Il governo e il suo loop tossico sulle droghe
Nell’ordine:
2003. Il Consiglio dei Ministri della Ue, indica agli stati membri di adottare politiche di Riduzione del Danno (RdD).
2007. La Commissione europea conferma la RdD come approccio di salute pubblica e la include nelle Strategia comunitaria.
2017. Italia, la RdD entra nei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza
2021. Strategia europea sulle droghe 2021-2025, Priorità n.7: Riduzione dei rischi e dei danni e altre misure per tutelare e sostenere le persone che usano droghe.
2023. Human Rights Council (HRC), «Si raccomanda agli Stati di includere e finanziare interventi di RdD e di sostenere le richieste e i servizi di RdD promossi dalle comunità».
2024. Esperti Onu sui diritti umani, Raccomandazione: «L’Onu e gli stati membri devono passare dall’approccio punitivo alle politiche di RdD».
2024. Special Rapporteur Onu sul diritto alla salute, «La RdD è determinante per la realizzazione del diritto alla salute. Gli stati devono assicurare che i servizi di RdD siano disponibili, accessibili, accettabili e di qualità».
2024. Commission on Narcotic Drugs (CND) Risoluzione 67/4, l’Onu adotta formalmente la RdD come approccio strategico. L’Italia sottoscrive la Risoluzione.
Questo – ma molto altro prima e ancora – è il mondo, questa è l’Europa.
Questo invece è il governo italiano, con le parole del sottosegretario Mantovano nella Relazione annuale sulle droghe: «La denuncia del fallimento di politiche rinunciatarie, riassumibili nella formula della riduzione del danno». Ciò che nel mondo è la prospettiva, promettente e necessaria, non solo per i servizi, ma più strategicamente per le politiche sulle droghe, qui è ‘rinunciataria’ e fallimentare.
Il governo è dentro un impresentabile loop ideologico. Afferma senza evidenze un fallimento che non c’è, mentre al contrario c’è una responsabilità politica proprio del mancato sostegno alla RdD, al suo perenne boicottaggio, al fatto che si fa in una minoranza di città e regioni, con una copertura ridicola rispetto al fabbisogno. Lo dice la stessa Relazione, quando include i servizi di RdD chiamandoli ‘prevenzione’ (che RdD non si può nemmeno dire) e li segnala come «meno diffusi e con una copertura del bisogno espresso mediamente inferiore e variabile da regione a regione». Non dice che laddove la si pratica la RdD funziona, come in tutto il mondo funziona.
Non c’è evidenza, non c’è consesso scientifico o politico che tengano: il governo deve affermare che la sola via è quella dell’astinenza, il vecchio ‘mondo senza droghe’ superato dalla stessa Onu che l’aveva creato. Superato dagli stessi Usa, che dopo 300mila e più morti per overdose dovuti alla mancanza di politiche efficaci, hanno dovuto adottare razionalità e umanità. Adottare l’approccio e la pratica della RdD.
Mantovano, quando ricorda «il richiamo a un’azione comune realmente efficace nelle più qualificate sedi internazionali, in primis l’Ufficio dell’Onu a Vienna», dovrebbe ricordare… in primis a se stesso quella Risoluzione, siglata dall’Italia, che afferma la RdD come necessaria.
E anche dovrebbe spiegare come potrebbe mai portare avanti il tanto sbandierato piano sul fentanyl – l’oppioide sintetico che a dire il vero in Italia ancora poco si è visto – «piano coordinato di intervento, già operativo e con primi significativi risultati (?)», senza un robusto investimento nella RdD: senza drug checking per dire a chi usa se il fentanyl c’è, nelle loro dosi; senza distribuzione capillare di naloxone contro l’overdose; senza stanze del consumo dove usare in modo protetto; senza corsi di educazione all’uso sicuro; senza interventi di strada, di bassa soglia e nei contesti del divertimento. Forse con uno spot che dice «Il fentanyl fa male. Non usarlo. Garanzia di efficacia, altro che politiche rinunciatarie!
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