«I consultori non si toccano», così ieri pomeriggio a Roma dal camion di Non Una Di Meno si è aperto il corteo che da Piazza Vittorio è arrivato in tarda serata fino a Piazza della Bocca della Verità.
Contro l’emendamento al DL 19/2024 che il 23 aprile scorso, passato al Senato, prevede il rafforzamento delle associazioni antiabortiste, con riferimento ai fondi del Pnrr, la mobilitazione lanciata dalla rete di Nudm è stata nazionale spargendosi in tutto il territorio, percorrendo le strade, a migliaia, dalla Basilicata al Friuli Venezia Giulia, dalla Calabria alla Lombardia e in alcuni casi presente con più punti e presidi in varie città per ogni regione.

«Scendiamo in piazza per tutelare la salute pubblica, che questo governo ha dimenticato e a cui non è interessato», proseguono le attiviste romane che tanto per cominciare ricordano come sia disatteso ciò che prevede la legge ovvero un consultorio ogni 20mila abitanti. «Mai più stigma sull’aborto» che è «un diritto sacrosanto» perché «nostri corpi, nostre le decisioni». Chiamato alla testa del corteo il gruppo accessibilità per chiarire quanto «la cura» sia questione politica collettiva per tutte e tutti, gli striscioni sono diversi e plurali ma le parole ritornano per chiarire che «il mio utero, le mie regole» oppure «fuori gli antiscelta dalle nostre mutande» e ancora «non saremo mai incubatrici della patria e dello stato».

MOLTISSIME le associazioni che hanno partecipato e le reti, a iniziare dal coordinamento delle assemblee dei consultori del Lazio per proseguire con i centri antiviolenza Di.Re. che hanno aderito «per ribadire il diritto delle donne ad autodeterminarsi senza interferenze esterne» e che nei giorni scorsi ha denunciato lo shitstorm sui propri profili social in seguito alla pubblicazione della lettera aperta sulla campagna www.1523.it e rivolta alla ministra Eugenia Roccella. Quest’ultima, proprio nelle ore in cui cominciavano i cortei, intervistata al Festival dell’Economia di Trento ha fatto sapere che la sua idea è quella di «investire almeno 30 milioni sui ’centri per la famiglia’ che oggi sono tra i 500 e i 600 ma distribuiti in modo disomogeneo tra le Regioni». Tre i compiti istituzionali che la ministra immagina: formazione sul «parental control», informazione a genitori e nonni sulle nuove droghe e sostegno alle madri «lasciate sole».

«Non si tratta di abolire i consultori quanto più di uno svuotamento», dice Daniela Volpe, del Cav Donna L.i.s.a. di Roma. «L’attacco – prosegue – è a più ampio spettro, ed è a un percorso che in tutti questi anni è stato fatto dal movimento femminista sul piano dei diritti all’interruzione di gravidanza o sul piano della violenza domestica».
Il clima di odio è palpabile e arriva da segnali inequivocabili, come accaduto ieri mattina alle attiviste di Lucha y Siesta che hanno trovato il cancello del centro aperto e la serratura cosparsa di escrementi, insieme al manifesto del corteo di Nudm strappato. «In 16 anni una cosa del genere non ci era mai capitata», scrivono in una nota.

«SIAMO OGGI QUI per manifestare contro quella che è una vera violenza – sostiene Lou Ms.Femme di Libere Soggettività – ovvero la limitazione e il continuo attacco ai consultori, da parte di questo e dei precedenti governi della libera volontà di interrompere la gravidanza, e di rispettare e seguire i propri diritti riproduttivi, delle donne e delle persone trans nate femmine». «La situazione è peggiorata, non solo non siamo andate avanti ma siamo ritornate indietro, combatto da cinquant’anni», dice Maria Brighi di Nudm.

IL CONFLITTO È APERTO, l’importante è che non diventi una contesa o peggio un agguato che non consente repliche, come è capitato a chi scrive; non era mai successo che, seguendo l’inizio di un corteo femminista, sia stata avvicinata da un uomo che passava lì e che, forse contrariato da quanto stava vedendo, abbia pensato di aggredirla verbalmente con pesanti improperi di ogni genere intimando infine: «Fatevi sotto».