I comandi militari e di intelligence israeliani, e con essi il governo Netanyahu, ribadivano ancora ieri che le 48 ore di raid aerei, distruzioni di infrastrutture, dozzine di arresti e l’uccisione nel campo profughi di Jenin di 12 palestinesi, alcuni dei quali minori o civili, compiuti dai reparti speciali dell’esercito, hanno ristabilito la «deterrenza» nel nord della Cisgiordania. In sostanza avrebbero inferto un colpo così duro ai gruppi armati palestinesi da ridurre al minimo la loro capacità di colpire militari e i coloni. Osservando ciò che accade invece si ha netta la percezione che le forze israeliane facciano sempre più fatica a controllare il territorio e contenere la lotta armata palestinese.

Che la Cisgiordania, sotto occupazione militare israeliana dal 1967, assomigli ormai alla Striscia di Gaza durante la seconda Intifada (2000-2005), lo ha confermato l’attacco compiuto ieri da un militante di Hamas nei pressi della colonia di Kedumim. Ahmed Ghadian, 19 anni, è stato in grado di preparare e realizzare un agguato mortale a un soldato parte della sicurezza dell’insediamento insospettito dalla sua presenza, prima di essere colpito a morte a sua volta. I 150 palestinesi – 25 gli israeliani – uccisi dall’inizio dell’anno non hanno fatto altro che spingere un numero crescente di giovani ad unirsi ai gruppi armati. Fallita ogni ipotesi di soluzione politica e negoziata, svanita la soluzione a Due Stati (Israele e Palestina) a causa dell’espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania, i palestinesi credono che la lotta armata sia l’unica strada per mettere fine all’occupazione militare. «Israele comprende solo la forza» ripetevano in questi giorni nelle strade del campo profughi di Jenin fatte a pezzi dalle ruspe dell’esercito.

Una situazione in cui pochi comprendono la posizione di retroguardia scelta dall’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen. Hamas ne ha compreso la debolezza e per questo esce allo scoperto anche in Cisgiordania per conquistare consensi. Il movimento islamico ieri ha rivendicato l’attacco a Kedumim. Di solito si limita ad approvare questo tipo di azioni senza attribuirsele apertamente. In questo clima si aggrava lo scontro tra Fatah, il partito guidato da Abu Mazen, e Hamas. Fatah ha condannato con parole di fuoco la pesante contestazione subita mercoledì a Jenin dal suo numero due, Mahmoud  Al Aloul, cacciato via dalla folla. Un protesta che ha attribuito ai «creatori di divisioni» (i leader di Hamas).

Intanto cresce lo sdegno palestinese per la decisione di una corte israeliana di assolvere un agente di polizia dall’accusa di omicidio volontario, il 30 maggio del 2020, di Iyad Al Hallaq, un giovane disabile, disarmato, fuggito per paura all’intimazione di alt nella città vecchia di Gerusalemme. I giudici hanno accolto la tesi secondo cui il poliziotto ha sparato ad Al Hallaq perché «certo di avere di fronte un terrorista». Il ministro ultranazionalista Itamar Ben Gvir ha descritto come un «eroe» il poliziotto assolto.