Guerra ibrida dei dispositivi sostituiti e truccati
Libano La lunga filiera che porta alle esplosioni dei cercapersone, e poi dei walkie-talkie. «La distanza fra le detonazioni causa un profondo stress psicologico nei bersagli»
Libano La lunga filiera che porta alle esplosioni dei cercapersone, e poi dei walkie-talkie. «La distanza fra le detonazioni causa un profondo stress psicologico nei bersagli»
Non è stato un attacco informatico, bensì una complessa operazione di spionaggio e lavoro sotto copertura ad aver prodotto una vera e propria strage causata dall’esplosione di cercapersone e ricetrasmittenti in dotazione a Hezbollah, tra la mattina e il pomeriggio di ieri.
FIN DALL’INIZIO agli esperti di cybersecurity era chiaro che nessun virus informatico potesse produrre un simile effetto, magari facendo surriscaldare le batterie dei dispositivi. Prima di tutto perché queste avrebbero preso fuoco piuttosto che esplodere e, in seconda istanza, perché chi le aveva addosso avrebbe sentito il calore prima della detonazione. Un altro dettaglio ha corroborato l’analisi: tutti i cercapersone sono esplosi contemporaneamente, lasciando pensare all’innescarsi di un detonatore e non al deterioramento improvviso di una batteria che può avvenire in modi e tempi diversi. Fotografie e video nel corso della giornata hanno confermato la presenza di materiale esplosivo all’interno dei dispositivi stessi, verosimilmente nascosto fin da quando sono usciti dalla fabbrica e in attesa di un segnale che li facesse esplodere.
Secondo fonti statunitensi riportate da Axios, il momento è arrivato quando Israele ha iniziato a temere che l’operazione potesse essere scoperta. Piuttosto che vedersela bruciare, aggiunge la testata, si è preferito far detonare le cariche, con esecuzioni a casaccio che hanno inevitabilmente coinvolto i civili che sostavano nel raggio di azione delle esplosioni. Un video pubblicato in serata mostra due tecnici di un centro di riparazione di telefonini: probabilmente il cercapersone di un membro di Hezbollah era stato lasciato per una riparazione, quando è esploso sul bancone, facendo fuggire i malcapitati.
QUELLO CHE È CHIARO e che tutti gli esperti di forniture militari confermano è che una simile operazione non può essere organizzata in poche settimane. Questo metterebbe sotto una luce diversa le prime voci secondo le quali Hezbollah avrebbe deciso di adottare i cercapersone dopo il 30 luglio scorso, quando il comandante dell’organizzazione Fuad Shukr è stato localizzato da Israele proprio grazie a una telefonata e poi assassinato. Se pure l’acquisto dei cercapersone fosse avvenuto tra agosto e settembre, la produzione e ingegnerizzazione dei dispositivi deve essere maturata prima.
«È possibile che la stessa idea di procurarsi dei cercapersone sia stata suggerita nell’ambito di un’operazione israeliana di controspionaggio», spiega al manifesto un produttore di strumenti per le telecomunicazioni militari: «Arrivati a quel punto, si è solo dovuta organizzare la spedizione, che mi sembra il meno banale dei nodi da sciogliere in questa vicenda», aggiunge l’esperto: «I controlli di dogana e aeroportuali sono strettissimi sui dispositivi elettronici, tanto più se questi sono dotati di batterie, per le quali è richiesta al produttore una copiosa documentazione. Poi ci sono i controlli: anche i meno sofisticati sono in grado di accertare la presenza di esplosivi».
Il principale sospettato al momento è il tetranitrato di pentaeritrite (o Petn), un esplosivo noto per la sua capacità di eludere alcuni tipi di controlli. «Ogni dispositivo sembra aver avuto tra i 10 e i 20 grammi di Petn – aggiunge l’esperto – e per quanto in piccole quantità sia difficile da rilevare, sembra impensabile che un carico di cercapersone abbia potuto viaggiare tra vari paesi senza essere notato. Quante persone hanno dovuto collaborare per far sì che succedesse?».
«PER SETTIMANE Hassan Nasrallah ha chiesto alla sua organizzazione di passare a tecnologie meno sofisticate ritenendole più sicure» spiega Stefano Mele, avvocato e responsabile del Dipartimento Cybersecurity & Space Law dello studio legale Gianni & Origoni: «La sensazione è che a Israele sia bastato aspettare il momento giusto per sostituire intere partite di dispositivi con quelli modificati per esplodere».
È così che si delinea una nuova frontiera della guerra ibrida, dove tecnologie belliche consolidate fanno spazio a soluzioni spericolate usate per causare terrore e insicurezza. «Non sappiamo perché le ricetrasmittenti abbiano iniziato a esplodere ore dopo i cercapersone, ma certo questa distanza temporale ha l’effetto di causare un profondo stress psicologico nei bersagli, che a questo punto guarderanno con sospetto qualunque dispositivo gli passi a portata».
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