Nel Museo Henry Ford, a Dearborn, è in esposizione l’autobus #2857 su cui sedeva una giovane donna African American, Rosa Parks. Era il primo dicembre 1955, una giornata che sarebbe passata alla storia degli Stati Uniti per lo straordinario atto di disobbedienza civile di una sarta, arrestata per essersi rifiutata di cedere il posto a un bianco, dando così origine al boicottaggio dei bus nella sua città, Montgomery, Alabama. Ebbe un ruolo di spicco nel movimento di Martin Luther King ed è ricordata come la Madre del movimento per i diritti civili. Rosa Parks morì nel 2005, a Detroit, la metropoli del Michigan, lo stato dove martedì scorso si sono tenute le primarie del Partito democratico e quelle del Partito repubblicano.

La storia americana del Novecento è costellata di episodi di coraggio, di protesta e di lotta contro la sopraffazione e per i diritti, episodi come quello che vide protagonista Rosa Parks. E sarà pure una coincidenza, ma fa pensare che l’autobus dove sedeva Rosa sia custodito in un museo che si trova in una cittadina degli Stati Uniti oggi alla ribalta per una nuova clamorosa protesta civile e politica: Dearborn, la città natale di Henry Ford, il centro urbano con la più numerosa comunità di americani arabi e musulmani, costellato di moschee e di ristoranti libanesi e palestinesi, con scritte in arabo oltre che in inglese nei luoghi pubblici. Ed è qui che ha avuto origine ed è stata attuata con maggiore successo l’iniziativa che ha scosso le altrimenti tranquille primarie democratiche in Michigan.

Quella che doveva essere una pura formalità, perché Biden non ha rivali in queste primarie, si è trasformata in una sfida politica ad alto rischio per il presidente-candidato. La protesta via via crescente degli americani islamici, per il massacro in corso a Gaza, attuato grazie al sostegno politico e agli aiuti militari ed economici di Washington, non aveva trovato ascolto né alla Casa Bianca né al Congresso, cosicché era inevitabile un vistoso “salto di qualità”. Che si è concretizzato con l’ingresso della loro protesta nelle urne nella forma di schede uncommitted, senza indicazione di nessuno dei candidati proposti. A Dearborn e a Hamtramck, altra cittadina michiganer a forte presenza araba e islamica, rispettivamente il 56 e il 61 per cento dei voti sono stati uncommitted. Non abbastanza per mettere in discussione la vittoria di Biden, ma sufficienti per consegnare un avvertimento a Biden e ai democratici, specie se l’esito della consultazione nelle comunità arabe e musulmane è combinato con quello nelle vicine cittadine universitarie, Ann Arbor e East Lansing.

Il New York Times dà molta importanza ai risultati nei due campus (19 e 15 per cento uncommitted), in vista delle prossime primarie in stati dov’è consentito il voto uncommitted. In centri universitari importanti, come Madison (Wisconsin), Athens (Georgia), Chapel Hill e Durham (North Carolina), Tucson (Arizona) e State College (Pennsylvania) il movimento di boicottaggio elettorale di Biden prepara amare sorprese. Ancor più che i voti, la protesta dei giovani si traduce nell’annuncio di un disimpegno nella difficile sfida finale che attende il nominee democratico. Senza una consistente partecipazione elettorale di giovani e senza un loro coinvolgimento nella campagna elettorale, la rielezione di Biden, già in salita, sarebbe definitivamente a repentaglio.

Secondo Metro Times, un giornale di Detroit che sostiene il movimento di protesta elettorale, «Biden non può consentirsi di perdere i loro voti in uno stato, il Michigan, che si sta di nuovo confermando come uno degli stati in bilico nel 2024. Nel 2020 vinse con oltre 150.000 voti di vantaggio qui, dove vivono 300.000 persone di origini mediorientali. Questo non tiene neppure conto dei tanti altri elettori che disapprovano la guerra a Gaza, specie i giovani».

Joe Biden ha sottovalutato non solo l’importanza di un elettorato finora dato per scontato come “suo” ma anche l’effetto domino che questa protesta avrebbe suscitato in bacini elettorali contigui, come i votanti giovani e gli African American, molto e sempre più sensibili verso la causa palestinese.
Attualmente Donald Trump è in vantaggio di 3,3 punti su Biden nella media di quattro sondaggi condotti in Michigan e di due punti a livello nazionale. Dati che mettono in evidenza l’importanza anche di segmenti marginali di votanti nelle contee decisive degli stati in bilico.

Godendosi un gelato alla menta, alla vigilia del voto in Michigan, Biden ha detto di prevedere un cessate il fuoco a Gaza «entro la fine del weekend». Il giorno dopo i suoi elettori gli hanno mandato a dire che da un presidente degli Stati Uniti si aspettano una postura più seria e credibile, meno parole più fatti, più pugni sul tavolo con «Bibi» Netanyahu meno chiacchiere da bar.