I manifesti alla Sapienza, «non li abbiamo messi noi, non siamo manovrati»
«Se qualcuno cerca i seguaci di Cospito, qui non li troverà». Gli studenti che da giovedì occupano un’aula della facoltà di lettere della Sapienza per protestare contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo hanno un bel daffare a liberarsi dei cronisti che sciamano per l’università in cerca di insurrezionalisti. In questo periodo dell’anno i corsi sono sospesi per gli esami, che si svolgono regolarmente anche durante l’occupazione firmata dai collettivi universitari. L’aula serve soprattutto per le assemblee e la preparazione degli striscioni in vista del corteo di oggi.
«Il corteo è contro la barbarie carceraria, gli 82 suicidi in cella, le torture» racconta una studentessa con il pennello in mano. «Non siamo manovrati da Cospito, come racconta qualcuno per giustificare il suo isolamento. Con lo sciopero della fame (oggi giunto al 107 giorno, ndr), Alfredo ha illuminato un regime carcerario simile alla tortura su cui sin da ottobre stiamo organizzando assemblee, dibattiti e manifestazioni anche insieme a docenti e esperti».
Qualche ricercatore si affaccia anche all’assemblea pomeridiana sulle scale della facoltà, incuriosito dal centinaio di ragazze e ragazzi seduti sulle scale. «L’università – riconosce – è da sempre un luogo di discussione, giusto che anche questo tema entri». Gli studenti hanno chiesto una presa di posizione alla rettrice Antonella Polimeni. Risposte? «Un muro di silenzio», allarga le braccia una studentessa del collettivo di lettere.
Solo i fotografi sembrano far caso ai manifesti affissi sul muro della facoltà in cui i volti di Mattarella, Meloni, Nordio, Cartabia e dei giudici che hanno avuto tra le mani il dossier dell’anarchico sono accostati alla parola «Assassini». Fuori dalla Sapienza sono stati notati eccome. Non si contano le condanne da destra. Pure il Pd parla di un atto «da condannare duramente senza se e senza ma» e di «escalation di violenza» da fermare.
La calendiana Daniela Ruffino usa toni da notte della Repubblica. «È il momento per tutte le forze politiche di mettere da parte divisioni e strumentalizzazioni, perché in questo modo si aiutano i violenti». Invece, quando si indicano i manifesti gli occupanti alzano le spalle. Nessuno sa, o dice di sapere, chi li abbia affissi. La richiesta dei collettivi a politica e media è di abbassare i toni. «Accusarci di minacce o ricatti allo Stato non ha senso». Ma i manifesti rimangono sul marmo.
Nell’assemblea l’avvocata Caterina Calia, che difende Anna Beniamino (compagna di Cospito, pure lei in carcere e su cui pende una richiesta di condanna a 27 anni), illustra agli studenti le assurdità del carcere duro e smonta le teorie del complotto su presunte saldature tra criminalità organizzata e anarchismo.
«Il 41 bis prevede che i detenuti condividano la pochissima “socialità” permessa con altri condannati per che hanno alle spalle storie diverse dalle loro» spiega. «Per questo Cospito parla con i mafiosi». In carceri come quello dell’Aquila, racconta la legale, la socialità è permessa solo a coppie, nemmeno a piccoli gruppi. Così, se qualcuno viola qualche regola del carcere e perde il diritto alla socialità, condanna all’isolamento totale anche l’altro detenuto».
Gli altri interventi confermano l’adesione al corteo cittadino di oggi, che partirà da Piazza Vittorio all’Esquilino. Tanti auspicano una «mobilitazione plurale e inclusiva», com’è stata l’assemblea da cui è nata l’occupazione, con tante realtà romane ben al di là della cerchia anarchica. La questura ha approntato un dispositivo di sicurezza imponente La questura ha approntato un dispositivo di sicurezza imponente dopo le tensioni degli ultimi presidi. Nella notte, 80 cassonetti sono stati rimossi dal percorso del corteo.
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