenti ancora i detriti lasciati dalla marina militare degli Usa, che alla Maddalena, sino alla chiusura del 2008, aveva una base di appoggio per sommergibili armati di testate nucleari.

Il colpo più pesante è il primo. L’impugnazione di fronte alla Consulta suona infatti come una bocciatura, da parte dell’esecutivo Meloni, su decisioni che Solinas contava di giocarsi come carte decisive nella campagna elettorale in vista delle regionali di febbraio. Negli ambienti politici sardi ieri erano in molti a far notare come la mossa del governo indebolisca Solinas in un momento cruciale per il centrodestra, dilaniato da un’estenuante guerriglia per decidere chi sarà a correre, alle regionali, come candidato presidente: Solinas punta al rinnovo del mandato, ma contro di lui FdI ha schierato l’attuale sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, fedelissimo di Meloni. Quando ancora gli esiti della lotta intestina sono del tutto incerti, ecco che da Roma arriva quello che ha tutta l’aria di essere, per il governatore leghista, un micidiale siluro a vantaggio di Truzzu.

In materia di ambiente le norme cassate consentivano, tra l’altro, una riqualificazione degli alberghi esistenti anche attraverso un aumento delle volumetrie e la demolizione e ricostruzione, in aree costiere tutelate, di edifici dismessi. Già per quattro volte, negli scorsi anni, su impugnazione del governo la Corte costituzionale ha bocciato misure che puntavano a rottamare il Piano paesaggistico regionale che dal 2006 tutela, in particolare, le coste: tre volte i giudici si sono espressi contro decisioni di giunte di centrodestra, una volta contro le misure adottate da un esecutivo regionale di centrosinistra. Ci hanno provato tutti, insomma. Adesso siano alla quinta impugnazione. Ed è talmente solido l’ancoraggio del Ppr alla Costituzione, che è facile prevedere che anche stavolta la Consulta accoglierà i rilievi del governo. I primi a chiedere l’impugnazione erano stati, subito dopo l’approvazione del provvedimento, lo scorso agosto, gli ambientalisti del Grig (Gruppo di intervento giuridico). Ora sono i primi ad approvare l’iniziativa presa dall’esecutivo.

Le opposizioni affondano il colpo: «Siamo di fronte – dice Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti in consiglio regionale – a una Caporetto su tutti i fronti. E’ l’epilogo di una legislatura fallimentare, che segna la totale assenza di autorevolezza della giunta e del suo presidente».