Guerra ucraìna, l’unica vittoria possibile è quella della pace
Illustrazione Ikon Images
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Guerra ucraìna, l’unica vittoria possibile è quella della pace

La via maestra Oggi in piazza contro il sanguinoso conflitto in corso e sulla "via maestra" della costituzione che rifiuta la guerra come mezzo di risoluzione delle crisi internazionali. L’Europa, che in 20 mesi di guerra non ha avanzato proposte di negoziato, è ferma - in stallo come le offensive - sull’idea pericolosa della vittoria finale sul campo militare
Pubblicato 12 mesi faEdizione del 7 ottobre 2023

Eccoci alla settimana di mobilitazione internazionale, promossa dai rappresentanti di 43 nazioni presenti alla conferenza di Vienna del giugno scorso, per chiedere il cessate il fuoco e la soluzione politica della guerra in Ucraina. Ed eccoci di nuovo a Piazza san Giovanni con la guerra in corso.

20 mesi di guerra senza che l’Europa abbia avanzato una proposta di negoziato è inaccettabile e fuori da ogni logica di politica, economica e di rispetto dei principi e valori fondanti della convivenza tra popoli e nazioni uscite dalle due guerre mondiali del secolo scorso.

I governi degli stati membri hanno intrapreso, senza alcuna riflessione e dubbio, la corsa al riarmo ed alla guerra contro un autocrate, già responsabile di guerre, di ambizioni neo-imperialiste e di eliminare fisicamente oppositori e giornaliste, ma fino a ieri socio d’affari e partner di alleanze spericolate, oggi diventato nemico assoluto, da abbattere, anche a rischio di scatenare una guerra nucleare.

Oltre 300mila morti ed un numero simile di feriti, 18 milioni di esuli e sfollati interni, oltre 150 miliardi spesi in aiuti militari e di sostegno al bilancio ucraino, inflazione, aumento delle materie prime ed energetiche e dei cereali in tutto il mondo e se non bastasse un disastro ambientale 300mila ettari di foresta bruciati, tonnellate di CO2 emesse, rete nazionale di energia rinnovabile distrutta, milioni di mine disseminate su decine e decine di Km2, fiumi e coste contaminate, porti distrutti. Un conto salatissimo che paga la popolazione ucraina ma che paghiamo tutti mentre, l’industria bellica moltiplica profitti e c’è già chi pensa a come approfittare delle commesse che arriveranno con la ricostruzione, un affare da mille miliardi di dollari.

Nonostante tutto ciò, l’Europa è ferma, ingessata sulla posizione della pace giusta, che ha come premessa il ritiro russo dai territori ucraini o la vittoria finale sul campo militare. Quindi guerra, morti, distruzione, disastri ad oltranza, costi quel che costi, fino a quando Putin non cadrà.

Ma è questa la strada che una società fondata sul ripudio della guerra, sulla carta delle Nazioni Unite e tutto ciò che ne è derivato in termini di dichiarazioni, convenzioni, patti per costruire pace, benessere e sicurezza per l’intera umanità e per il pianeta, deve percorrere?

Mentre, il resto del mondo, con il Vaticano in prima fila, si ingegna a presentare proposte di negoziato e ad organizzare conferenze, alleanze e visite a Mosca ed a Kijv, gli stati membri e le istituzioni europee sono a far gara a chi è il partner più fedele ed affidabile dell’Alleanza Atlantica, rinunciando ad avere una soggettività politica propria ed una visione dell’Europa del futuro, dove sia la Russia che l’Ucraina ne debbono far parte. Abbiamo preso una via sbagliata.

L’unica vittoria possibile è quella della pace e della costruzione della sicurezza comune, come aveva proposto e costruito Olof Palme, in piena guerra fredda, con la commissione che tra il 1971 e 75, con la conferenza di Helsinki, diede vita all’Organizzazione per la Cooperazione e per la Sicurezza Europea.

Non vi è altra strada. E non si può pensare di invocare la pace se non si è disponibili ad aprire gli occhi e quindi accettare di vedere ciò che sta succedendo nel mondo ed a casa nostra: la crisi del sistema, il passaggio da una crisi all’altra, l’assenza di una proiezione della nostra società sul lungo periodo e quindi, la crescita del negazionismo (ambientale, storico, sanitario..), dei nazionalismi, della criminalizzazione della solidarietà, la crisi delle nostre democrazie e la distruzione del pianeta.

Se l’obiettivo è “……. una società che utilizza solamente energie rinnovabili e quindi decentrate e alla portata di tutti, che riduce al minimo il prelievo di materie prime non rinnovabili, che si difende con la Difesa civile popolare e nonviolenta, che valorizza il decentramento amministrativo in una logica di non lasciare nessuno indietro, che garantisce a tutti i popoli e a tutte le generazioni future una vita dignitosa che soddisfa i bisogni fondamentali degli esseri viventi.” come scritto nel documento post-assembleare della Rete italiana Pace e Disarmo, allora la strada da prendere è la via maestra che ci porta alla nostra costituzione, ad unire le piattaforme ed a esplicitare che l’impegno per la pace è parte integrante della proposta politica che la società civile chiede a chi assume responsabilità di rappresentanza politica e di governo.

Il 7 ottobre significa questo. Insieme per i diritti fondamentali, per le libertà, per la sicurezza comune, per la democrazia, per la pace.

* CGIL- Rete italiana Pace Disarmo – Europe for Peace

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