Neanche l’ultima estensione della tregua di 72 ore sembra aver minimamente funzionato in Sudan. E così il sanguinoso conflitto tra le Forze armate sudanesi al servizio del generale al-Burhan e le Forze di supporto rapido (Rsf, ex Janjaweed) guidate dal generale Dagalo detto “Hemeti” entra nella sua terza settimana.

Hemeti ieri in un’intervista alla Bbc ha respinto ogni accusa di saccheggi e vendette fuori controllo messe in atto dai suoi miliziani (si tratterebbe a suo dire di nemici travestiti) , è tornato ad accusare il rivale di essere «pilotato dal fronte del radicalismo islamico» e ha ribadito che non ci saranno colloqui di pace fino a che l’aviazione di al-Burhan continerà ad attaccare le forze sotto la sua guida. E con uno dei suoi tipici testacoda ora si dice a favore di un governo civile, dopo averne represso la nascita con tutti i mezzi – compreso il massacro di manifestanti inermi nelle strade.

Nella capitale Khartoum gli scontri più duri ieri sono avvenuti ancora nella zona nord della città e intorno al palazzo presidenziale. Il presidente della Commissione dell’Unione africana Moussa Faki Mahamat mentre lavora perché la comunità internazionale parli con «una sola voce» e si dice pronto a recarsi in Sudan. Intanto prosegue il dramma dei civili intrappolati nei combattimenti e di quelli fuggiti nei paesi confinanti. Le Nazioni unite stimano in almeno 270 mila il numero dei profughi.