Internazionale

Il fuoco dei cecchini israeliani su chi scappa dal nord di Gaza

Ziad Abu Hleil durante un'incursione dell'esercito israeliano a DuraZiad Abu Hleil durante un'incursione dell'esercito israeliano a Dura

Davanti agli occhi Ordine di evacuazione per 300mila palestinesi, ma fuggire è difficile: l'artiglieria colpisce Jabaliya, Nuseirat, Bureij. In Cisgiordania l'anziano attivista Ziad Abu Hlail picchiato a morte dai soldati israeliani

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 9 ottobre 2024

Lunedì Ziad Abu Hlail è stato accompagnato dalla folla verso il luogo di sepoltura avvolto nei due drappi che portava sempre con sé: la bandiera palestinese e la kefiah. A sorreggere il corpo, un gruppo di giovani del suo villaggio alle porte di Hebron, Dura, nel sud della Cisgiordania occupata.

Abu Hlail era figura nota tra i palestinesi e tra i tanti attivisti internazionali che in questi decenni hanno preso parte alla resistenza popolare palestinese. Mukhtar, attivista, era solito usare il suo corpo come scudo, interposizione disarmata ai soldati israeliani durante le incursioni militari a Dura, la kefiah ad avvolgergli la testa e la bandiera palestinese in mano.

È VESTITO allo stesso modo, con una lunga tunica marrone, anche nell’ultimo video, girato sabato scorso: di fronte ai soldati li invita ad andarsene, loro rispondono sparando in aria. Lunedì notte, ha raccontato il figlio Murad, l’esercito ha fatto irruzione in casa per arrestare un parente. Abu Hlail ha cercato di impedirlo, i soldati lo hanno colpito al petto due volte e lo hanno spinto a terra. Ha colpito una porta e ha perso conoscenza. È morto prima di arrivare in ospedale.


Sono almeno 730 i palestinesi uccisi in Cisgiordania negli ultimi dodici mesi, tra loro 165 bambini, l’ultimo lunedì a Qalandiya, il 13enne Hatem Ghaith. Un’offensiva parallela a quella di Gaza, dimensioni più «contenute» ma un obiettivo dichiarato dalla stessa coalizione di governo israeliana: prendersi più terra possibile. Con le violenze dei coloni o le incursioni militari che utilizzano anche raid aerei, bombe sganciate dagli F35 (è successo a Tulkarem la scorsa settimana) o gli attacchi ai luoghi che rendono i posti vivibili, come gli ospedali.

Ieri l’Organizzazione mondiale della Sanità ha detto di aver registrato 1.140 attacchi a cliniche e ospedali nei Territori occupati: 516 a Gaza, 624 in Cisgiordania. Nel primo caso sono bombardamenti, nei secondi assedi o incursioni.

Che il «modello Gaza» si stia allargando altrove fino in Libano, lo denuncia anche l’Unicef da Beirut. Il portavoce dell’agenzia per l’infanzia dell’Onu, James Elder, ha avvertito: «I punti in comune sono assolutamente evidenti, che si tratti di sfollamento, di impatto sui bambini o di linguaggio usato…per ammorbidire la realtà sul campo».

Di identico avviso il World Food Programme e l’Alto commissariato per i Diritti umani, presenti alla stessa conferenza stampa: «Stiamo vedendo lo stesso schema visto a Gaza. La devastazione è inconcepibile per tutti in Libano, come a Gaza. Non possiamo permettere che accada di nuovo».

A GAZA non accade di nuovo, accade ancora. Il bilancio delle vittime ieri sfiorava le 42mila dal 7 ottobre, a cui si aggiungono almeno 10mila dispersi. Gli ultimi giornihanno visto l’intensificarsi dell’offensiva israeliana nel nord, dopo l’ennesimo ordine di evacuazione a una popolazione sfinita. Nel campo di Jabaliya si spara e si combatte, decine di corpi – dice la stampa gazawi – sono abbandonati in strada, le ambulanze non riescono a raggiungerli. L’esercito israeliano parla di 20 combattenti palestinesi uccisi, fonti mediche di almeno sette civili tra le vittime.

«I campi di Nuseirat, Bureij e Jabaliya sono sotto il fuoco – riporta la giornalista Hind Khoudary – L’artiglieria israeliana ha colpito un forno a Jabaliya provocando un incendio. Ha anche colpito tre scuole dopo aver avvertito gli sfollati di andarsene. Dare solo pochi minuti per scappare sotto il fuoco è un’esperienza orribile…Le forze israeliane stanno cancellando tutto: campi agricoli, case, impianti idrici».

Ieri pomeriggio in un post il reporter Hossam Shabat raccontava l’ordine di evacuazione del nord, 300mila persone: «Dal campo sotto assedio di Jabaliya i cecchini sparano su chi prova a scappare. Molti sono a terra, sanguinanti».

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