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I tormenti del giovane Nicholas, cronaca di uno smarrimento

I tormenti del giovane Nicholas, cronaca di uno smarrimentoHugh Jackman, Laura Dern e Zen McGrath in «The Son» di F. Zeller

Venezia 79 In concorso «The Son» di Florian Zeller: il complicato rapporto tra padre e figlio afflitto da una malattia psichica

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 8 settembre 2022

Florian Zeller è francese, drammaturgo prevalentemente teatrale. Giovane genio acclamato per i suoi testi. Un paio d’anni fa ha trasposto una sua pièce The Father – Nulla è come sembra al cinema. Subito è stato Oscar per la sceneggiatura, non originale, ma pur sempre sua con Christopher Hampton, e per Anthony Hopkins protagonista. Ora riprova con The Son, secondo capitolo di una trilogia della malattia famigliare. Peter (Hugh Jackman) è un avvocato prestigioso, divorziato da Kate (Laura Dern) e dopo un paio d’anni risposato con Beth (Vanessa Kirby) dalla quale ha avuto Theo. L’idillio si interrompe quando la prima moglie disperata bussa alla loro porta, Nicholas (Zen McGrath) il loro figlio adolescente da un mese non va a scuola, vorrebbe vivere con papà, si è sentito tradito e abbandonato. Ma non basta, Nicholas è sempre più smarrito e autolesionista. Che fare? Non basta l’affetto, la comprensione, l’amore, ci vuole altro per capire e eventualmente guarire l’indicibile disagio di un giovane che si sente fuori posto nel mondo.

Le sequenze dei bei tempi andati in cui babbo insegnava a Nicholas bimbo a nuotare sono ricorrenti e un tantino stucchevoli nel voler essere metaforiche.

QUESTA VOLTA però Zeller non fa il botto. Mentre il padre con l’Alzheimer permetteva situazioni creative dal forte impatto suggestivo, qui la malattia del ragazzino è enunciata, certo il divorzio lo ha lacerato, il mondo non lo aiuta, la scuola ancor meno, gli amici non ci sono, ma in realtà siamo di nuovo a raccontare un padre, che a sua volta ne ha uno ingombrante (Anthony Hopkins) e involontariamente ne ricalca le odiate orme. Si coglie il disagio, lo smarrimento, di tutte le figure del dramma ma non siamo in grado di andare oltre. Le sequenze dei bei tempi andati in cui babbo insegnava a Nicholas bimbo a nuotare sono ricorrenti e un tantino stucchevoli nel voler essere metaforiche. Soprattutto sono gli adulti a rievocare quei momenti non il ragazzino che ha solo un rancore sordido per la scelta egoistica di papà che per una donna più giovane ha mollato lui e mammà. Emerge così una forte intenzione di commuovere giocando sulla fragilità umana. Essere adolescenti quasi per definizione significa sentirsi insicuri, scostanti, anche perché bombardati di ormoni che devono fare il loro lavoro. Il povero Nicholas avrebbe meritato di più, non dai genitori, ma dall’autore.

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