Dall’inizio delle proteste in Iran, il 16 settembre, è molto difficile connettersi a internet a causa del blocco imposto dalle autorità in tutto il Paese nel tentativo di sedare i «disordini». Il governo iraniano ha perfezionato un modello sofisticato di autoritarismo digitale, che ha fornito al regime un vasto insieme di strumenti per mettere a tacere il dissenso online e offline. Per anni, il governo ha costruito muri digitali per isolare gli iraniani da internet globale sviluppando, sulle orme del “Great Firewall” cinese, la propria rete internet nazionale che consente alle autorità di censurare più facilmente i contenuti online.

QUASI TUTTE le principali piattaforme social sono bloccate in Iran. Instagram e WhatsApp erano le uniche due app rimaste disponibili, ma sono state bloccate durante le proteste in corso.
Secondo il sito web Top10Vpn la domanda di Virtual Private Network che consentono di aggirare la censura è aumentata oltre il 3.000% dall’inizio delle proteste. Per rendere la connessione a internet più difficile per gli iraniani, le autorità hanno bloccato le app Google Play e Apple Store, che offrivano l’installazione di Vpn gratuite in un modo semplice e veloce. Ci sono ancora Vpn a pagamento, ma gli iraniani hanno difficoltà a pagarli a causa delle sanzioni.

CENTINAIA DI MIGLIAIA di piccole attività commerciali, in particolare quelle gestite da casa dalle donne, o piccole fattorie nelle aree rurali, che si affidavano a internet e ai social media per la pubblicità e la vendita dei propri prodotti hanno subito danni economici irreparabili.

In un rapporto congiunto, le organizzazioni tedesche di giornalismo investigativo e libertà digitale Correctiv, Taz e Netzpolitik hanno denunciato l’azienda tedesca Softqloud perché contribuisce a isolare internet in Iran. Softqloud è infatti sospettata di essere una società di copertura della compagnia internet iraniana Arvan Cloud, che ha stretti legami con il governo della Repubblica islamica. La ministra degli Esteri federale Annalena Baerbock ha dichiarato che il caso è ora al vaglio delle autorità di sicurezza tedesche.

Intanto a fine di settembre Elon Musk, cofondatore e amministratore delegato di SpaceX, ha affermato che la sua rete internet satellitare Starlink può alleviare la repressione digitale dell’Iran. La connessione offerta da Starlink è già stata fondamentale per l’esercito ucraino per organizzarsi contro quello russo. Tuttavia i potenziali utenti di Starlink hanno bisogno di terminali fisici – assenti in Iran – per utilizzare effettivamente il servizio. Ma sembra che i primi terminali Starlink siano stati contrabbandati nel Paese. Pagati da chi, anche perché sono strumenti abbastanza costosi, e destinati a chi, non è ancora noto. Il ministro iraniano delle Comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione, Issa Zarepour ha detto ai media locali di «non prendere Starlink sul serio. Devono obbedire alle leggi del paese se vogliono fornire il loro servizio all’Iran». Se i piani di Starlink dovessero effettivamente andare avanti, l’autorità iraniana potrebbe rivolgersi all’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu), l’organismo di regolamentazione delle comunicazioni internazionali delle Nazioni unite, o ad altre autorità per protestare legalmente contro SpaceX.

TUTTAVIA, «Starlink o servizi simili saranno a breve una realtà in questo Paese», afferma uno studioso di telecomunicazione a Teheran. «È inevitabile. Basta pensare quello che è successo con la tv satellitare: hanno distrutto le parabole a migliaia di persone, con il risultato che oggi perfino sulla terrazza del più ortodosso degli ortodossi si può vedere una parabola installata. La miopia delle autorità accelera questi processi. Decine di canali televisivi, milioni di dollari spesi per gestirli, ma tutto controllato dallo stato, nessun canale indipendente e un’abbondanza di contenuti propagandistici, promesse vuote e bugie. Così hanno spinto la popolazione verso i canali satellitari di lingua persiana trasmessi dall’estero e finanziati da chissà chi e con quale obbiettivo».

Allo stesso modo, la censura e le limitazioni imposte a internet «accelerano l’era di Starlink. Non importa se necessita di supporti fisici per ora assenti: tantissime cose vengono contrabbandate in questo Paese, gli strumenti di Starlink faranno la stessa fine. Ecco la mia previsione: in un primo momento, molto probabilmente, i supporti verranno pagati da varie lobby iraniane all’estero, e destinati ai loro referenti. In seguito si costituirà un mercato nero per chi si può permettere di pagare tali strumenti. Anche coloro che apparentemente sostengono i governativi, che ora sono diventati “sordomuti” ma comprendono il valore della libera informazione. Infine arriverà una versione cinese degli strumenti necessari, più o meno alla portata di tutti. Un traffico milionario dentro cui si infileranno, sicuramente, gli sciacalli protetti dallo stesso regime che oggi censura internet libero. Finora per tutte le cose proibite provenienti dall’estero si è seguito lo stesso scenario. Ecco perché questo paese deve cambiare».