In Francia sta accadendo qualcosa di terribile, ma non inaspettato. La marcia dell’estrema destra di Le Pen è figlia di quella globalizzazione che denunciammo a Genova nel 2001. Un processo di sradicamento che ha messo nel mirino il tenore di vita delle classi popolari e dei ceti medi.

Pezzi di società spaventati che oggi soprattutto nella grande provincia europea cercano rassicurazione nei pifferai alla Le Pen, Meloni, Salvini, Afd e orrida compagnia cantante.
Pifferai magici travestiti di quella stessa dittatura neoliberista che attacca in ogni paese salari, sanità pubblica, welfare, pensioni e diritti civili per farne profitto privato.

Non a caso, Le Pen ha subito eliminato dal suo programma elettorale proprio la cancellazione della riforma delle pensioni di Macron, duramente contestata nelle piazze dai francesi.
La conferma che l’estrema destra è come sempre la foglia di fico del regime sociale ed economico che scatena la guerra fra poveri perché la vincano i ricchi.

Non a caso mentre il Nuovo Fronte Popolare annuncia la desistenza – ritirerà il suo candidato nei collegi in cui si è piazzato terzo – i macroniani sono tiepidi e fanno distinzioni.È a distanza di un secolo lo stesso atteggiamento criminale di buona parte di quella destra liberale che spalancò le porte al fascismo e al nazismo, facendo piombare l’Europa nell’orrore delle dittature e poi nella Seconda Guerra Mondiale.La storia non si ripete mai allo stesso modo, ma quante similitudini ci sono fra oggi e allora.

Perciò in Francia si gioca una partita che ci riguarda molto da vicino e l’ottimo risultato del Nuovo Fronte Popolare è uno spiraglio di luce che potrebbe non bastare.
Però dobbiamo spalancare ogni finestra perché quello spiraglio illumini la strada delle nostre decisioni politiche.
Uniti possiamo battere la destra, ma la destra possiamo batterla solo se le opposizioni piuttosto che affidarsi alla conta aritmetica e politicistica vanno all’attacco con un’altra idea di paese.

In questi mesi in parlamento le opposizioni hanno sperimentato delle forme di convergenza sul salario minimo, il reddito di cittadinanza, la battaglia contro l’autonomia differenziata e il premierato.
È un nucleo per ora embrionale ma chiaro intorno al quale bisogna articolare una proposta politica.

Dobbiamo dire chiaramente che gli stipendi non bastano per vivere e vanno aumentati a partire dall’istituzione di un salario minimo. Che c’è un’emergenza casa con l’affitto o il mutuo che si mangiano anche i due terzi di uno stipendio. Che se stai male non puoi aspettare mesi per una visita o un esame specialistico e hai il diritto di essere curato. Che se non trovi lavoro hai il diritto di essere sostenuto anche andando a tassare i grandi patrimoni. Che nessuno può discriminarti per il genere, il colore della pelle, l’orientamento sessuale. Se non fai la differenza, se non prospetti un’altra idea di paese, non vinci. Invece noi dobbiamo vincere e rimandare a casa la destra.

Rispetto alla Francia non abbiamo l’urgenza di una scadenza elettorale lampo. Abbiamo tempo, ma oltre al tempo servono la voglia e il coraggio di scelte chiare per un’altra Italia possibile.