I vescovi “scomunicano” l’Emilia Romagna a guida dem. Il fatto che la Regione abbia deciso di colmare il vuoto legislativo sul fine vita, e di adeguarsi al diritto costituzionale riconosciuto dalla Consulta ormai quasi cinque anni fa, attraverso lo strumento di una delibera che stabilisce iter e tempi certi per il cittadino che vuole accedere al suicidio medicalmente assistito, «sconcerta» i vescovi emiliani e romagnoli che esprimono il loro «netto rifiuto» alla norma. Posizione di per sé lecita, ma che la Cei ha deciso di far pesare in occasione dell’incontro in Vaticano con il Papa per la visita ad limina.

La proposta «di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo – scrivono i prelati in un documento – di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla. Esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione – aggiungono i vescovi – il nostro netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto». La ricetta della Chiesa è sempre la stessa: a chi chiede di decidere della propria morte si prescrive invece la «premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono».

Il documento è lungo e ridondante, ma il concetto è chiaro. E infatti il governatore Stefano Bonaccini non fatica a rispondere: «Le sentenze della Corte Costituzionale si applicano, come prescrive la Costituzione italiana. Possono certamente essere discusse e non condivise, ma non disattese, in ossequio al principio di legalità. Abbiamo grandissimo rispetto per le opinioni della Cei ma noi siamo convinti di fare una scelta giusta. In ogni caso – chiosa il presidente del Pd – siamo disponibili al confronto ogni volta che serve».

Infatti il Consiglio regionale dell’E-R si appresta a discutere la legge di iniziativa popolare promossa dall’associazione Coscioni, la stessa che è stata respinta in Veneto. Ma nel frattempo la giunta ha deciso di adeguarsi alle disposizioni della Consulta con una delibera che fissa le linee guida per le Asl: entro 42 giorni la richiesta deve essere valutata e va data una risposta al paziente. E sarà il Corec (Comitato regionale per l’etica nella clinica, di cui la regione è dotata e che è composto di medici, giuristi e bioeticisti in carica per tre anni) a dare parere sui singoli casi e verificare se sussistono le condizioni richieste dalla stessa Consulta. È, sottolinea Bonaccini, una norma in ossequio «al principio di legalità».