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I Block G20 fermano le «first ladies»

I Block G20 fermano le «first ladies»Lapresse – Amburgo, una manifestante contro il G20 sale su un blindato della polizia

Le proteste I Block G20 fermano le «first ladies»: Melania Trump bloccata in albergo. Disobbedienza civile e scontri

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 8 luglio 2017

L’annullamento di gran parte del programma di attività “turistiche” previste per le e i consorti dei Venti Grandi, con estremo disappunto di Melania Trump, potrebbe essere considerato, a ragione, la cifra simbolica e materiale della prima giornata del Vertice dei G20 ad Amburgo.

Una lunghissima giornata, iniziata alle 6 del mattino, quando dai campeggi di Altona e di Entenwerder si sono mossi i diversi cortei delle “cinque dita” di BlockG20, l’azione simultanea di blocco degli accessi per “colorare la zona rossa”, promossa in particolare dalla rete della sinistra di movimento tedesca Interventionistische Linke con la partecipazione di molte delegazioni internazionali, dall’Italia e dalla Scandinavia sopra tutte.

Due i concentramenti previsti per le 7, a sud di fronte al molo portuale storico del Landungsbrücke e a est alla Berliner Tor. Massiccio l’intervento della polizia, con ripetute cariche sia contro i cortei che si muovevano verso il centro cittadino, sia sui presidi autorizzati appena da qui ci si è messi in marcia verso gli accessi della “zona blu”, la più vasta area dove è scattato per 48 ore il divieto a riunirsi in gruppi di tre o più persone.

In diverse situazioni gli “osservatori parlamentari” della Linke, tra cui Jan van Aken, deputato eletto proprio ad Amburgo e storico esponente dei movimenti antimilitaristi, sono dovuti intervenire per impedire che le forze dell’ordine utilizzassero la tecnica del Kessel, circondando e di fatto trattenendo all’interno di un quadrato di agenti consistenti gruppi di manifestanti.

E, paradossalmente, gli attacchi nei confronti di quanti si stavano dirigendo in corteo per i blocchi hanno sortito un effetto opposto a quello desiderato. Almeno seimila attivisti si sono dispersi in piccoli gruppi, trovando di volta in volta quali fossero le forme più efficaci per disturbare, ritardare e, in alcuni casi, bloccare i convogli di limousine e mini-van neri che, sotto scorta, stavano lasciando gli alberghi di lusso della Città Antica per recarsi alla Fiera sede del vertice.

Ad esempio un sit-in di duecento manifestanti sul ponte di Schwanenvik, a poche centinaia di metri dalla residenza della delegazione statunitense, ha provocato un ritardo di oltre mezz’ora per l’arrivo del presidente Trump all’incontro bilaterale col suo omologo russo Putin.

Verso le 10 una delle “dita” delle azioni di “disobbedienza civile” è riuscita addirittura a spingersi, nonostante ripetute cariche con pesante utilizzo di spray irritante, all’interno della “zona rossa”, scatenando il panico nell’apparato di sicurezza.

Contemporaneamente quasi mille persone prendevano parte, nella zona portuale a sud del fiume Elba, al “blocco della logistica” convocato per iniziativa della rete militante Ums Ganze!, con l’intenzione di utilizzare il palcoscenico offerto dal vertice per mostrare nella pratica la centralità dello sfruttamento del lavoro precario in questo settore, all’interno dell’attuale modello di accumulazione capitalistica.

Intorno alle 11 dal piazzale antistante la Stazione ferroviaria centrale si è posso un vivace corteo composto da più di duemila studenti medi, nonostante il Senato di Amburgo, guidato dal sindaco socialdemocratico Olaf Scholz – ironicamente ribattezzato “King Olaf” per le modalità autoritarie esibite nella gestione dell’evento G20 – avesse da settimane pubblicamente minacciato di ritorsioni disciplinari gli allievi che avessero oggi scioperato.

Un’ulteriore testimonianza del fatto che la contestazione contro il “summit dei Potenti” sia, al di là della campagna mediatica mainstream sui “professionisti della violenza venuti da fuori”, innnazitutto e profondamente radicata nel tessuto sociale della città anseatica.

Nel frattempo, all’aeroporto di Fuhlsbüttel si risolveva positivamente il caso degli attivisti bolognesi dei centri sociali TPO e Làbas minacciati di espulsione: dopo ventiquattro ore trascorse nella “terra di nessuno” dei terminal, e grazie all’intervento del Supporto Legale NoG20 e alle pressioni congiunte dei parlamentari della Linke e di Sinistra Italiana e di quelli europei del GUE, la Corte di giustizia di Amburgo ha deciso che non vi era alcun elemento che giustificasse il loro allontanamento forzato. Un precedente importante visto il crescente utilizzo, in tutta Europa, di simili arbitrarie “misure preventive”.

L’impatto delle proteste, fino a determinare una sorta di “ingovernabilità dello spazio urbano” per un pur sovradimensionato apparato di sicurezza è stato infine confermato dalla “seconda ondata” del pomeriggio: ne sono stati protagonisti almeno quindicimila giovani di Amburgo che si sono, in modo quasi sempre spontaneo, uniti agli attivisti organizzati.

Una nuova generazione che ha dato vita a diffusi momenti di contestazione, molto diversi dalle forme di protesta conosciute quindici anni fa dal movimento “no-global”: blocchi stradali un po’ dappertutto nei quartieri che circondano la “zona rossa”, la pratica di un vero e proprio “sciopero metropolitano” in continui piccoli momenti di scontro con la polizia che, da parte sua, non ha lesinato cariche violente e frequente utilizzo del getto degli idranti.

Ma “l’uso della violenza da parte della polizia – commenta Thomas Seibert, filosofo ed esponente dell’ISM e di DiEM25, nel bel mezzo delle barricate – è solo metà della storia: qui oggi si è vista una nuova ed eccezionale capacità di resistenza sociale. La situazione per tutti noi, in Germania come in Europa, è di nuovo aperta”.

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