Una storia di vita e morte, una storia come tante a Gaza da quasi dieci mesi a questa parte. Eppure, il caso di Ola Al Kurd ha raccolto l’attenzione di un po’ tutti nella Striscia. Incinta e vicina al parto, la giovane donna non vedeva l’ora di tenere in braccio il suo bambino. Invece l’esplosione di una bomba sganciata da un F-16 israeliano qualche giorno fa, a pochi metri dalla sua abitazione nel campo profughi di Nusseirat, l’ha scaraventata giù per diversi piani, uccidendola, assieme a diversi parenti. Un’altra famiglia palestinese cancellata quasi per intero come altre dozzine a Gaza.

Ola è morta, il suo bambino invece è sopravvissuto. A salvare Malek Yassin, questo è il nome del neonato, sono stati i medici del piccolo ospedale Al Awda di Nuseirat che, con il poco che avevano a disposizione e il generatore autonomo singhiozzante, sono riusciti ad estrarlo vivo dal corpo senza vita della madre e a fargli superare i primi critici minuti successivi all’intervento guidato dal dottor Khalil Al Dakran. «È un miracolo che sia rimasto in vita. Ola desiderava tanto tenerlo in braccio e riempire la nostra casa con la sua presenza. Nei mesi scorsi ho perduto altri figli», ha detto a un’agenzia di stampa Adnan Al Kurd, padre di Ola e nonno di Malek Yassin.

L’aver salvato la vita al bambino ha finalmente disegnato un sorriso sul volto dei medici dell’Al Awda che, come i loro colleghi negli altri ospedali di Gaza, lavorano per gran parte del giorno in condizioni di eccezionale difficoltà, senza sapere, come gli altri abitanti della Striscia, se saranno ancora vivi il giorno dopo. Ieri il Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc), una delle ong internazionali più importanti, ha lanciato un nuovo allarme sulla situazione sanitaria. Tutti gli ospedali nel nord di Gaza sono stati danneggiati o distrutti, ha scritto in un rapporto.

Piccole cliniche stanno curando alcuni casi, ma sono poco attrezzate e non possono offrire l’assistenza o i farmaci necessari. Non c’è carburante per le ambulanze, i feriti devono essere trasportati su carretti trainati da asini. E manca tutto.

«Quando vedi la calca attorno agli unici due camion di aiuti umanitari arrivati ​​in queste settimane, i bambini che non riescono a stare in piedi e camminare, le morti causate dalla malnutrizione, non c’è dubbio su cosa sta accadendo qui», ha detto Salma Altaweel, responsabile di Nrc a Gaza. «Le stazioni di trattamento delle acque non funzionano – ha aggiunto – c’è spazzatura ovunque. Malattie come l’epatite A si stanno diffondendo e non ci sono medicine o cibo per aiutare le persone a guarire. Ovunque tu vada respiri fumo tossico». L’ospedale Kamal Adwan ha in cura più di 70 bambini malnutriti e disidratati.

Tutto questo mentre i carri armati israeliani, con l’appoggio dell’aviazione, entrano ed escono da Gaza ufficialmente alla caccia dei combattenti di Hamas e di altri gruppi palestinesi. Ieri l’esercito ha lanciato nuovi raid su Gaza mentre il premier Netanyahu pronunciava il suo quarto discorso davanti al Congresso per ottenere sostegni nella lotta all’Iran e l’assicurazione che Washington, continuerà a fornire le armi di cui Israele ha bisogno per martellare la Striscia e proseguire le sue devastanti operazioni militari.

Le trattative in attesa di riprendere, è bene sottolinearlo, non produrranno una tregua permanente ancora per mesi. Un leader dell’opposizone, Benny Gantz, uscito nelle settimane passate dal gabinetto di guerra, ha denunciato ieri l’intenzione di Netanyahu di non approvare un accordo con Hamas di tregua e per la liberazione degli ostaggi israeliani almeno fino al termine delle vacanze estive della Knesset che cominciano questo fine settimana e dureranno quasi fino all’autunno. Senza dimenticare che Netanyahu ripete che la guerra non cesserà, anche con la liberazione degli ostaggi.

Gli ultimi raid israeliani hanno distrutto case e causato vittime nei sobborghi orientali di Khan Younis, che sta subendo il terzo massiccio attacco dall’inizio dell’anno. La Protezione civile ha riferito di richieste di aiuto di persone rimaste intrappolate nelle loro case a Bani Suhaila ma di non essere riuscita a raggiungerle a causa dei bombardamenti.

Gli sfollati hanno ricevuto l’ordine di dirigersi a ovest verso un’area umanitaria che però ora è considerata molto rischiosa. Le forze israeliane hanno inoltre lanciato attacchi aerei in diverse zone al centro e al nord di Gaza, uno sul campo di Al-Bureij, in cui sono state uccise nove persone. Alcuni palestinesi radunatisi presso l’ospedale Nasser di Khan Younis prima dei funerali di alcune delle vittime hanno contestato con forza gli Stati Uniti, il più importante alleato internazionale di Israele, per aver accolto Netanyahu nonostante i crimini di guerra di cui è accusato dalla Procura della Corte internazionale di Giustizia.

Secondo le autorità di Gaza nelle ultime 48 ore, l’offensiva israeliana a Khan Yunis e gli attacchi in altri punti della Striscia hanno ucciso tra lunedì e mercoledì 129 palestinesi e ferito 416. Altre 44 persone risultano disperse. Sono state bombardate 237 case, 82 famiglie non hanno più una abitazione. Il ministero della Sanità aggiunge che almeno 39.145 abitanti di Gaza sono stati uccisi in più di nove mesi di offensiva israeliana.