Con il decreto agricoltura «poniamo fine all’installazione selvaggia di fotovoltaico a terra, interveniamo con pragmatismo salvaguardando alcune aree. Abbiamo scelto di limitare ai terreni produttivi il divieto di installare nuovi pannelli solari» ad esempio «sulle cave si potrà continuare a produrre energia» e «andremo a salvaguardare i fondi del Pnrr che non intendiamo mettere in discussione in alcun modo».

È IL MINISTRO dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, il cognato d’Italia Francesco Lollobrigida, a uscire vincitore dal braccio di ferro con il collega dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Il protrarsi del consiglio dei ministri, ieri, ha evidenziato che i tentativi di smorzare il conflitto andato avanti per tutta la giornata era, appunto, un tentativo. Pichetto Fratin, di Forza Italia, aveva parlato di una «valutazione che stiamo facendo, ma la sostanza è che sull’occupazione dei terreni agricoli c’è una riflessione da parte del governo per trovare un punto di convergenza». Nel ribadire la propria posizione, aveva poi rinnovato il proprio assist al nucleare, un po’ come dieci giorni fa a Torino, in occasione del G7: «Ci rendiamo conto che il fotovoltaico per svilupparsi ha bisogno di tante aree. Ed è per questo che io sostengo la necessità dei reattori nucleari. Dobbiamo trovare un punto di equilibrio nazionale». Da parte sua anche Lollobrigida aveva tentato di ricomporre almeno a parole lo scontro: «Non vietiamo nella maniera più assoluta gli investimenti nel fotovoltaico, ma puntiamo a introdurre criteri che assicurino la compatibilità con la produzione agricola. Criteri già seguiti per il capitolo dedicato all’agrivoltaico nel Pnrr e che non hanno certo frenato gli investimenti visto che abbiamo finanziato 13.500 imprese».

MENTRE CONTINUANO le schermaglie elettorali tra i partiti di maggioranza, vale la pena ricordare che a riaccendere la miccia sul tema era stata una decisione della Regione Sardegna, la cui nuova presidente Alessandra Todde (esponente del M5S, ormai tra i pochi «governatori» in carica legata all’area del centro-sinistra), la settimana scorsa, aveva dato seguito con un disegno di legge allo stop in Sardegna per un massimo di 18 mesi alla realizzazione di «nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che incidono direttamente sull’occupazione di suolo», uno dei temi della sua campagna elettorale. Todde ha detto di voler mettere un argine a quello che definisce un «assalto delle multinazionali» che in questi anni hanno inondato i Comuni sardi di richieste di autorizzazione. L’obiettivo della moratoria è «scongiurare l’irreversibilità degli impatti sul territorio regionale, in assenza di un aggiornamento e completamento della pianificazione paesaggistica, urbanistica ed energetica regionale». Il provvedimento di moratoria esclude gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili finalizzati all’autoconsumo, quelli rientranti nelle comunità energetiche, e l’utilizzo delle coperture degli edifici per gli impianti fotovoltaici. Lo scopo è individuare aree idonee, una scelta in linea con quella di altri Paesi europei da cui al momento il governo italiano pare lontano anni luce. E, paradossalmente, il provvedimento del governo non dovrebbe applicarsi alla Regione Sardegna, che è una di quelle a statuto speciale.

TRA I SOGGETTI che contrastano la decisione del governo c’è l’Alleanza per il fotovoltaico, che riunisce 25 operatori energetici impegnati in programmi di investimento in Italia ed è quindi interessata a poter continuare a sviluppare nuovi impianti. Protestano usando la forza dei numeri: «Secondo i dati più recenti, la superficie agricola nazionale è di circa 16,5 milioni di ettari ma soltanto 12,8 milioni di ettari sono destinati alla produzione alimentare (seminativi, coltivazioni legnose, pascolo e orti familiari) mentre i restanti 3,5 milioni di ettari di superficie agricola sono incolti o abbandonati. A fronte di questi numeri, va detto che soltanto 17.000 ettari di superficie agricola sono attualmente occupati da impianti fotovoltaici ed anche se volessimo installare a terra tutta la potenza fotovoltaica prevista in Italia dal Piano nazionale energia e clima per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 sarebbero necessari non più di ulteriori 80.000 ettari circa». Un dato assoluto che non tiene conto dei fattori orografici legati ai terreni in stato di abbandono, che negli ultimi decenni sono concentrati in particolare su Alpi e Appennini, in aree impervie e difficilmente sfruttabili anche con i pannelli.