Haftar in stallo bombarda i suoi ex deputati
Libia Il generale vola a Mosca, infastidita dalle ultime mosse dell'alleato che prima stacca l'acqua a Tripoli e poi lancia un raid sull'hotel che ospitava i parlamentari "secessionisti" di Tobruk
Libia Il generale vola a Mosca, infastidita dalle ultime mosse dell'alleato che prima stacca l'acqua a Tripoli e poi lancia un raid sull'hotel che ospitava i parlamentari "secessionisti" di Tobruk
Mosca è preoccupata per gli sviluppi della situazione in Libia e attende nelle prossime ore l’arrivo del generale Haftar, al quale seguirà i primi di giugno l’inviato Onu Ghassam Salamè a colloquio con il ministro degli Esteri Lavrov.
A preoccupare la Russia non è solo la situazione militare sul terreno che non premia l’Esercito nazionale libico – le truppe della Cirenaica che il 4 aprile hanno lanciato l’offensiva per la conquista della capitale – e che ieri, per bocca del comandante Salam al Hassi, ha dovuto smentire la ritirata dai sobborghi meridionali, quanto la scelta degli obiettivi degli ultimi raid aerei dell’alleato.
Come se, mentre il tempo scorre e l’offensiva resta impantanata, il generale e il suo stato maggiore avessero perso di vista l’obiettivo dichiarato – e ripetuto in queste ore – di «non voler danneggiare i civili» e «colpire solo le milizie islamiste» per poi «andare a elezioni».
Ieri all’alba i bombardamenti hanno colpito l’hotel Rixos nel centro di Tripoli, sede provvisoria di un gruppo di deputati che una decina di giorni fa aveva deciso di continuare a riunirsi a Tripoli non essendo più possibile recarsi a Tobruk, in Cirenaica, dove in effetti ha sede l’unico parlamento eletto, nel 2014, che da allora poco o niente è riuscito a legiferare sotto la ferrea guida dell’anziano presidente Aguila Saleh, grande sponsor di Haftar.
Le foto diffuse dal ministero dell’Interno del premier Serraj mostrano la distruzione della saletta con il tavolo ovale e la moquette, le finestre in frantumi. Anche se l’edificio era vuoto e nessuno si è fatto male, il governo di accordo nazionale parla di «un nuovo crimine di guerra».
La cinquantina di deputati che all’inizio di maggio si era sottratta al controllo di Aguila Saleh, aveva appena deciso di ripristinare quattro commissioni parlamentari e di riprendere i contatti internazionali. Niente di rivoluzionario, nessun giuramento della Pallacorda, ma l’iniziativa aveva molto infastidito i circa 70 deputati rimasti a Tobruk, che in una nota avevano accusato i secessionisti di essersi messi al servizio delle «milizie islamiste e incostituzionali» di Tripoli.
L’altro blitz che pur non facendo morti ha sicuramente appannato l’immagine di Haftar è stato quello che sabato scorso ha interrotto le condotte del Grande fiume artificiale che riforniscono di acqua potabile Tripoli, città da tre milioni di abitanti.
L’erogazione dell’acqua fossile che dal sud desertico, tramite la più grande opera pubblica dell’epoca di Gheddafi, raggiunge la capitale, è stata ripristinata solo mercoledì sera. E anche l’interruzione dell’acqua è stata attribuita a milizie vicine all’Lna, senza smentite.
Ieri pomeriggio, al conteggio aggiornato dall’Oms di 510 morti, si è dovuto aggiungere il terzo medico nella ventina di civili finora rimasti uccisi. L’ambulanza su cui prestava servizio per cercare di soccorrere i feriti – quasi 2.500 in 50 giorni di guerra – è stata centrata in pieno dagli spari. E in serata, per cause da accertare, un incendio è scoppiato nella clinica della Noc, la compagnia energetica statale, a Gargour, sud-ovest di Tripoli, nell’area degli scontri.
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