Gli emissari del Fondo Monetario Internazionale e i rappresentanti del governo di estrema destra di Javier Milei si riuniscono oggi per la prima volta a Buenos Aires per rinegoziare le condizioni del programma Extended Fund Facility siglato nel 2022 per cancellare il debito da 45 miliardi di dollari contratto nel 2018. L’ultimo faccia a faccia era stato nell’agosto scorso, quando l’allora ministro dell’economia e candidato alla presidenza, Sergio Massa, strappò al Fmi un intesa per un sollievo temporaneo che però poi Buenos Aires non ha compiuto.

ORA A CONDURRE le sorti dell’Argentina sono i sostenitori di una disciplina ancor più severa di quella tradizionalmente prescritta dai tecnici del Fondo: se l’organismo chiedeva due anni fa di portare il deficit allo 0,9% del Pil, Milei ha già approvato un piano economico shock per azzerarlo. Il governo si prepara a presentare una richiesta di deroga (waiver) al pagamento delle rate stimate in 7,3 miliardi di dollari per il 2024. In cambio si propone una riduzione dei salari del settore pubblico e le pensioni, già congelati per ordinanza ministeriale in modo da diminuire l’impatto sulla spesa per effetto dell’inflazione, stimata intorno al 200% per quest’anno; l’eliminazione dei sussidi al consumo di energia, già annunciata a dicembre dal ministro dell’economia Luis Caputo; la svalutazione del peso rispetto al dollaro, già iniziata, e la deregolamentazione del mercato di valute. Tutte misure che, concordano governo e opposizione, avranno un forte impatto sulle classi medie e povere del paese.

INTANTO nelle strade la situazione è sempre più allarmante. Secondo un rilevamento dell’Instituto de Investigación Social, Económica y Política Ciudadana (Isepci) reso noto ieri, nei quartieri popolari della periferia di Buenos Aires l’aumento dei prezzi del calmiere di beni primari è stato del 48,8% dall’assunzione di Milei. La liberalizzazione dei prezzi dei carburanti ha portato anche il primo aumento del 2024: un 27% ai benzinai da mercoledì mattina. L’esecutivo ha deciso inoltre di non rinnovare il piano di restituzione dell’Iva ai contribuenti con salari medio-bassi lanciato dal governo precedente e concluso il 1 gennaio. Una situazione che ha portato molti argentini a rilanciare le proteste contro il governo: questa settimana sono ripresi infatti i cacerolazos notturni in diverse città, e la Confederazione Generale del Lavoro (Cgt) ha convocato ad uno sciopero generale per il 24 gennaio.
I sindacati argentini hanno ottenuto già un piccolo grande trionfo questa settimana: la Corte d’Appello ha infatti accettato un ricorso presentato dalla Cgt contro uno dei capitoli del Decreto d’Urgenza emanato dal presidente lo scorso 20 dicembre che riforma l’attuale legislazione sul lavoro per facilitare licenziamenti e ridurre contributi e liquidazioni. Il governo presenterà ora un nuovo ricorso alla Corte Suprema.

L’ALTRO FRONTE su cui il «piano motosega» di Milei comincia ad affrontare serie difficoltà è quello legislativo. Libertari ed alleati non sono riusciti a costituire la maggioranza richiesta per l’approvazione della prima delle undici leggi urgenti inviate dall’esecutivo settimana scorsa, e risulta improbabile che ci riescano entro la fine delle sessioni straordinarie prevista per il 31 gennaio. Nell’afa di gennaio dunque sembrerebbe cominciare a prendere forma la resistenza alle riforme del nuovo governo, ed è proprio questa una delle principali preoccupazioni dei funzionari del Fondo giunti oggi a Buenos Aires. Sebbene il piano di Milei vada ben oltre le ambizioni dei creditori, la mancanza di consenso sociale e la forte opposizione all’austerity annunciato, potrebbero far fallire l’ennesimo «programma salvataggio» dell’economia argentina.