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I big alla scoperta del Molise, sognando palazzo Chigi

I big alla scoperta del Molise, sognando palazzo ChigiLuigi Di Maio con il candidato governatore del Molise dell’M5S, Andrea Greco – Ansa

Alle urne il 22 aprile La regione diventa improvvisamente terreno di scontro nazionale. Berlusconi: «Vincere qui ci aiuterà a trovare i voti in parlamento». Ma sono i 5 Stelle ad avere il vento in poppa

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 aprile 2018
Enrico Colorni CAMPOBASSO

«Il Molise non esiste», come gruppo su Facebook, conta 14.582 sostenitori. Per la politica italiana, invece, il Molise esiste eccome. Si dà il caso che la regione ordinaria più piccola d’Italia (314.725 abitanti), che è anche la più recente perché istituita solo nel secondo dopoguerra con la legge costituzionale n. 1/1963 – voti per il Governatore e per rinnovare il consiglio regionale domenica 22 aprile. E se è vero che il 29 aprile vota anche una regione a statuto speciale, il Friuli Venezia-Giulia, ben più importante, il primo test politico dalle elezioni del 4 marzo è il Molise. Peraltro, o almeno così sperano e credono i 5 Stelle, il Molise può diventare la prima regione «gialla» d’Italia.

E PENSARE CHE IL MOLISE, ai tempi della Prima Repubblica, era una regione non solo socialmente (l’economia più diffusa era l’agricoltura, la borghesia era quasi inesistente), ma anche politicamente vassalla di potentati locali altrui. Di fatto sotto il dominio dell’abruzzese Remo Gaspari, al massimo un paio di terze file della Dc sono assurti al ruolo di sottosegretari. E anche nella Seconda Repubblica, il Molise ha sì visto rifulgere l’astro di Antonio, detto Tonino, Di Pietro (originario di Montenero di Bisaccia, dove vive), ma è stata governata da una stanca alternanza di governi di centrodestra (dominus principale il forzista Michele Iorio) e di centrosinistra che in poco o in nulla hanno innovato. Intanto, l’apparato industriale stentava a decollare e un’inchiesta del manifesto, a firma di Gad Lerner, coniò l’espressione «metalmezzadri» per indicare ex agricoltori diventati operai ma che mantenevano mentalità contadina.

Oggi il terziario avanzato ha prodotto qualche barlume di speranza, i traffici della nuova borghesia hanno creato un minimo di benessere, ma l’economia privata resta ancella di quella statale come dimostra il predominio della politica nella sanità (privata), centri di eccellenza compresi. Insomma, il Molise non è diventata una regione vitale né centrale – eppure corre lungo la dorsale appenninica e adriatica, lungo le antiche vie della transumanza – e ogni tanto qualcuno, a Roma, ne propone l’assorbimento o lo smembramento verso l’Abruzzo o la Campania o entrambe.

SOLO UNA COMBINAZIONE di date, dunque, fa del Molise, oggi, una terra di scontro politico con premio finale il governo del Paese. E così la sfilata dei big è impressionante. Luigi Di Maio ci ha passato due giorni, toccando i due capoluoghi di provincia (Campobasso, capoluogo di regione, e Isernia) e Termoli, la sola cittadina molisana importante dal punto di vista economico (vi hanno sede la Fiat-Chysler e diverse aziende chimiche). Silvio Berlusconi è arrivato ieri e ha assicurato che «dato il momento della politica nazionale una nostra rotonda vittoria in Molise ci aiuterà a trovare nel parlamento i voti di cui il centrodestra necessita». Il lumbard Matteo Salvini farà un tour de force tra i comuni più piccoli. Solo il Pd si fa vedere poco.

I CANDIDATI e i raggruppamenti di liste che si presentano alle elezioni sono quattro (ma la quarta, Casa Pound, è fuori dai giochi), la legge elettorale molisana è nuova. E’ un sistema proporzionale a turno unico con premio di maggioranza. I membri del consiglio regionale da eleggere sono 21, compreso il presidente della giunta: alla lista o alla coalizione di liste vincenti vengono assegnati 13 seggi, cui si aggiunge quello del presidente eletto. Il sistema, dunque, assicura la piena governabilità. La soglia di sbarramento è molto alta (l’8%) per chi si presenta fuori da una coalizione e molto bassa per chi, invece, ne fa parte. Non è ammesso il voto disgiunto ma quello di preferenza sì.

LA COALIZIONE PIÙ AMPIA è il centrodestra che ha scelto come candidato governatore Donato Toma, presidente dell’ordine dei commercialisti di Campobasso, appoggiato da ben 9 liste, di cui 4 nazionali (Fi, Lega, FdI, Udc) e ben 5 di ambito locale. Tra queste, ce ne sono due capeggiate da forti portatori di voti: una dell’ex governatore della regione, Michele Iorio, e una del ras della sanità privata locale, l’eurodeputato Aldo Patriciello (Fi).

LA SECONDA coalizione è quella di centrosinistra. Scaricato il presidente regionale uscente, Paolo di Laura Frattura (ex Dc, ex Ppi, ex Margherita), un Pd ai minimi termini ha puntato su un suo assessore uscente, Carlo Veneziale, appoggiato da 5 liste, tra cui LeU. Ma la vera – possibile – sorpresa è, appunto, l’M5S. Il candidato governatore è Andrea Greco, un giovane laureato in Giurisprudenza che oggi ha 33 anni e la cui sola esperienza politica precedente è stata la candidatura nel 2013 quando è risultato il primo dei non eletti dell’M5S. Insomma, un grillino della prima ora che gode, però, di un successo: alle politiche i 5S in Molise hanno fatto il botto.

I PENTASTELLATI hanno vinto, con il 44,8% dei voti contro il 29,8% del centrodestra e il 18,1% del centrosinistra, tre collegi uninominali su tre e, in totale, quattro seggi su cinque. Il quinto è andato a una deputata di Leu, Giuseppina Occhionero, ma solo grazie all’effetto flipper del Rosatellum.

UN SONDAGGIO fatto prima delle politiche vedeva centrodestra e 5 Stelle appaiati mentre il proliferare delle liste (9 con 180 candidati contro la lista e i 20 candidati dell’M5S) e il voto di preferenza favoriscono il centrodestra, ma tutti i vecchi schemi sono saltati persino nel piccolo Molise: i 5 Stelle hanno il vento in poppa e la vittoria è a un passo. Il 22 aprile il resto d’Italia si accorgerà che il Molise esiste.

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