Il caso del palestinese Mansour Dohmosh: liberato dal carcere, rinchiuso in un Cpr
Intanto in Italia Il tribunale del riesame dell'Aquila scarcera il richiedente asilo indagato per terrorismo internazionale, ma il questore ordina il trattenimento perché «pericoloso per l'ordine». Domani l'udienza di convalida
Intanto in Italia Il tribunale del riesame dell'Aquila scarcera il richiedente asilo indagato per terrorismo internazionale, ma il questore ordina il trattenimento perché «pericoloso per l'ordine». Domani l'udienza di convalida
Dalla cella di un carcere a quella di un Cpr: non è mai stata riconquistata la libertà per Mansour Doghmosh, palestinese indagato dal tribunale dell’Aquila insieme ad Ali Irar e Anan Yaeesh per associazione con finalità di terrorismo internazionale. Lunedì era stato ordinato l’immediato rilascio per Doghmosh (detenuto da marzo a Rossano Calabro) e Irar (detenuto a Ferrara), ma il primo è stato caricato su una camionetta e condotto nel centro di Ponte Galeria.
Il motivo: una decisione del questore di Cosenza che lo ritiene soggetto socialmente pericoloso, seppure un tribunale ne abbia appena disposto la scarcerazione. Domani è prevista l’udienza per l’eventuale convalida.
Facciamo un passo indietro: lo scorso marzo, nonostante il rigetto da parte della Corte d’Appello dell’Aquila della richiesta di Israele di estradare Anan Yaeesh per il fondato timore di torture e abusi, il cittadino palestinese originario di Tulkarem restava nel carcere di Terni, dove era stato condotto un mese prima, a causa di un’indagine della Dda per presunti atti di terrorismo in Cisgiordania pianificati dall’Italia. Nello specifico un attacco a una colonia israeliana. Con Yaeesh erano stati arrestati anche Irar e Doghmosh.
Lunedì scorso il tribunale del riesame del capoluogo abruzzese ha disposto la scarcerazione dei due perché non sussiste, secondo la corte, la gravità giudiziaria tale per tenerli dentro. Va stabilito, spiega il loro legale Flavio Rossi Albertini, se la presunta azione rientri negli atti legittimi di resistenza a un’occupazione o se si siano superati i limiti previsti dal diritto internazionale.
Una decisione, quella di lunedì, frutto della sentenza della Cassazione che a luglio aveva annullato il mandato di cattura per i due giovani. A piede libero, mentre l’indagine prosegue. Ma non per Mansour, richiedente asilo finito in un Cpr: il trattenimento, secondo gli atti consegnati ieri ai suoi legali, si fonda sull’articolo 6 del decreto legislativo 142/2015 secondo cui il richiedente asilo può essere condotto in un Cpr non a fini di espulsione (dove? In Cisgiordania?) ma perché considerato un «pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica», valutazione in capo al questore e che ora richiede la convalida del tribunale. Doghmosh può essere trattenuto per 30 giorni, rinnovabili di 60 fino a un massimo di 12 mesi.
«È probabile che le ragioni poste a fondamento del trattenimento sia l’indagine tuttora in corso per terrorismo – ci spiega Rossi Albertini – In ogni caso non lo possono espellere, è escluso». A prevalere è il diritto internazionale e il divieto assoluto di espulsione verso territori in cui il soggetto può essere sottoposto a torture e atti disumani e degradanti, possibilità più che concreta per un palestinese nella Cisgiordania occupata dalle forze israeliane. Tanto concreta per la magistratura italiana da rigettare, appena pochi mesi fa, l’estradizione di Yaeesh. Che invece rimane in una cella del carcere di Terni.
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