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Il Davide schivo che sfida il colosso, anche nel Pd

Il Davide schivo che sfida il colosso, anche nel PdWalter Veltroni – Foto Ansa

La storia Da Sanluri a Tiscali alla Sardegna senza cemento. Pioniere della new economy, poi il salto in politica con Veltroni. E la caduta, insieme

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 6 maggio 2016

Nel 1999 padre Candido era il rettore del collegio degli Scolopi a Sanluri, piccolo paese nel Cagliaritano. Aveva allora settantaquattro anni. Molto tempo addietro, nei primi anni 70, quando ancora faceva l’insegnante, tra i suoi allievi al classico c’era Renato Soru, che a Sanluri è nato il 6 agosto 1957. Nel ’99 Soru non si occupava di politica. Stava sulle pagine dei giornali per altri motivi. La sua Tiscali, Internet company nata l’anno prima, sfidava con successo i colossi della new economy. Padre Candido, nato a Linate da un cameriere e da una casalinga, era arrivato in Sardegna nel 1956 “per volontà di Dio e per ordine dei superiori”. Buon cristiano ma anche spirito pratico, oltre che docente era sempre stato l’economo del collegio. Da lui Soru ha imparato come si compila una partita doppia. «Era un ragazzo – ricordava rispondendo alle domande del cronista – timido e riservato. Nei voti non era tra i primi, neppure tra gli ultimi. Alla maturità ha preso 48. Suo padre, Egidio, era un gran lavoratore. Ha gestito a Sanluri un’agenzia di pompe funebri, un’edicola e un alimentari. Lo aiutava Gigetta Spada, la moglie, donna di carattere. Hanno cresciuto cinque figli».

Quando nel 1977 l’ex allievo di don Candido tornò in Sardegna dopo gli studi alla Bocconi, decise di mettersi in affari nel settore dei supermarket. Ma non era facile avere a che fare con sindaci e assessori. Perciò vendette tutto e decise che i suoi soldi li avrebbe messi in un settore il più lontano possibile da sindaci e assessori. Scelse Internet, terreno vergine, dove per costruire qualcosa – in quegli anni almeno – bastavano idee e voglia di rischiare l’osso del collo. Acquistò da Nicola Grauso, allora editore del quotidiano L’Unione Sarda e pioniere del web in Italia, la licenza di “Video on line” per la Cecoslovacchia (quando ancora esisteva la Cecoslovacchia) e andò a fare il web provider nella Praga del dopo Cortina.

Tornato in Italia nel 1998, Soru fondò Tiscali. Il nano del web sfidava il colosso Telecom offrendo gratis il collegamento alla rete. Davide contro Golia. All’inizio l’unico a credere nel Davide-Renato e a consentirgli di fare il salto decisivo fu Elserino Piol, ex manager Olivetti all’epoca titolare del Fondo Kiwi, una banca d’investimenti che finanziava progetti imprenditoriali innovativi. Piol entrò in Tiscali versando quattro miliardi di lire, per una quota del dieci per cento della società.
Poi arrivò la politica. Quando nel 2004 Soru decise di candidarsi alla guida della Sardegna, lo fece inviando una lettera aperta ai due quotidiani regionali. L’isola era governata da una giunta di centrodestra presieduta dal pupillo sardo di Silvio Berlusconi, Mauro Pili. Il vento berlusconiano soffiava forte. Il centrosinistra, in difficoltà, aveva scelto un candidato diverso da Soru. Ripiego “obtorto collo” sul fondatore di Tiscali quando capì che l’ex allievo di don Candido sarebbe comunque andato avanti da solo, con una sua lista che si chiamava Progetto Sardegna. Lista alla quale i sondaggi davano l’8 per cento. Impossibile battere i berlusconiani senza quegli elettori. E allora, sì a Soru, ma a malincuore.

Da presidente Soru riuscì a far chiudere la base Usa alla Maddalena, fece una legge che bloccò la speculazione edilizia sulle coste, impose una tassa su chi in Sardegna d’estate arrivava con yacht che sembravano navi da crociera. Cadde nel 2008 quando tentò di estendere i vincoli urbanistici alle zone interne dell’isola. Gli si schierò contro una parte della sua maggioranza, lo stesso Pd, nato l’anno prima, nel 2007. Soru si dimise. Il segretario nazionale Veltroni lo ricandidò alle regionali del febbraio 2009 e quando Soru perse a vantaggio del candidato di Forza Italia, Ugo Cappellacci, l’ex direttore dell’Unità si dimise.
L’Unità: un altro filo che ha legato Veltroni e Soru. Fu il primo, nel 2008, a svolgere la regia dell’acquisto da parte del secondo del quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Il giornale cercò il rilancio. Ma le dimissioni di Veltroni resero tutto molto difficile. Nel 2011, quando la direttrice Concita De Gregorio passò la mano, al nuovo direttore Claudio Sardo fu affidata dai nuovi vertici del Pd – segretario è Pier Luigi Bersani – una diversa mission politico-editoriale. Alla fine, conti in rosso per 125 milioni di euro, il quotidiano fu costretto alla chiusura.

Dopo la sconfitta del 2009, Soru è entrato in pieno nel gioco del Pd. È diventato uno dei capicorrente locali. Nel febbraio del 2014 Francesco Pigliaru ha vinto le regionali alla guida di una coalizione di centrosinistra e a ottobre dello stesso anno Soru si è affermato nelle primarie regionali del Pd ed è diventato segretario. Era sostenuto da una maggioranza formata, oltre che dalla sua corrente, dai renziani, dagli ex Margherita guidati dal senatore Paolo Fadda e dagli uomini di Antonello Cabras, a suo tempo dirigente del Partito socialista e vero “dominus” del Pd in Sardegna. Tutto sembrava filare liscio. Sino a pochi mesi fa, quando tra Soru e gli altri si è aperta una frattura. Soru chiedeva più dinamismo a Pigliaru e un rimpasto, un cambio di assessori. Il resto della maggioranza (con i renziani, per la verità, un po’ defilati) rispondeva picche e chiedeva al segretario di dimettersi. Soru ha resistito, forte di un discreto ma fermo sostegno romano. Poi, ieri, la sentenza di condanna per evasione fiscale, con tutti i giochi sardi che si riaprono. E con il Pd renziano nella tempesta.

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