La nuova austerità decisa dal governo Meloni si abbatterà sui comuni che dovranno iniziare a tagliare i servizi sociali e dovranno affrontare da soli le conseguenze dell’espulsione degli «occupabili» dall’assegno di inclusione, la nuova misura che ha sostituito il «reddito di cittadinanza». Sono queste le conseguenze denunciate ieri a Genova, nel corso dell’assemblea annuale dei Comuni italiani (Anci), dal presidente e sindaco di Bari Antonio De Caro e dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, nello stesso giorno in cui è intervenuto il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti.

Quest’ultimo ha esposto la disciplina alla quale i sindaci dovranno attenersi: subire le decisioni prese dall’esecutivo in nome di una necessità superiore – la tenuta dei conti – che sarà pagata principalmente dai cittadini. La legge di bilancio, ha ricordato Giorgetti, contiene una spending review del 5% delle spese per i ministeri e uno «sforzo analogo chiesto anche alle amministrazioni territoriali sebbene in maniera ridotta rispetto a quanto sarebbe risultato con un taglio lineare». Si tratta di un taglio, ad oggi quantificato in 600 milioni di euro, così suddivisi: 350 a carico delle Regioni, 200 milioni dei Comuni e 50 milioni di taglio annuo per le Province.

«Ho ben presente le difficoltà e i bisogni concreti e le esigenze che siete chiamati a fronteggiare quotidianamente – ha detto Giorgetti – le risorse necessarie per queste attività non sono mai abbastanza, lo comprendo, ma non si può ignorare il momento particolarmente delicato che stiamo attraversando. In questa fase è necessario assicurare la massima efficienza nella gestione delle risorse».

È un balzo all’indietro di almeno dieci anni: si invoca la responsabilità dei sindaci che dovranno gestire in maniera «efficiente» le conseguenze della riduzione della spesa decisa in una legge di bilancio pre-elettorale (in primavera si vota per le Europee), nell’ultima finestra utile per fare deficit e finanziare misure effimere e insufficienti come il taglio del cuneo fiscale. Il prossimo anno, con il probabile ritorno del nuovo patto di stabilità in Europa, torneranno tutte le altre tecniche viste nella prima stagione dell’austerità.
Le reazioni dei sindaci al nuovo spirito del tempo, riassunto dal discorso di Giorgetti sulla «pazienza e sulla responsabilità», sono state nette. «Non vogliamo ingaggiare una battaglia con il governo, perché non siamo quelli che urlano ma quelli che ragionano, però una soluzione la dobbiamo trovare perché le nozze con i fichi secchi non le possiamo fare: se da un lato aumentano i costi, e dall’altro ci viene fatto un taglio, non riusciamo a offrire i servizi ai nostri cittadini – ha detto De Caro nel discorso che ha chiuso l’incontro durato tre giorni – Sulla manovra, noi ci siamo ritrovati in una situazione peggiore rispetto a come abbiamo iniziato questa assemblea».

L’episodio denunciato da De Caro è un dato politico rilevante della considerazione che il governo Meloni ha degli enti locali. La notizia del taglio è arrivata quando i sindaci erano riuniti e nulla sapevano del contenuto di una manovra di cui non conoscono i dettagli definitivi a oltre una settimana dalla fittizia approvazione. «Chiediamo – ha aggiunto De Caro – alla premier e ai ministri di essere convocati: se ci tagliano anche 250 milioni per i prossimi anni, diventa difficile gestire un Comune».

Il sindaco di Napoli Manfredi ha evidenziato le conseguenze reali del taglio del «reddito di cittadinanza» – un effetto dello stigma del povero «improduttivo» e «lazzarone» coltivato dalla destra al potere. Saranno i comuni a gestire la situazione, senza strumenti, personali, fondi e competenze. «Si è fatta una scelta sul taglio del reddito di cittadinanza, che può essere condivisa o meno, ma sicuramente noi non abbiamo tagliato la povertà – ha detto Manfredi – abbiamo una fila di cittadini fuori ai servizi sociali che chiedono sostegni, per i libri, i trasporti… Giustamente lo fanno, e noi che rispondiamo? Che abbiamo un problema di finanza?».