Con il restauro di Viva la muerte di Arrabal nel programma di Cannes Classics si apre tutto un complesso mondo cinematografico, quello della Tunisia dove il film fu girato. Il restauro è nato grazie a un progetto di cooperazione tra il ministero tunisino degli affari culturali e la Cinémathèque di Toulouse in collaborazione con Fernando Arrabal e «Cine-Sud Patrimoine» associazione che lavora per la conservazione del patrimonio audiovisivo tunisino, panarabo e panafricano e che organizza a Sousse «Cinéma au Musée» e ha già collaborato al restauro di Les baliseurs du désert di Nacer Khemir, oltre a film di animazione e cortometraggi.

L’organizzatore dell’associazione è Mohamed Challouf, cineasta, costruttore del fondamentale ponte culturale tra cinema africano ed Europa, fondatore nel 1983 del festival di Perugia e nel 2005 degli «Incontri cinematografici di Hergla».
È lui a raccontarci l’importanza del restauro e della vicenda sensazionale del film di Arrabal sbarcato proprio in Tunisia, nel villaggio di Hergla per il suo film sulla guerra di Spagna, utilizzando maestranze e attori del luogo.

Ma Arrabal non era stato il primo a utilizzare quelle splendide e intoccate location, le aveva già scelte nel 1968 Roberto Rossellini per ricostruire durante tre mesi di riprese la Palestina ai tempi di Gesù negli Atti degli Apostoli su indicazione del figlio Renzo produttore del film, che conosceva bene la Tunisia per aver collaborato con l’FLN durante la guerra d’Algeria realizzando i cinegiornali per l’Office des Actualites Algeriennes e che per portare la pellicola a sviluppare a Roma e riportarla indietro doveva entrare in Tunisia attraversando il deserto.
I primi a filmare Hergla erano stati i cineasti che nel ’66 avevano realizzato Hergla, uno tra i villaggi dimenticati, un cortometraggio istituzionale in bianco e nero sulla cooperazione tunisina-svedese, quindi nel ’77 Lotfy Layoun girerà Un ragazzo nella folla.

Un libro a cura di Mohamed Challouf racconta questa e altre storie, titolo Rossellini, Hergla e il cinema con le testimonianze dei partecipanti ai film e illustrato dalle foto di Carlo Fioretti che cominciò a scattare le foto sul villaggio e i suoi abitanti sul set di Rossellini, immagini che ci riportano agli anni sessanta, ora che tutto è cambiato con il turismo di massa.

Nel libro Challouf racconta l’avventurosa storia di un gruppo di amici e compagni di scuola neanche ventenni alla scoperta del cinema, ingaggiati come comparse nel Messia (1975), anche se, racconta, scelto come antico romano per la sua alta statura e posizionato su un’altura, non fu mai inquadrato: «Fu la mia prima esperienza nel cinema, tanto da non aver mai fatto caso né alla presenza di Abdellatif Ben Ammar dietro la cinepresa, come primo assistente di Rossellini né a Raouf Ben Amor nella parte di Giuda». Abdellatif Ben Ammar fresco di studi all’Idhec avrebbe poco dopo esordito nella regia con Une si simple histoire, e sarebbe diventato famoso cineasta, Ben Amor diventerà un celebre attore teatrale e cinematografico e personalità eminente della cultura tunisina.

Subito dopo questa esperienza sul set Challouf racconta di essere entrato nel mondo esclusivo dei cineamatori e della Federazione tunisina dei Cineclub. Diventerà poi lui stesso cineasta (Italiani dell’altra riva, Ouaga, capitale du cinéma), produttore e organizzatore culturale instancabile.

Due anni dopo Rossellini, arriva a Hergla Arrabal per le riprese di Viva la muerte: la squadra artistica e tecnica comprende molti artisti tunisini, dal direttore di produzione allo scenografo capo, all’addetto all’inquadratura al primo assistente Farid Boughedir che pochi anni dopo sarà a Cannes con i documentari Caméra d’Afrique e Caméra arabe, ed esordirà con il celebre Halfaouine, L’Enfant des terrasses. Nei ruoli principali ci sono due ragazzi tunisini, Mehdi Chauch nel ruolo di Fado e Jazia Klibi in quello di Thérèse, più Mohammed Bellassued nel ruolo dell’ufficiale. Non si girerà solo a Hergla, ma anche al mattatoio di Bizerta e al cimitero di Menzel Bourgiba. Abdellatif ben Ammar gira un documentario sulle riprese Sulle tracce di Baal, quindi Viva la muerte sarà selezionato alla Semaine de la critique a Cannes (e il making off di ben Ammar andrà alla Quinzaine).

Claude Chabrol sceglie quelle location per girare solo poco più di 13 minuti del suo Docteur Popaul con Jean Paul Belmondo. Nel 1979 Pasquale Festa Campanile con Enrico Montesano, Edwige Fenech e Bernadette Lafont arriva a Hergla e a Takrouna, ancora una volta scelti a sfondo del Vangelo con Il ladrone prodotto dalla Cartago Film di Tarak Ben Ammar. La scelta di quei luoghi di numerosissime produzioni negli anni successivi ha permesso alla popolazione locale di entrare a contatto con culture diverse ma soprattutto di lavorare come comparse, tecnici e operai.

In occasione della tredicesima edizione dei «Rencontre Cinématographiques de Hergla» nel 2018, «alla scoperta della memoria» si è festeggiato il Cinquantesimo anniversario del passaggio di Rossellini alla presenza di personalità presenti durante le riprese (in quell’occasione tornò anche Arrabal «emozionato di ritrovare i suoi collaboratori del suo esordio di 48 anni prima», con proiezioni di film e una mostra fotografica.

Ora che anche il tempo e il turismo hanno trasformato il paesaggio, resta la memoria di quei volti e quei luoghi nelle foto scattate nel 1968 da Carlo Fioretti, che sono state esposte nella mostra ed ora sono pubblicate nel libro, testimonianza delle persone vissute in quegli anni.

Carlo Fioretti assistente del direttore della fotografia, il padre Mario, era responsabile di tutto il materiale girato e non poteva allontanarsi dalla sua postazione, racconta nel libro, così scatta le sue foto da lontano, accanto alla macchina da presa, per poi decidere di usare il utilizzare il teleobiettivo: «Iniziai a guardarmi intorno e i miei occhi vedevano uno spettacolo unico ad Hergla, il piccolo paese che nel film rappresentava Gerusalemme, senza pali della luce, senza antenne televisive sui tetti e senza niente di moderno che poteva disturbare le inquadrature! Giorno dopo giorno immagazzinavo immagini nei miei ricordi».