Guerra fredda 2.0, gli Usa fuori dall’accordo nucleare
Corsa al riarmo Washington accusa il Cremlino di decine di violazioni, sospende l’intesa del 1987 con Mosca e incassa l’appoggio della Nato. Il trattato Inf aveva permesso di distruggere migliaia di missili nucleari in territorio europeo
Corsa al riarmo Washington accusa il Cremlino di decine di violazioni, sospende l’intesa del 1987 con Mosca e incassa l’appoggio della Nato. Il trattato Inf aveva permesso di distruggere migliaia di missili nucleari in territorio europeo
Dopo averlo ventilato per mesi, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato il ritiro degli Usa dall’Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, il trattato sulle armi nucleari, pietra miliare della fine della guerra fredda, firmato l’8 dicembre 1987 dall’allora presidente americano Ronald Reagan e dal russo Mikhail Gorbaciov. Portò alla distruzione di 2.692 missili, 846 americani e 1.846 russi.
«La Russia ha violato senza scrupoli per anni il trattato sulle armi nucleari e non ha mostrato alcun serio impegno nel volerlo rispettare – ha detto Pompeo – Siamo ancora pronti e disponibili a impegnare Mosca sul fronte del controllo delle armi nucleari».
Secondo Pompeo, Mosca avrebbe violato l’accordo in oltre 30 occasioni, ma – ha aggiunto – ci vorranno sei mesi prima che il ritiro Usa dal trattato entri in vigore. In questo arco di tempo si potrebbe lavorare a «una nuova intesa». Ha poi concluso: «La forza e l’unità dell’Alleanza atlantica sono la chiave della sicurezza internazionale. Gli Stati uniti sperano di riportare le relazioni con la Russia su un binario migliore, ma spetta alla Russia cambiare rotta rispetto a un modello di attività destabilizzante non solo su questo tema ma anche su molti altri».
Russia e Stati uniti sono gli unici due attori del trattato, ma incidono in modo significativo sulla sicurezza europea: i missili coperti dall’accordo bilaterale possono volare tra le 310 e le 3.100 miglia, una minaccia per l’Europa, dove gli alleati Usa hanno sostenuto all’unanimità la decisione degli Stati uniti, anche se considerano i loro prossimi passi e ammettono di essere poco o per niente ottimisti sul fatto che il trattato possa essere salvato.
In una dichiarazione, la Nato ha detto che gli alleati dell’America «appoggiano pienamente» la decisione a causa della minaccia della Russia alla sicurezza euro-atlantica e del suo rifiuto di fornire qualsiasi risposta credibile o di compiere passi verso una piena e verificabile conformità. E hanno esortato la Russia a usare i prossimi sei mesi per preservare il trattato.
«Ci stiamo dirigendo verso una direzione in cui non andavamo da 40 anni: nessun limite di controllo degli armamenti o regole seguite da entrambi, e questo è molto pericoloso», ha detto Lynn Rusten, alto dirigente per il controllo degli armamenti e la non proliferazione presso il Consiglio di Sicurezza nazionale durante l’amministrazione Obama e ora vicepresidente della Nuclear Threat Initiative. E non è stato l’unico a dirsi molto preoccupato per questa inversione verso il passato.
Gli specialisti del controllo degli armamenti hanno affermato che senza il trattato gli Stati uniti potrebbero trasferire i sistemi missilistici in Europa o in Asia, dove i missili Usa a medio raggio convenzionali si ritroverebbero vicini a navi cinesi e isole artificiali militarizzate per difendere, in un conflitto, parti del Mar Cinese orientale e del Mar Cinese meridionale, alimentando ulteriori tensioni e una serie di reazioni a catena.
Se i repubblicani, dopo alcuni dubbi iniziali e qualche flebile voce contraria subito rientrata sono solidali e d’accordo con il presidente, i democratici affermano che strappare il trattato è il modo sbagliato di indirizzare la Russia (o la Cina) verso un ordine del trattato più sensibile alle armi e alle minacce moderne.
«L’amministrazione Trump sta rischiando una corsa agli armamenti e minando la sicurezza e la stabilità internazionali», ha sintetizzato la presidente della Camera Nancy Pelosi. «La sfacciata noncuranza della Russia verso questo trattato è profondamente preoccupante – ha scritto Pelosi – ma scartare un pilastro chiave della nostra struttura per la non proliferazione della sicurezza, crea rischi inaccettabili. L’amministrazione nei prossimi sei mesi dovrebbe esplorare ogni sforzo diplomatico possibile e lavorare a stretto contatto con gli alleati della Nato, per evitare di spingere gli Stati uniti in una pericolosa competizione di armi».
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