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Il gelo Riyadh-Tel Aviv passerà. Ma il dialogo d’ora in poi è in salita

Il gelo Riyadh-Tel Aviv passerà. Ma il dialogo d’ora in poi è in salitaIl principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – Ap

La sorpresa della guerra Dopo l’offensiva su Gaza il negoziato israelo-saudita potrebbe non interrompersi. La questione palestinese sarà una condizione

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 15 ottobre 2023
Michele GiorgioGERUSALEMME

Non è noto se lo stop alla normalizzazione tra Israele e l’Arabia saudita rientrasse negli obiettivi di Hamas quando ha pianificato l’attacco del 7 ottobre al sud di Israele. In ogni caso la dura ritorsione israeliana contro Gaza ha spinto la monarchia Saud a rallentare se non a bloccare del tutto i negoziati in corso, con la mediazione degli Stati uniti, per l’avvio di piene relazioni con Israele, riferisce l’Afp. Conferme sono giunte anche da Reuters.

L’agenda di Hamas si focalizza sullo scontro con Israele ma, in ogni caso, quanto accade non potrà non avere conseguenze regionali Mouin Rabbani

Con le stragi di civili palestinesi in corso a Gaza per Riyadh è motivo di forte imbarazzo portare avanti le trattative con Israele. Non è azzardato prevedere che, una volta terminata l’offensiva militare israeliana, i sauditi torneranno al negoziato – ammesso che intendano riprenderlo – con maggiori richieste di concessioni ai palestinesi sotto occupazione israeliana, riducendo al minimo le possibilità di una normalizzazione di rapporti. Il governo Netanyahu, se già prima non appariva intenzionato a concedere, su richiesta saudita, qualcosa di significativo ai palestinesi, ora sarà ancora meno disposto a fare anche il più piccolo gesto conciliante. Atteggiamento che forse renderà più complesse le relazioni di Israele con Emirati, Marocco e Bahrain, tre dei quattro paesi arabi degli Accordi di Abramo (il quarto è il Sudan in guerra civile), che per non urtare la sensibilità delle loro popolazioni (filopalestinesi) potrebbero raffreddare le relazioni con Israele.

Prima del 7 ottobre l’Arabia saudita, la più potente e influente delle monarchie arabe, aveva fatto sapere che si stava «avvicinando» a un accordo con Israele sottolineando che avrebbe incluso «concessioni» ai palestinesi sotto occupazione, cosa che parecchi ministri del governo israeliano di estrema destra comunque avevano escluso. Una settimana fa è cambiato tutto. Il governo saudita si è rifiutato di condannare le azioni di Hamas, ricordando invece a Tel Aviv di aver lanciato ripetuti avvertimenti su una possibile escalation alla luce «dell’occupazione in corso e la privazione del popolo palestinese dei suoi diritti legittimi, così come le ripetute provocazioni deliberate contro la sua santità (la moschea di Al Aqsa di Gerusalemme, ndr)».

Venerdì il regno ha anche condannato l’ultimatum di Israele ai civili palestinesi di evacuare il nord di Gaza in 24 ore: «Il Regno dell’Arabia saudita afferma il suo categorico rifiuto delle richieste di sfollamento forzato del popolo palestinese da Gaza e la condanna del continuo prendere di mira civili indifesi», si legge in una nota del ministero degli Esteri.

Sulla scia della crisi, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs) ha tenuto la sua prima conversazione telefonica con il presidente iraniano Ebrahim Raisi nella quale ha espresso la «posizione incrollabile di Riyadh nel difendere la causa palestinese». Passi di grande rilievo: Mbs è il principale fautore dell’alleanza con Israele con cui l’Arabia saudita, da lungo tempo, coopera in segreto in settori come la sicurezza e l’intelligence.

L’analista arabo Mouin Rabbani ridimensiona le indiscrezioni che davano per fatto, nel giro di qualche mese, l’accordo di normalizzazione. «Non era così vicino e comunque è sbagliato pensare che Hamas abbia cercato con il suo attacco del 7 ottobre di far deragliare il negoziato israelo-saudita. L’agenda di Hamas si focalizza sullo scontro con Israele – dice Rabbani al manifesto – In ogni caso quanto accade non potrà non avere conseguenze regionali. Senza dimenticare l’intenzione espressa dei leader israeliani di voler cambiare la faccia di Gaza e del resto del Medio Oriente. Propositi che fanno passare in secondo piano tutte le normalizzazioni di rapporti in atto».

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