I servizi francesi arrestano la reporter degli Egypt papers
Francia/Egitto La giornalista, liberata dopo 36 ore di detenzione, ha svelato i rapporti con il regime di Al-Sisi. L’Operazione Sirli nelle inchieste di Ariane Lavrilleux uscite sul sito «Disclose»
Francia/Egitto La giornalista, liberata dopo 36 ore di detenzione, ha svelato i rapporti con il regime di Al-Sisi. L’Operazione Sirli nelle inchieste di Ariane Lavrilleux uscite sul sito «Disclose»
La notizia ha fatto trillare i telefonini del piccolo mondo del giornalismo d’inchiesta francese, all’alba di martedì 19: gli agenti della Dgsi, i servizi «interni» francesi, stavano eseguendo una perquisizione al domicilio della giornalista Ariane Lavrilleux, collaboratrice del sito d’inchiesta Disclose. Secondo quest’ultimo, i servizi francesi «accusano la nostra giornalista di aver firmato 5 articoli sulla vendita di armi francesi all’estero», in altrettante inchieste pubblicate da Disclose sin dal 2019, una più esplosiva dell’altra, che avevano svelato l’appoggio francese al regime egiziano di Al-Sisi, o ancora la vendita di armi e aerei all’Arabia Saudita in pieno conflitto yemenita.
DOPO UNA PERQUISIZIONE durata dieci ore, Ariane Lavrilleux è stata portata in commissariato a Marsiglia dove è stata detenuta per più di 36 ore per poi essere liberata solo nella serata di ieri. Una delle sue inchieste pubblicate da Disclose nel 2021, aveva svelato l’esistenza dell’«Operazione Sirli», nel quadro della quale l’intelligence francese ha prestato assistenza logistica al regime di Al-Sisi intento ad eseguire uccisioni extragiudiziare di persone alle frontiere egiziane, ritenute trafficanti o terroristi dal regime del Cairo.
L’inchiesta, che aveva fatto notevole scalpore in Francia, aveva messo in luce l’ampiezza del sostegno francese alle uccisioni “arbitrarie” operate dai servizi egiziani alla frontiera con la Libia. Secondo Disclose, Parigi avrebbe fornito aerei di sorveglianza e intelligence di vario tipo, permettendo l’identificazione e la soppressione di bersagli che, secondo l’inchiesta, non erano né militari né terroristi, ma semplicemente sgraditi al regime.
GLI EGYPT PAPERS, come erano stati chiamati, avevano creato un vero e proprio scandalo politico e provocato la denuncia dei vertici dell’esercito per “violazione del segreto militare”.
Due anni dopo la pubblicazione di quest’inchiesta, la detenzione di Lavrilleux è stata giudicata «molto inquietante» dalla presidente di Amnesty International, Agnès Callamard, che deplora in un comunicato il fatto che «sia la giornalista all’origine dello svelamento di queste atrocità» ad essere stata detenuta, piuttosto che «i responsabili di queste azioni».
L’arresto della giornalista d’inchiesta ha destato scalpore nel mondo giornalistico, inquieta l’attacco «al diritto al segreto delle fonti», come ha scritto su X (ex-Twitter) Reportes Sans Frontières. Secondo i sindacati dei giornalisti, l’obiettivo della Dgsi è «individuare le fonti» di Lavrilleux, cosa che costituisce un «attacco senza precedenti» alla libertà di stampa in Francia.
Di fronte all’inedita aggressività dei servizi francesi, anche il servizio pubblico ha scelto di rimettere in accesso libero su internet la puntata di Complement d’Enquête, il programma d’inchiesta più seguito sulla Tv pubblica France2, dedicata all’Operazione Sirli.
Ieri pomeriggio, durante una conferenza stampa, il portavoce del governo Olivier Veran ha fatto orecchie da mercante, quando una giornalista di Mediapart ha tentato d’incalzarlo sulla questione – chiedendogli se fosse «normale che una giornalista passi la notte in cella in una democrazia» – Veran ha preferito non rispondere, asserendo di «non avere tutti gli elementi» per potere comunicare sul caso.
NON È LA PRIMA VOLTA che dei giornalisti vengono indagati, o addirittura detenuti, dalla Dgsi in questi anni. Per esempio Disclose era già finito nel mirino dei servizi, in particolare nel 2019 dopo aver rivelato che la Francia era a conoscenza che le armi vendute all’Arabia Saudita erano utilizzate nel conflitto in Yemen, malgrado le rassicurazioni dei politici. Lo scorso dicembre, il co-fondatore di Disclose, Geoffrey Livolsi, insieme a due giornalisti di Radio France, erano stati convocati dalla Dgsi per aver rivelato, anni prima, dei sospetti favoritismi riguardo ad alcuni bandi pubblici del ministero dell’Esercito. Mai, tuttavia, il sito d’inchiesta aveva subito un’offensiva così plateale e inquietante come l’arresto di una propria giornalista.
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