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Il «cospiratore»: 4 incriminazioni per il tentato colpo di stato

Il «cospiratore»: 4 incriminazioni per il tentato  colpo di statoIl procuratore speciale Jack Smith – Ap

America oggi Donald Trump davanti a un tribunale di Washington dopo le accuse del gran giurì convocato dal procuratore speciale Jack Smith

Pubblicato circa un anno faEdizione del 3 agosto 2023

Donald Trump è stato nuovamente incriminato – questa volta, la terza, da un gran giurì federale per l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 -, per i suoi tentativi di ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020, vinte da Joe Biden. Nello specifico contro il tycoon ci sono quattro capi d’accusa: associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni degli Stati uniti; cospirazione per ostacolare un procedimento ufficiale; ostruzione e tentativo di ostruzione di un procedimento ufficiale; cospirazione per privare il cittadini dei diritti garantiti dalla Costituzione degli Stati uniti. Reati per i quali Trump rischia fino a 35 anni di carcere.

Nelle 45 pagine dell’accusa si sostiene che l’ex presidente «era determinato a rimanere al potere» nonostante sapesse di aver perso le elezioni, e che «ha diffuso menzogne sul fatto che ci fossero stati brogli». Trump sarebbe stato coadiuvato da sei «cospiratori» che lo hanno aiutato negli «sforzi criminali» per rovesciare il risultato delle elezioni. I sei non sono stati indicati per nome, ma non c’è voluto molto per identificare cinque di loro, viste le descrizioni dettagliate fornite dal procuratore speciale Jack Smith. Si tratta del team legale di Trump composto da Rudy Giuliani, John Eastman e Sidney Powell, l’ex funzionario del dipartimento di Giustizia Jeffrey Clark, e l’avvocato Kenneth Chesebro. Alle 16 di ieri, le 22 in Italia e troppo tardi per noi, Trump si è presentato al tribunale federale di Washington, dove il processo che lo riguarda è stato assegnato alla giudice Tanya S. Chutkan, nominata da Obama, unica giudice federale di Washington ad avere condannato gli imputati per l’assalto del Campidoglio a pene più severe di quelle chieste dall’accusa.

ANCORA UNA VOLTA il partito repubblicano sta facendo quadrato attorno all’ex presidente, inclusa la maggior parte degli altri candidati per la nomination repubblicana per la corsa alla Casa bianca del 2024.
Diverso il caso di Mike Pence: a gennaio 2021, l’ex vicepresidente e ora candidato alla nomination Gop, ha subito le pressioni di Trump affinché impedisse al Congresso di certificare i risultati delle elezioni. Dopo che le incriminazioni sono state rese pubbliche Pence ha rilasciato la sua dichiarazione più dura: «Chiunque si metta al di sopra della Costituzione non dovrebbe mai essere presidente degli Stati uniti».

Non sorprende che l’ex presidente non sia felice. «Questo non è che l’ultimo corrotto capitolo del patetico tentativo della Biden Crime Family e del suo dipartimento di Giustizia di interferire con le elezioni presidenziali del 2024», si legge in una dichiarazione della sua campagna presidenziale. Trump ha poi paragonato le accuse contro di lui alla «Germania nazista».

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