Il giallo del neonazista Petrovsky: scappa in Finlandia e si fa arrestare
Russia Criminale di guerra e fondatore nel 2014 del gruppo suprematista Rusich, ha collaborato con Wagner. E un mese fa ha tentato la fuga. La Russia, in apparenza, lo ignora
Russia Criminale di guerra e fondatore nel 2014 del gruppo suprematista Rusich, ha collaborato con Wagner. E un mese fa ha tentato la fuga. La Russia, in apparenza, lo ignora
Una volta atterrato con la giovane moglie all’aeroporto di Helsinki, il neonazista russo Yan Petrovsky, ricercato in Ucraina per i crimini compiuti in guerra, ha mostrato alle guardie di frontiera un documento con un nome falso.
Pretendeva di chiamarsi Voislav Torden. La nuova identità, come spesso accade, ha tenuto il tempo di un paio di domande. La polizia in Finlandia ha fermato Petrovsky-Torden il 20 luglio per aver violato le norme sull’immigrazione, eppure la notizia è affiorata solamente ieri sui canali Telegram legati al gruppo paramilitare Rusich, la sigla più nota dell’estrema destra russa. I suoi compagni d’armi non nascondono le critiche al ministero degli esteri.
La versione è la seguente. Le autorità finlandesi hanno avvertito l’ambasciata russa secondo i termini previsti dagli accordi internazionali ma nessuno, questo dicono, si è ancora messo in contatto con Petrovsky, nessuno gli ha fatto visita in carcere, nessuno sembra occuparsi del caso. Da Kiev hanno già chiesto l’estradizione. Un tribunale sarà presto chiamato a decidere. L’eventuale via libera esporrebbe Petrovsky a una condanna compresa tra i 15 anni e l’ergastolo.
LA VICENDA, di per sé notevole, è ancora più significativa all’indomani dell’incidente aereo che ha cancellato mercoledì pomeriggio nella regione di Tver il gotha del Gruppo Wagner. Perché dentro Rusich Petrovsky è considerato uno dei leader politici e militari.
Nato a Irkutsk, nell’estremo oriente della Russia, trentasei anni fa e cresciuto fra San Pietroburgo e la cittadina norvegese di Tonsberg, in cui la madre si era trasferita con il secondo marito, è entrato in contatto con un altro celebre estremista, Aleksei Milchakov, nel 2011.
I due hanno fondato insieme Rusich tre anni più tardi, negli stessi mesi in cui l’Ucraina viveva la rivolta di Maidan Nezalezhnosti. Milchakov allora descriveva Rusich come «un gruppo di radnovery, di nazionalisti e di volontari arruolati in Russia e in Europa», addestrati e organizzati con disciplina militare.
Il termine radnovery definisce la corrente religiosa basata sulle arcaiche tradizioni dei popoli slavi. A quel sistema i Rusich fanno risalire anche il loro simbolo: una variante dello schwartze sonne, il sole nero che contraddistingue numerosi movimenti neonazisti e suprematisti. Oltre ai fanatici delle tradizioni paleoslave, Rusich è imbottita di elementi delle forze di sicurezza russe.
Il battesimo di fuoco Petrovsky e Milchakov lo hanno ricevuto nel 2014 nel Donbass in un’unità del gruppo separatista Batman sotto il comando di Aleksander Bednov. Con i nomi di Battaglia «Grande Slavo» e «Serb» hanno preso parte alle battaglie di Shchastya e Stanytsia Luganska, all’assalto al villaggio di Khryashchuvaute, alla conquista di Heorhiivika, di Velyka Verhunka e di Lutuhyne, e soprattutto all’imboscata durante una tregua costata la vita a una trentina di militari del battaglione ucraino Aidar.
In una serie di fotografie diffuse in rete si vede Petrovsky in posa accanto ai cadaveri dei nemici. Il primo turno di morte i due lo hanno terminato nel 2015 dopo l’omicidio, rimasto ufficialmente senza colpevoli, del loro comandante Bednov, che a quanto si dice era entrato in contrasto con Wagner.
PROPRIO ALLORA Rusich e la Wagner hanno cominciato a collaborare. Prima in Siria, in un impianto industriale alla periferia di Homs in cui Milchakov ha prestato servizio. Poi di nuovo in Ucraina, nel 2022, nella regione di Kharkiv. Sono stati canali vicini a Rusich a pubblicare lo scorso aprile un terribile video con la decapitazione di un soldato ucraino.
Petrovsky sapeva perfettamente di essere sulle black list europee e americane. Sapeva anche di essere ricercato in Ucraina. Le voci sul suo conto sono numerose. La maggior parte nella cerchia di Rusich crede che l’arresto sia dovuto solo a un suo errore.
Alcuni ipotizzano persino che abbia deciso di entrare in Finlandia dopo avere raggiunto un accordo con gli ucraini. Sia come sia, la milizia ha fatto sapere che sospenderà le operazioni in Ucraina finché Petrovsky non sarà libero.
A Mosca il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha firmato ieri un decreto che obbliga anche i volontari a giurare fedeltà alla Russia. Ma dopo la morte di Prigozhin è chiaro che per quelli come Petrovsky le richieste potrebbero essere ben più pesanti.
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