Se nella storia della performance c’è una pagina estremamente perturbante, forse brutale, è sicuramente quella calcata dagli Azionisti Viennesi, nell’ordine Günter Brus, Otto Muehl, Rudolf Schwarzkogler insieme a Hermann Nitsch che di essi ne rappresenta la diramazione più ritualistica e perfino splatter. Proprio Hermann Nitsch (Vienna 1938) il più radicalizzato, è scomparso ieri all’età di 83 anni nel suo famoso Castello di Prinzendorf (Bassa Austria).

L’azionismo viennese che dilagò negli anni Sessanta in una Vienna bigotta, fu il momento più autodistruttivo di tutta la fenomenologia corporea di quegli anni che si generò in seno alla Body Art. Gli azionisti, attraverso l’espediente proiettivo, sconfessavano l’aggressività esterna scatenandola sul proprio corpo. Il rifiuto di adeguarsi alle norme moralistiche imposte dalla società borghese dell’epoca, instillava loro una sorta di revanche liberatoria psico-fisica che si manifestava in atti di autolesionismo.

L’INQUIETUDINE disperante che provocavano le loro aktionen masochistiche, inscritte in una pratica di oltraggio del proprio corpo, ribatteva alle costrizioni sociali e ai tabù ancestrali e rimossi.

Hermann Nitsch, diplomatosi all’Istituto Grafico Sperimentale di Vienna, dopo un inizio «informel-tachiste», piombava pesantemente nelle sperimentazioni di carattere liturgico. Dalla pittura alle azioni individuali e poi a quelle collettive, tentava di ricreare la stessa tensione inquietante, in cui situazioni orgiastiche si contrapponevano a quelle di contemplazione e tentavano uno stato di equilibrio.

Radicalizzando il linguaggio, allestiva nel 1957 il suo Orgien-und-Mysterien-Spiel, (il Teatro delle orge e dei misteri) che nasceva come forma d’arte totale (Gesamtkunstwerk). Nitsch sosteneva che alcune situazioni caratterizzate da eccessi di sensualità e di eccitazione hanno lo scopo di condurre a un più intenso ribollimento vitale, a una abreazione liberatoria. Così introduceva nel suo teatro materie reali, predisponeva la diffusione di odori e l’uso di sostanze organiche che conducevano a un’esperienza sinestetica totale. Aktionstheater (Teatro d’azione) è stata l’esperienza performativa più disturbante.

In maniera sistematica e con procedimento rituale-collettivo, praticava operazioni di sventramento di vitelli, pecore e altri animali, con calpestamenti di sangue e sostanze organiche, coinvolgendo nell’azione degli attori-adepti. Questi, trascinati da una sorta di delirio estatico, insistevano sullo sventramento dei poveri animali coprendo il proprio corpo con le loro interiora sanguinanti. Tali performance di carattere orgiastico-sacrificale venivano dilatate nel tempo (fino a una durata di 5 giorni, a volte).

È, QUESTA ESTETICA dell’orrore, composta da sensazioni tattili, gustative e olfattive, registrazioni acustiche e visuali esaltava i sensi orgiastici, in cui il sangue (nelle sue forme primigenie come il sangue mestruale e quello del parto) costituiva il simbolo iniziatico che introduce ai misteri della vita e della morte. Questo fu il suo credo disturbante che lo vide non solo pittore e sacerdote ritualistico, ma anche regista e scenografo, come nella Valchiria di Richard Wagner per l’edizione passata (2021) del Festival di Bayreuth.
Tutto questo eccesso materico-corporeo ha comportato, inevitabilmente, una scissione fruitiva che giustamente spacca (ancora oggi) l’opinione pubblica tra un senso di disagio e disgusto che ne aborrisce totalmente la pratica e uno spirito catartico che invece l’abbraccia. Nondimeno le sue azioni hanno fatto intervenire la polizia che spesso ne ha censurato le violente aktionen (nel 1974 fu perfino espulso dall’Italia in occasione della Aktion n. 45) e che mobilita gli animalisti che difendono, con petizioni e atti di boicottaggio, la dignità degli animali.

IN QUESTO VIAGGIO misterico così contrastato gli è stato accanto, fin dagli anni Settanta, l’amico e gallerista Beppe Morra che nel 2008 gli ha dedicato il Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch a Napoli e che per la sua festa della Pentecoste metteva a disposizione la Vigna nella Certosa di San Martino dal tramonto all’alba. La sua opera è anche oggetto del Nitsch Museum di Mistelbach aperto fin dal 2007.

Proprio in concomitanza della 59. Biennale d’arte di Venezia, alle Oficine 800 della Giudecca, si è appena inaugurata la mostra Hermann Nitsch. 20th Painting Action (aperta fino al 20 luglio) che presenta per la prima volta la sua 20. malaktion realizzata dall’artista per la Secessione Viennese nel 1987.