Hamas non paga gli stipendi, è protesta a Gaza
Territori palestinesi La popolazione non è convinta che la crisi sia frutto solo del blocco israeliano e del ritardo delle donazioni qatariote
Territori palestinesi La popolazione non è convinta che la crisi sia frutto solo del blocco israeliano e del ritardo delle donazioni qatariote
Da forza di opposizione Hamas conquista consensi tra i palestinesi in Cisgiordania, a danno dell’Anp di Abu Mazen che, al contrario, continua a perdere sostegni. Però nella sua roccaforte Gaza dove è anche un apparato di governo, il movimento islamico è oggetto di critiche e contestazioni crescenti. Il ministero delle finanze di Hamas non è ancora riuscito a versare gli stipendi ai circa 50mila dipendenti pubblici, a causa di un ritardo nell’erogazione del sussidio mensile di circa 30 milioni di dollari che riceve dal Qatar. A ciò si aggiungono la diminuzione delle entrate fiscali e un aumento delle spese. È la rovina per decine di migliaia di famiglie, già costrette da anni a ricevere mediamente solo 1200 shekel (circa 300 euro), ossia metà dello stipendio. E parliamo di impiegati ministeriali e di membri della polizia. Altri 200mila palestinesi di Gaza, poverissimi, non riceveranno più neanche gli aiuti alimentari del Wfp poiché l’agenzia dell’Onu è in deficit per la riduzione delle donazioni internazionali.
Non è la prima crisi salariale che si registra a Gaza, lembo di terra senza una economia a causa dell’occupazione, dal 2006 soggetto a un blocco rigido da parte di Israele e teatro di guerre devastanti e sanguinose. Quest’ultima crisi però ha scatenato una quantità insolita di polemiche e critiche sui social media, espresse in alcuni casi anche da militanti di Hamas. Ammar Q. sul suo account Facebook ha commentato che «Se le autorità responsabili non sono in grado di erogare gli stipendi regolarmente, allora devono riconsiderare le loro politiche e il numero alto dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione». Per l’insegnante Hussam S., il ritardo degli stipendi sarebbe «una manovra del governo per negare i diritti dei lavoratori». Muhammad S. facendo riferimento alle analoghe difficoltà dell’Anp in Cisgiordania, ha scritto che la crisi è «Il risultato di 16 anni di divisione (tra Gaza e Cisgiordania): due governi di incapaci che non sono in grado di pagare stipendi pieni o puntuali ai propri dipendenti».
La maggior parte dei 2,3 milioni degli abitanti di Gaza vive in povertà. Il Qatar ha erogato centinaia di milioni di dollari dal 2014 per progetti infrastrutturali e oltre ai 30 milioni di dollari per il lavoro pubblico, copre con suoi fondi anche l’acquisto (in Israele) del carburante per la centrale elettrica. «Stiamo facendo sforzi significativi per pagare gli stipendi e speriamo di poterlo fare entro una settimana», ha assicurato Awni Al Basha, viceministro delle finanze, ai microfoni radio Aqsa di Hamas. Pochi gli credono mentre girano varie voci sul ritardo della donazione del Qatar, interessato secondo alcuni cittadini a ricordare ad Hamas che dipende dai suoi fondi e che deve restare calmo.
Vero o falso che sia, dall’inizio del 2023 è iniziato il ritardo nel pagamento degli stipendi a Gaza. Non solo. Il debito di Hamas con le banche è cresciuto dopo l’ottenimento di un prestito da circa dieci milioni di dollari ricevuto dalla Banca nazionale islamica, mentre sale il prezzo della benzina egiziana che sino ad oggi ha permesso di tenere basso il costo dei trasporti a Gaza. Di recente il governo di Hamas ha anche dovuto acquistare medicinali e saldare debiti con aziende farmaceutiche per 50 milioni di shekel (oltre 12 milioni di euro). Il viceministro Awni Al Bashar ha invitato la comunità internazionale cessare il boicottaggio. La popolazione non è convinta che la crisi sia frutto solo del blocco israeliano e del ritardo delle donazioni qatariote. «Ogni mese decidono una nuova tassa» si lamenta Sabri K., un commerciante «paghiamo anche l’aria, dove finiscono tutti questi soldi?».
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