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Guerra nel Tigray, sì ai negoziati in Sudafrica

Guerra nel Tigray, sì ai negoziati in SudafricaSoladti etiopi a Mekele, nel Tigray – Ap

Etiopia Il 23 agosto sono riprese le ostilità dopo 5 mesi di tregua. Tre giorni fa un attacco a una scuola che ospitava sfollati interni ha fatto 50 vittime

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 7 ottobre 2022

L’Etiopia riparte dal Sudafrica. La guerra che da quasi tre anni vede impegnato il governo centrale contro la regione ribelle del Tigray giunge ad un nuovo tentativo di riconciliazione. Il conflitto che coinvolge anche l’esercito eritreo viene considerato «il più mortale del mondo» e nello stesso tempo il meno raccontato. Secondo Cameron Hudson, analista ed ex capo degli affari africani per il Consiglio di sicurezza nazionale degli Usa, «questa è la nuova Grande Guerra d’Africa .È confermata la presenza di forze che, volontariamente o meno, stanno combattendo in questo conflitto dagli stati vicini: Eritrea, Somalia e Sudan e ora segnali crescenti che anche forze provenienti da Ciad, Niger e Libia potrebbero giocare un ruolo».

I COMBATTIMENTI sono ripresi lo scorso 24 agosto dopo una tregua di 5 mesi. Non è stato chiarito quale delle parti in conflitto ha attaccato e perché, ma la violenza è stata intensa. Il 4 ottobre è stata bombardata una scuola nella città di Adi Daero che ospitava sfollati da altre aeree del conflitto causando la morte di 50 persone e ferendone 70. Secondo uno degli operatori umanitari la scuola era in un elenco di siti che ospitavano sfollati interni di cui l’Onu aveva dato comunicazione al governo etiope. I sopravvissuti hanno raccontato di aver sentito un rumore che ricordava quello di un drone. L’Etiopia in questi due anni di guerra avrebbe acquistato a più riprese droni sia dalla Turchia che da Emirati Arabi e Iran mentre il governo del Tigray avrebbe acquistato armi guidate anticarro.
Secondo Hudson «è strano che per questa guerra non si sia discusso di un embargo sulle armi per tutte le principali parti in conflitto». La guerra sembra essere una forza latente che tutti i contendenti dichiarano di respingere, ma poi ne vengono sovrastati come se fosse qualcosa di indipendente dalla loro volontà.

Entrambe le parti avevano precedentemente affermato di essere pronte a partecipare ai colloqui mediati dall’Unione africana, ma i combattimenti sono continuati. Con l’effetto, non secondario, di carenza di cibo, carburante, medicinali e altri rifornimenti di emergenza. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni unite ha dato l’allarme sulla costante malnutrizione già prima che gli ultimi combattimenti interrompessero le consegne degli aiuti.

LA BUONA NOTIZIA è che la parti in conflitto hanno accettato l’invito dell’Unione africana a partecipare ai colloqui di pace in Sudafrica. Redwan Hussein, consigliere per la sicurezza nazionale etiope ha dichiarato che il governo «ha accettato questo invito che è in linea con la nostra posizione di principio in merito alla risoluzione pacifica del conflitto e alla necessità di avere colloqui senza precondizioni». Anche il governo regionale del Tigray si è detto disposto a partecipare ai colloqui, chiedendo un immediato cessate il fuoco come prerequisito sostanziale. I negoziati saranno guidati da Olusegun Obasanjo, l’Alto rappresentante dell’Ua per il Corno d’Africa, insieme all’ex presidente del Kenya Uhuru Kenyatta e all’ex vicepresidente sudafricano Phumzile Mlambo-Ngcuka. Intanto i soldati fuggiti oltre confine raccontano ai giornali di violenze spaventose: «Dopo un colpo di artiglieria, quelli erano diventati un misto di arti e cervelli schizzati, ma non festeggi; ti senti solo sollevato perché avresti potuto essere tu. La guerra è così». Che la rainbow nation aiuti l’Etiopia.

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