Economia

I “più” di Renzi tutti per i ricchi

I “più” di Renzi tutti per i ricchiIl premier Matteo Renzi ieri alla conferenza stampa di presentazione della Legge di Stabilità a Palazzo Chigi – Lapresse

La manovra Il premier presenta le sue slide «in segno positivo». Ma la legge di Stabilità taglia la sanità mentre cancella le tasse sulle case di lusso, stanzia cifre ridicole sui contratti e non prevede le pensioni flessibili. Confindustria dà un giudizio positivo, mentre i sindacati sono sul piede di guerra. Ancora una volta vincono i più forti

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 16 ottobre 2015

Una legge di stabilità che vale 27 miliardi, e che potrebbe valerne 30 se l’Europa accettasse un allentamento ulteriore della flessibilità per l’emergenza migranti. Il presidente del consiglio Matteo Renzi ieri l’ha illustrata subito dopo il consiglio dei ministri, nella consueta conferenza stampa ricca di battute, metafore, anglicismi, scambi di cortesie con i giornalisti, accanto al ministro dell’Economia Padoan. L’importante è comunicare «fiducia», come ha detto il premier, con quel «segno più» che ha voluto usare per presentare la manovra in 27 slide: anzi dei tweet, visto che c’era tanto di hashtag: #italiacolsegno+.

Confermata l’eliminazione per tutti di Imu e Tasi sulla prima casa, anche quindi per i più ricchi. Piccola rivoluzione per il canone Rai, che scenderà a 100 euro, e poi a 95 nel 2017, ma finirà nella bolletta elettrica. Slitta di un anno il taglio dell’Ires, dal 2016 al 2017, a meno che l’Europa non conceda quei 3 miliardi in più per l’emergenza migranti. Il sistema sanitario nazionale resta fermo a 111 miliardi, nonostante le proteste delle Regioni.

E ancora: uno statuto dei lavoratori autonomi (non ancora spiegato nel dettaglio), il no alla flessibilità per le pensioni, con la possibilità però di un part time, fondi per la terra dei fuochi e i minori poveri, l’innalzamento della soglia di contante per i pagamenti fino a 3 mila euro. La diminuzione progressiva degli incentivi alle assunzioni. Azzerate le clausole di salvaguardia.

Via Imu e Tasi, per la «fiducia»

È stata la prima delle slide sfoderate dal premier, è in assoluto la riforma in cui Renzi crede di più per massimizzare il consenso: l’eliminazione delle tasse sulla casa, anche per i ricchi. Via la quota residuale di Imu, che gravava ancora sugli immobili di pregio e i castelli, via la Tasi per tutti. «Dopo gli 80 euro e l’Irap, un altro segno di fiducia».

A chi gli chiedeva le motivazioni di questa scelta, Renzi ha spiegato che sono almeno due. La prima è quella di far ripartire la fiducia: la misura ha «un valore simbolico, evocativo è uno choc fiscale per gli italiani che dal 2012 al 2014 hanno nascosto i soldi in banca, per dire loro che la partenza deve essere sostenuta». La seconda, sostenere l’edilizia: il 54% dei 927 mila posti persi nei sette anni della crisi viene dalle costruzioni, ha spiegato il premier.

«Ma tutti i Paesi hanno una tassa sulla casa, e la Ue non è favorevole, come ha appena ribadito la Commissione», hanno notato i giornalisti. «Alcuni paesi ce l’hanno, non tutti – ha replicato Renzi – E a noi dopo gli 80 euro veniva sempre rinfacciato: “eh, però poi aumenta la Tasi”, e così abbiamo voluto sgomberare tutte le accuse». Il ministro Pier Carlo Padoan ha poi aggiunto che il governo ha una risposta per l’Europa: «Non c’è solo la tassa sulla casa, noi abbiamo anche fatto sgravi su lavoro e imprese: quindi c’è tutto insieme». E Renzi, a ribadire che alla Ue su questo punto non darà mai soddisfazione: «Meno male che ha parlato Padoan, perché io sarei stato più polemico».

Slitta l’Ires, meno sgravi al Jobs Act

Il taglio dell’Ires al 24%, che negli ultimi giorni era stato già piuttosto ballerino, slitterà al 2017, a meno appunto di non ottenere maggiore flessibilità dalla Ue. Ma per le imprese ci sono i cosiddetti «superammortamenti», la possibilità di poter ammortizzare gli acquisti di macchinari industriali al 140%. Ancora: si stanziano 500 milioni per gli accordi aziendali (produttività e welfare).

Via anche l’Imu e interventi sulla Irap agricola, mentre andranno a diminuire gli incentivi per le assunzioni con i contratti a tutele crescenti: chi assume fino al 31 dicembre di quest’anno potrà godere di 8 mila euro di sgravi contributivi ogni anno per ciascun nuovo assunto; dal 2016 si scenderà al 40% (meno della metà quindi), e dal 2017 ancora sotto. «Affrettarsi prego», ha suggerito Renzi alle imprese.

Imprese che promuovono la manovra: «Da un primo esame il nostro giudizio è positivo – commenta il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi – Alcune nostre richieste sono state accolte, come gli ammortamenti al 140% per nuovi investimenti».

Briciole per il pubblico impiego

Saranno 300 i milioni destinati agli aumenti del pubblico impiego. «Caramelle», aveva detto qualche giorno fa il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo quando già circolavano simili cifre, e adesso il suo sindacato annuncia una risposta «molto dura». La Cisl parla di «scelta sbagliata e irrispettosa del governo». Rossana Dettori, della Fp Cgil, calcola che «si tratta di 40 centesimi al giorno dopo un’attesa di sei anni», nota. E la Cgil mette questo capitolo tra i «quattro segni meno» con cui boccia la manovra: «7,80 euro lordi al mese per i prossimi tre anni».

Sanità pubblica a rischio

Il fondo per la sanità «aumenta», risponde il premier a chi riporta in conferenza stampa le proteste e le preoccupazioni delle Regioni: «Da 109 miliardi nel 2014 siamo passati a 110 nel 2015 e adesso a 111 nel 2016. Se c’è bisogno di maggiori fondi, le Regioni sappiano che noi spingiamo verso i costi standard, per far pagare ogni fornitura al minimo». Insomma, fate da voi. La Cgil sintetizza le criticità: «Il miliardo in più non copre neppure gli indici di adeguamento del fondo previsti dall’invecchiamento della popolazione, e i nove milioni di persone che già oggi non riescono a curarsi faranno sempre più fatica». Tra l’altro lo stesso governo conferma che gli 800 milioni previsti per i Lea (livelli essenziali di assistenza) e la vaccinazione sono inclusi nei 111 miliardi, mentre le Regioni hanno chiesto più volte 2 miliardi in più.

Bambini poveri e Mezzogiorno

Mentre si tagliano le tasse ai ricchi, si pensa però – in ottica caritatevole – in qualche modo anche ai poveri. In arrivo 400 milioni per il sociale, altri 600 milioni per i minori in stato di povertà: 100 milioni verranno gestiti in modalità nuova, ovvero con fondazioni bancarie, comuni e terzo settore. Si preannuncia anche un piano di «efficientamento energetico» per le case popolari, oltre alla «liberazione di alloggi occupati» (è la seconda slide di Renzi, subito dopo quella su Imu e Tasi). Previsti poi 450 miliondi di euro (150 milioni ogni anno per tre anni) per «sanare le ferite della Terra dei fuochi».

Delusi i Cinquestelle, che contro la povertà spingevano per il reddito di cittadinanza: «Italia con il segno più: più slogan, più annunci, più balle. Niente abolizione legge Fornero. Niente reddito di cittadinanza. Niente aiuti alle imprese ma solo annunci per il 2017. Niente soldi alla sanità e 2 miliardi in meno», commenta Luigi Di Maio.

Pensionati o lavoratori?

Il capitolo pensioni, certamente caldo, Renzi cerca di trattarlo il più in fretta possibile: «Non c’è flessibilità, vogliamo evitare interventi che alla lunga si dimostrano complicati. Ci sono quattro misure: no tax area (per i pensionati, ndr), opzione donna, settima salvaguardia (per gli esodati, ndr), part time». Bene quindi per gli esodati, che aspettavano la settima salvaguardia (dovrebbe garantire circa 25-26 mila di loro), male invece per chi è rimasto ingabbiato nella riforma Fornero e non riesce a uscire. Al massimo, potrà optare (se ha già superato i 63 anni) per un lavoro part time. Possibilità che, nota Giuliano Cazzola, era già contenuta in uno dei decreti del Jobs Act (art. 41 del dl n. 148/2015), e che quindi non ha nulla di nuovo.

«L’argomento flessibilità ha bisogno al più presto di una risposta», dice Annamaria Furlan (Cisl), insistendo nel chiedere un intervento. «C’è meno libertà per i lavoratori perché non possono andare in pensione in modo flessibile, e chiude la porta in faccia ai giovani», commenta la segretaria della Cgil Susanna Camusso.

I 3 mila euro e il canone Rai

Per gli italiani, si sa, l’evasione è un tasto dolente. Ma Renzi conferma, e anzi rivendica tra le «buone notizie» l’innalzamento della soglia di contante per i pagamenti da mille a 3 mila euro. Rigettando le accuse su un presunto allentamento nella lotta all’evasione: «Abbiamo fatto rientrare dall’estero 1,4 miliardi di euro nel 2015 e 2 miliardi sono previsti nel 2016, il governo ha firmato accordi con Svizzera, Liechtenstein e Vaticano, e nei prossimi mesi l’Abi si è impegnata a ridurre i costi per i pagamenti elettronici».

Il canone Rai passerà in bolletta elettrica, e scenderà a 100 euro («95 nel 2017», aggiunge Renzi). Ma certo non sarà un’operazione semplice, visto l’alto numero di aziende distributrici di energia.

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