La Corte suprema degli Stati uniti ha deciso di continuare a proteggere Google, Twitter e, per estensione, tutte le piattaforme social, dall’essere ritenute responsabili per i post pubblicati dai propri utenti. La decisione lascia in vigore, per ora, quell’ampio scudo che protegge le aziende tecnologiche, da Reddit a Tinder, fornito dalla Sezione 230 del Communications Decency Act, una legge che risale al 1996 e che protegge le piattaforme online da azioni legali relative ai contenuti pubblicati dagli utenti.
La protezione era stata messa in discussione in due casi: nel 2016, la famiglia di una studentessa universitaria americana di 23 anni, Nohemi Gonzalez, uccisa durante l’attacco terroristico di Parigi del 2015, aveva fatto causa a Google, sostenendo che l’algoritmo di YouTube (di proprietà del gigante tecnologico) aveva promosso dei contenuti dell’Isis che avevano indirettamente causato la morte della figlia.

Il secondo caso riguarda Twitter: i parenti, anche loro americani, del giordano Nawras Alassaf, hanno sostenuto che il social non era riuscito a sorvegliare adeguatamente gli account relativi allo Stato islamico prima dell’attacco del primo gennaio 2017 al nightclub Reina, in Turchia, dove Alassaf e altre 38 persone sono state uccise.
«Le accuse dei querelanti non sono sufficienti per stabilire che questi imputati abbiano aiutato e incoraggiato l’Isis a portare a termine l’attacco in questione», ha scritto il giudice conservatore Clarence Thomas nella decisione unanime sul caso Twitter. Il tribunale ha adottato un ragionamento simile anche nella causa contro Google, e la Corte ha così eluso le richieste di rivedere la Sezione 230, anche se gli algoritmi di queste piattaforme promuovono video e contenuti che lodano i gruppi e le azioni terroristiche.
La Corte ha anche dichiarato di volere rinviare i due casi ai tribunali di grado inferiore in modo che vengano rivalutati alla luce della loro decisione che resta protettiva nei confronti delle piattaforme online -gli stessi tribunali che per anni hanno difeso la validità della Sezione 230, rifiutandosi di metterla in discussione.