Il boomerang di Istanbul, Imamoglu (ri)eletto sindaco
Turchia Confermato il candidato del Chp con 800mila voti in più. Erdogan si è fatto male da solo. Resa dei conti nel partito di governo dopo la peggiore sconfitta subita dal presidente
Turchia Confermato il candidato del Chp con 800mila voti in più. Erdogan si è fatto male da solo. Resa dei conti nel partito di governo dopo la peggiore sconfitta subita dal presidente
Ieri mattina i quotidiani filogovernativi turchi si sono arrampicati sugli specchi: «Istanbul ha fatto la sua scelta», «Istanbul ha votato», i titoli di Milliyet, Yeni Safak, Star e Turkgun. Più realisti del re, visto che il presidente Erdogan già domenica sera – riconosciuto la sconfitta – si era complimentato con il candidato sindaco degli avversari kemalisti del Chp, Ekrem Imamoglu. Nove punti di vantaggio, 800mila voti, è la distanza tra Imamoglu e il candidato del partito di governo Akp, l’ex premier Yildirim.
La sconfitta è significativa per un sistema di potere che ha controllato Istanbul per 25 anni di fila. L’annullamento del voto di fatto imposto dall’Akp al Consiglio supremo elettorale si è trasformato – come molti pronosticavano – in un boomerang: il 31 marzo scorso la distanza era stata di appena un decimo di punto, poco meno di 14mila voti.
Lo aveva subodorato lo stesso Erdogan che non a caso nelle ultime settimane ha evitato di fare campagna elettorale attiva al fianco di Yildirim.
È finita 54% a 45% con i sostenitori del Chp che domenica notte hanno invaso festanti le strade della città sul Bosforo, tra caroselli di auto, balli improvvisati in mezzo alla strada, bandiere turche e il discorso alla piazza del ri-neo sindaco. Che stavolta è certo di non venir spodestato come accaduto lo scorso maggio, quando dopo appena 18 giorni di mandato fu costretto a riconsegnare le chiavi della città: «Non un singolo candidato né un partito, ma tutta la Turchia ha vinto le elezioni», ha detto Imamoglu alla folla.
Parole che contengono una verità: a vincere è stata un’unione di intenti e di forze politiche, con le principali forze di opposizione che dopo l’annullamento avevano deciso di non presentare candidati e invitato i propri sostenitori ad appoggiare il Chp.
Una scelta che in alcuni casi, vedi la sinistra filo-curda dell’Hdp, non è stata presa a cuor leggero visto quanto le politiche nazionaliste e kemaliste del secolo scorso hanno devastato le condizioni politiche, economiche e culturali della minoranza.
Ma stavolta il nemico era più grande ed è stato vinto. Nell’Akp è già cominciata la resa dei conti con più di un parlamentare che chiede di individuare le responsabilità della débacle e punire. Ma le responsabilità non si limitano alla leadership locale, se è vero che molti elettori dell’Akp hanno voltato le spalle al sultano, chi per ragioni economiche (la crisi che morde da oltre un anno il paese, l’inflazione rampante e la lira che va giù gli hanno alienato il voto di una buona fetta di classe media) e chi per motivi politici: i suoi elettori più moderati non hanno apprezzato il colpo di mano dell’annullamento del voto del 31 marzo né l’alleanza parlamentare con la destra dell’Mhp.
A venirgli incontro, alla fine, è lo stesso Imamoglu che si è detto pronto a lavorare con la presidenza «in modo sincronizzato» su trasporti, prevenzione degli effetti dei terremoti, rifugiati. Resta il dubbio se a far vincere il semi sconosciuto figlio di un imprenditore edile sia stata la voglia degli elettori di punire Erdogan o il programma del Chp: redistribuzione della ricchezza, inclusione delle minoranze, trasparenza finanziaria, migliori trasporti, sgravi per studenti e famiglie. Di certo l’idea che possa esistere un altro modo di gestire il comune ha fatto presa.
Ma proprio su questo punto il presidente potrebbe cercare la rivincita: in Turchia i fondi agli enti locali sono decisi dal governo centrale; spetterà dunque a Erdogan (che dopo il referendum costituzionale di due anni fa si è attribuito super-poteri) dare l’ultima parola sui progetti che Imamoglu sogna per Istanbul.
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