Harmony Korine: «Le modalità tradizionali del cinema si stanno esaurendo»
Venezia 81 Il regista statunitense presenta, fuori concorso, il visionario "Baby Invasion". La tecnologia dei videogame per reinventare le immagini
Venezia 81 Il regista statunitense presenta, fuori concorso, il visionario "Baby Invasion". La tecnologia dei videogame per reinventare le immagini
Ci sono poche righe scritte a mano nei materiali che troviamo nell’e-casier su Baby Invasion: si parla di Duck Mobb, della Crew, di un «Pale Horse». Ma il suono dell’immagine nel flusso musicale di Burial – «Non ci siamo mai incontrati, lui è fantastico, è una leggenda, tutti noi lo adoriamo» dice Korine – e fra le sovrimpressioni di narrazioni senza storia sono la materia di cui è composto il nuovo film di Harmony Korine, presentato fuori concorso, finora una delle visioni più affascinanti in questi giorni sul Lido. Baby Invasion è qualcosa che spiazza lo sguardo pur utilizzando riferimenti molto comuni: i videogiochi, le dirette in rete, i live che si fanno delle nostre azioni e li trasportano agli occhi di un mondo potenzialmente infinito. Korine continua la sua sperimentazione già praticata nel precedente Aggro Dr1ft (2023) di «sogno e tecnologia» – come la chiama lui, che arriva con un sigaro, i «complici» della sua creazione, Joao Rosa e un personaggio che indossa una maschera, come i suoi invasori. Una gang o forse più gang violentissimi che si mascherano dietro facce da bambini sorridenti mentre uccidono, torturano, stuprano, massacrano chi trovano nelle lussuose case delle loro rapine. «Tutto è falso, e solo design. Ho voluto esplorare altre possibilità. L’idea di questo film è un videogame che si guarda nel telefono, se poi si vuole proiettare stiamo pensando di mescolarlo a altro, come se ci fossero almeno quattro film diversi, abbiamo moltissime ore di immagini. La tecnologia ci dà moltissime possibilità, è una base infinita. Perché non avventurarcisi? Aggro Dr1ft lo abbiamo presentato in discoteche o strip clubs, questo è stato fatto anche con immagini “reali”, di gente che conosco, e che ho messo nel film».
C’È UNA PICCOLA «cornice» narrativa in Baby Invasion: la programmatrice del gioco spiega che le è sfuggito di mano provocando una violenza terribile e impensabile. Le gang dei «bambini» colpiscono e si filmano, riproducono in tempo reale, i commenti di chi guarda scorrono frenetici come le visualizzazioni da ogni luogo e in ogni lingua del pianeta. «È l’apocalisse dei ricchi» scrive uno.
C’è una voce, quasi una preghiera, un mantra che nell’over dà uno strano effetto di straniamento, parla di creature fantastiche – un coniglio e la sua corsa nella morte – mescola horror, installazione, «home invasion», mostri e killer in un tempo narrativo di ripetizione, che si espande e si contrae, che oscilla in un’atmosfera ipnotica, che spiazza la percezione nella grana dei colori e di una distorsione verissima nella sua finzione. La pratica artistica che espande il film a altri spazi è parte della ricerca nella videoarte e in quei filmmaker che hanno ridefinito spesso le geometrie dei loro lavori portandole appunto a una fruizione che non è quella della sala. Qui l’oggetto di questo immaginario – che come spiega Korine si riferisce ai videogiochi in particolare – può funzionare anche sullo schermo ma contiene in sé, quasi come dichiarazione poetica la distanza da ciò che è il film – più convenzionalmente inteso.
DI CERTO il regista di Spring Breakers è stato sempre un autore che ha spinto al massimo dell’allenamento con sé stesse – e oltre i propri codici – le sue immagini (e le storie che vi prendevano vita). Violenza, fascinazione, voyeurismo, reale e sua traduzione in altro: c’è molto nelle piste disseminate da Korine. «È molto eccitante impadronirsi delle tecnologie, capirle, metterle alla prova in un progetto che ti corrisponde. Oggi moltissimi talenti che avrebbero lavorato nell’industria cinematografica scelgono quella del videogame, soprattutto i più giovani. Penso che le modalità convenzionali del cinema stiano esaurendosi, il cinema non è più la forma d’arte dominante, non dico tutti i film, ma molti. Non mi interessa pensare a un film tradizionale, a una storia, che pure qui c’è in qualche modo. Le mie idee, la mia ispirazione trova in questi terreni una risposta». La violenza, per esempio, che l’astrazione restituisce nella sua complessità, dentro e fuori il gioco. «Baby Invasion è un horror, ma vivere oggi in America fa sentire questa violenza in modo netto, e con grande chiarezza».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento