«Unesco Cultural Heritage in the 21st Century»: la conferenza si è aperta lunedì a Palazzo Reale e oggi, a conclusione dei lavori, produrrà la carta «Lo spirito di Napoli» in cui i delegati dei 194 stati che partecipano all’organizzazione dell’Onu troveranno una sintesi sul rapporto tra beni materiali e immateriali; i cambiamenti climatici e il loro impatto su conservazione e tutela dei monumenti; la lotta al traffico illecito di beni culturali. Tra i temi affrontati anche la sostenibilità del turismo. Spiega il sindaco di Napoli Manfredi: «La dichiarazione finale si completerà con una direttiva che andrà a tutti i governi. Napoli ha chiesto che ci siano degli strumenti che consentano di regolare sia le attività commerciali che residenziali per preservare i centri storici ed evitare che le comunità vengano espulse». Il ministro della Cultura Sangiuliano, partenopeo, ieri ha fatto da padrone di casa: «La nostra nazione è una superpotenza culturale».

Italia nostra, dal lato opposto della piazza, ha tenuto una conferenza stampa per mettere in fila gli aspetti che nelle dichiarazioni ufficiali non ci sono: «Proprio perché deteniamo il primato mondiale di siti Unesco, dovremmo farci promotori di una revisione della Convenzione sul Patrimonio mondiale che renda più efficace la salvaguardia dei siti minacciati dalle guerre, dai cambiamenti climatici, dal turismo di massa, dalla pressione antropica, dagli interessi fondiari e dalla cronica mancanza di fondi per il restauro». Manfredi chiede l’intervento Unesco per salvaguardare le città dall’overtourism: «Il Piano territoriale Paesaggistico del Lazio tutela tutti i centri storici regionali tranne Roma – spiega Luigi De Falco, vicepresidente nazionale di Italia nostra -, alle proteste è stato replicato che non serve perché ha la tutela Unesco ma il riconoscimento non ha valore prescrittivo/normativo, è un parere non vincolante. Così è stato possibile abbattere le villette liberty della Capitale». E l’archeologa Maria Pia Guermandi: «Il bollino Unesco è come il bacio della morte, le popolazioni locali vengono espulse perché il luogo che entra nella lista Patrimonio dell’umanità viene musealizzato perdendo abitanti e funzioni».

La tutela spetta agli stati membri. L’Unesco può esercitare una moral suasion attraverso la Lista dei siti in pericolo. Come funziona nei fatti lo ha raccontato Lidia Fersuoch, esperta di topografia medievale Laguna di Venezia: «C’è il World Heritage Center a Parigi con i tecnici che formulano le indicazioni e c’è il World Heritage Committee, formato dai rappresentati di 21 tra gli stati Unesco, soprattutto ambasciatori. Gli esperti per due volte hanno detto che la Laguna è in pericolo ma il Comitato ha blocca l’inserimento. Hanno mandato una terza commissione di esperti: i comitati di cittadini sono stati ascoltati per 5 minuti».

Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto costituzionale alla Federico II: «Stiamo lavorando a un’iniziativa popolare che porti a un Regolamento consiliare da sottoporre al Consiglio comunale: i Regolamenti consiliari trovano il loro fondamento giuridico in Costituzione, hanno una portata generale. L’idea è di incidere sulla proprietà privata: l’articolo 42 della Costituzione ci dice che è possibile limitare il diritto di proprietà che non è un diritto assoluto ma deve svolgere una funzione sociale. E, in base all’articolo 41, l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Questa proliferazione di attività commerciali incontrollate fa parte di un capitalismo selvaggio che non trova sede in Costituzione. Chiediamo anche che si metta mano al Piano di gestione del centro storico Unesco ma facendo vivere l’organo in modo democratico e partecipato, quindi con la presenza effettiva delle associazioni e dei comitati».

La Rete Set oggi dalle 16 a piazza Municipio terrà una manifestazione: «Nel centro storico di Napoli il processo di espulsione legato alla bolla speculativa sugli affitti turistici è molto violento, gli sfratti nel 2022 sono stati 12mila – spiegano Ugo Rossi e Alfonso De Vito -. Solo sulla piattaforma di Airbnb siamo a 10mila offerte, il 70% sono appartamenti interi». Gli interventi del comune finora sono stati in linea con quelli del governo (che ha recepito la direttiva europea) e cioè puntano sull’emersione delle attività di b&b e affitti brevi. Firenze ha messo in campo gli strumenti urbanistici per bloccare le aperture nelle zone del centro, a Napoli per ora si attendono gli esiti dei ricorsi in Toscana ma, intanto, il fenomeno cresce continuando a espellere popolazione e studenti universitari. Marina Minniti dell’associazione Mi riconosci: «Il patrimonio culturale sta diventando uno strumento economico piegato al consumo turistico da cui i cittadini vengono tagliati fuori. Un processo che a Napoli sta procedendo a tappe forzate. Lo stesso comune punta sulla gestione ai privati tramite sbigliettamento».