Guerra di «verità» e aiuti impossibili nel Tigray
Etiopia Il premier Abiy Ahmed: «La cricca criminale del Tplf è allo sbando, offensiva finita». Ma per le Nazioni unite «la regione resta troppo pericolosa per inviare convogli umanitari»
Etiopia Il premier Abiy Ahmed: «La cricca criminale del Tplf è allo sbando, offensiva finita». Ma per le Nazioni unite «la regione resta troppo pericolosa per inviare convogli umanitari»
Ogni guerra, si potrebbe dire parafrasando Hannah Arendt, non restituisce verità ma ricompone poteri. Oltre che militare quella del Tigray è una battaglia a colpi di «verità». La più significativa ripresa da tutti i media internazionali è la dimensione delle forze militari del Tigray People’s Liberation Front (Tplf): 250mila combattenti secondo la Bbc (27 novembre) sull base forse di un report dell’International Crisis Group dove si parla di 250 mila «troops combined».
Ma «truppe miste» fa pensare, oltre a militari di professione e forze di polizia, anche alle cosiddette milizie di comunità che per dirla con le parole di una reporter della Reuters «sono contadini in ciabatte con un kalashnikov». Diversamente verrebbe da chiedersi dove sono questi 250.000 combattenti? Se fossero stati ad effettiva protezione di Makallè la città non avrebbe ceduto all’esercito federale etiope senza colpo ferire. La Reuters riporta un’intervista a un medico secondo il quale sarebbero morte 27 persone a Makallè nei combattimenti tra truppe federali e il Tplf. Ma per il primo ministro Abiy Ahmed non sarebbe morto nessun civile. D’altra parte può essere presa in considerazione la versione di Getachew Reda del Tplf che sempre alla Bbc ha detto che le forze tigrine «si sono intenzionalmente ritirate» dalla città.
Quindi nessuno scontro? I leader del Tplf sostengono di combattere ancora su vari fronti intorno alla città, ma il governo etiope nega e ripete che «l’offensiva è finita». Il premier ha sostenuto in una nota che «la cricca criminale ha portato avanti una narrazione palesemente falsa secondo la quale il Tplf ha combattenti temprati e ben armati in grado di portare avanti un’offensiva prolungata nel Tigray che si sono ritirati in senso strategico. La realtà è che la cricca è completamente sconfitta e allo sbando, senza nessuna capacità di organizzare un’insurrezione prolungata».
Resta il fatto che nella regione permane una condizione di insicurezza e i funzionari dell’Onu hanno spiegato alla Reuters che «la regione è ancora troppo pericolosa per inviare convogli umanitari». Per il segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres è «essenziale ripristinare rapidamente lo stato di diritto e i diritti umani, promuovere la coesione sociale e una riconciliazione inclusiva, nonché fornire i servizi pubblici e garantire un accesso umanitario senza restrizioni». Il governo etiope afferma che, con il ripristino della pace, le sue priorità sono il benessere dei Tigray e il ritorno dei rifugiati.
Si potrebbe affermare che la verità è una bugia che non è stata ancora raccontata, ma per i 50 mila che sono fuggiti in Sudan, i 600 mila che facevano affidamento (prima della guerra) sugli aiuti alimentari e per i due milioni che hanno oggi bisogno di assistenza fa poca differenza, quando il primo e l’ultimo istinto dei viventi bussano alla pancia dei tuoi figli.
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