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Il giorno più lungo del Libano: l’invasione di terra è iniziata

L’edificio colpito a Kola nella notte tra domenica e lunedì foto Ap/Marwan NaamaniL’edificio colpito a Kola nella notte tra domenica e lunedì – foto Ap/Marwan Naamani

Con permesso In serata le prime incursioni israeliane. Hezbollah annuncia: a breve un nuovo capo. L’Iran: non inviamo i nostri uomini

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 1 ottobre 2024

Israele sfonda il confine e entra in Libano con le truppe di terra. Alle 10 di sera locali i media libanesi danno l’annuncio dell’invasione di terra israeliana nel sud del Libano. Le incursioni «limitate» dovrebbero interessare solo il sud del paese e dovrebbero essere rapide, queste le informazioni diffuse dall’esercito israeliano. In altre parole, dice Israele, un’azione veloce entro il fiume Litani – linea dietro cui si sarebbe dovuto fermare Hezbollah nella risoluzione 1701- per eliminare le infrastrutture militari del partito sciita lungo la frontiera. Secondo informazioni rivelate al Washinghton Post, Israele non avrebbe intenzione di spingersi oltre, memore dell’esperienza negativa della guerra del Tammus nel 2006.

All’epoca fu respinto da Hezbollah. Il presidente statunitense Joe Biden si era detto contrario a una tale eventualità e aveva invece auspicato un cessate il fuoco immediato. Anche la diplomazia francese ha spinto in questa direzione: il ministro degli esteri Jean-Noël Barrot è atterrato a Beirut domenica sera. Lo scenario però sta cambiando. La Germania ha evacuato con un aereo militare lo staff non essenziale dell’ambasciata e alcuni cittadini tedeschi più vulnerabili. Anche gli Usa si stanno muovendo in questa direzione. E, soprattutto, ieri sera l’esercito libanese si è ritirato di cinque chilometri dal confine. Era stato il premier ad interim Mikati, ore prima, ad annunciare il dispiegamento delle forze armate libanesi a sud.

LE ORE CHE HANNO preceduto le notizie di invasione sono state sanguinose. Almeno 136 uccisi, secondo le autorità libanesi. All’una di notte di ieri un drone ha colpito un appartamento nei pressi della stazione di bus di Cola, uno dei due smistamenti di Beirut del limitato trasporto pubblico libanese. Quattro i morti, tre appartenenti al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il secondo gruppo per ampiezza dopo Fatah dentro l’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), movimento marxista-leninista nato a fine anni ’60. Le vittime sono Imad Audi, leader in Libano, Mohammas Abdel Aal, membro del comitato politico, e Ablel Rahmani Abdel Aal, membro del partito. Un quarto non è stato ancora identificato. Oltre all’identità delle vittime, l’attentato ha generato il panico perché è stato il primo a colpire Beirut fuori dall’area della Dahieh, periferia a sud della capitale e pesantemente bombardata negli ultimi giorni. Un raid che aumenta ulteriormente il livello del conflitto e della sua percezione nel paese, palesando che nessun luogo è sicuro.

Qualche ora prima, domenica, l’aviazione israeliana aveva affermato di aver «distrutto un deposito di lanciamissili di Hezbollah nel raggio di un chilometro e mezzo dall’aeroporto di Beirut». Si è temuto che l’attacco fosse diretto all’aeroporto, unica via di fuga dal paese. Prima ancora l’esercito israeliano era entrato nel sistema radio di alcune torri di controllo. I voli dall’Iran per «ragioni di sicurezza» sono stati sospesi.

MA I RAID israeliani hanno colpito anche altrove: 45 uccisi e 70 feriti in un bombardamento su una palazzina a Ain el-Delb, periferia di Sidone, nel sud. Il mufti sunnita della città, Sheikh Salim Sawsane, ha definito l’aggressione «nazista e barbara» e ha denunciato «il massacro commesso dal nemico israeliano contro dei civili». Vanno avanti gli attacchi anche a est, nella valle della Beka’a, con una grande violenza devastatrice. Anche Hezbollah ha rivendicato ieri di aver colpito varie postazioni militari nel nord di Israele. In serata il partito-milizia ha annunciato dei raid nei pressi di Haifa.

I numeri, in continuo aggiornamento, segnano un bilancio tragico: circa 2mila i morti in Libano dall’inizio del conflitto (un migliaio solo nell’ultima settimana, che non tengono conto degli effetti delle 85 bombe che hanno cancellato sei palazzine a Beirut per ammazzare il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah), 10mila feriti, almeno 300mila sfollati interni, anche se questo è un dato al ribasso.

L’EMITTENTE americana Nbc, citando fonti anonime dell’amministrazione israeliana, ha dato la notizia che la morte di Nasrallah sarebbe avvenuta dopo il mancato accordo per il cessate il fuoco, pronto per il Libano, ma non per Gaza. Il rifiuto di Nasrallah, la cui unica condizione dall’inizio del conflitto è stata quella della fine delle ostilità a Gaza, sarebbe stata il preambolo per la sua uccisione venerdì scorso, in un attentato senza precedenti a Beirut.

IERI NAIM QASSEM, portavoce del Partito di Dio, ha parlato per la prima volta dopo la morte del capo, ribadendo che Hezbollah è pronto a qualunque scenario e che Nasrallah sarà vendicato. Un successore, aggiunge Qassem, sarà nominato «appena possibile». Non è ancora chiaro se e quando ci saranno i suoi funerali. Nasser Kanaani, ministro degli esteri iraniano, ha detto che «chi minaccia la sicurezza nazionale iraniana, riceverà una risposta dell’Iran». Ma al momento nessuna azione è stata intrapresa da parte dell’Iran dopo l’uccisione di Nasrallah e ieri Teheran ha detto di non voler mandare propri uomini nel paese.

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