Quasi un terzo della porzione brasiliana della pampa, nell’estremità meridionale del Brasile, è andato perduto dal 1985, in gran parte per l’espansione della coltivazione della soia e delle piantagioni di pini ed eucalipti. Lo rileva l’iniziativa di mappatura «MapBiomas». Questo bioma è spesso trascurato rispetto ai paesaggi amazzonici (foreste pluviali, zone umide e savane) e a quelli del Pantanal e del Cerrado.

Eppure, secondo Tales Tiecher, agronomo dell’università federale di Rio Grande do Sul, la pampa brasiliana ha la più grande biodiversità di specie vegetali di tutti i biomi del paese. Ma il disboscamento della vegetazione autoctona fa sì che questo bioma sia tra i più degradati del paese.

Una grande minaccia per la fauna e la flora autoctone. Circa un quarto degli uccelli rurali è soggetto a un certo grado di minaccia di estinzione in almeno una parte del bioma e 30 specie di mammiferi rischiano di scomparire. Anche diverse specie di rettili, anfibi e piante sono a rischio.

L’espansione dell’agricoltura e delle piantagioni forestali – e la conseguente distruzione di vaste aree di prati e campi nativi – contribuisce ad aggravare un vecchio problema della pampa brasiliana. Si tratta delle cosiddette areeis, o regioni di arenizzazione, disseminate nel sud e nel sud-ovest.

Macchie di terra nuda, risalenti a 200 milioni di anni fa, quando la maggior parte del Brasile centro-meridionale era un immenso deserto. Adesso questa parte del paese riceve precipitazioni medie annue di 1.400 millimetri, ma le attività agricole in aree naturalmente fragili, unite a un sottosuolo altamente suscettibile, possono favorire l’arenizzazione. I suoli sono poco consolidati. Attività come il pascolo o il peso stesso delle macchine agricole possono compattare il terreno. Soluzioni? Spesso si cerca di rinverdire l’area piantando eucalipti. Ma così tutta la biodiversità della pampa viene sostituita da eucalipti e foglie a terra.