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Grillo intervenne per aiutare Onorato ma per i giudici di Milano non fu reato

Grillo intervenne per aiutare Onorato ma per i giudici di Milano non fu reato/var/www/ilmanifesto/data/wordpress/wp content/uploads/2014/11/27/28prima foto aleandro biagianti beppe grillo3

Il caso Archiviata l'inchiesta sul caso Moby. Il gip accoglie la richiesta dei pm: il comico non era un pubblico ufficiale

Pubblicato circa un mese faEdizione del 10 ottobre 2024

Ci fu un «intervento perentorio», ma non una «mediazione illecita», quindi non si può parlare di traffico di influenze illecite per la vicenda che vede coinvolti Beppe Grillo e Vincenzo Onorato, capo del gruppo Moby. Il provvedimento, dunque, è di archiviazione: quanto successo non configura alcun reato. Così aveva detto la procura di Milano lo scorso giugno e così ha infine stabilito il gip Mattia Fiorentini.

I fatti risalgono a qualche anno fa, tra il 2018 e il 2019, quando il M5s era al governo: Onorato, secondo quanto ricostruito dalla procura milanese, aveva chiesto aiuto a Grillo, suo amico di antica data, per venir fuori dalla crisi finanziaria dell’azienda. E il comico genovese in effetti si impegnò a mobilitare quelle che allora erano le sue truppe (o quantomeno le truppe che lo consideravano un po’ leader politico e un po’ guida morale). C’è un messaggio, datato 30 luglio 2019 e messo agli atti dai pm, in cui Grillo si rivolge a Onorato in maniera piuttosto chiara: «Vincenzo, ho attivato Luigi e Toninelli (allora ministro delle Infrastrutture, ndr). Vediamo cosa dicono». Nelle carte dei pm era finito anche Stefano Patuanelli, pure lui ministro all’epoca dei fatti. L’oggetto del contendere era lo sblocco di un pagamento di 62 milioni di euro a Cin, divisione del gruppo Moby.

Nello stesso periodo il blog di Beppe Grillo aveva ricevuto da Onorato 240.000 euro, «apparentemente come corrispettivo di un accordo di partnership avente a oggetto la diffusione su canali virtuali (come il blog dell’ex comico) di contenuti redazionali del marchio Moby», come scrissero i pm Cristiana Roveda e Maurizio Romanelli. «L’entità egli importi versati o promessi da Onorato», proseguivano gli inquirenti, però era caratterizzata da una certa «genericità delle cause dei contratti». Da qui l’iniziale ipotesi di traffico d’influenze, poi archiviata anche alla luce di considerazioni giurisprudenziali fatte in procura. Non sfugge, infatti, che parliamo di un reato che il governo Meloni si appresta a cancellare dal codice penale. . E poi, nonostante le richieste avanzate da Grillo a nome di Onorato siano state soddisfatte con «sollecitudine», il reato non c’è perché il comico non aveva alcuna qualitica «pubblicisitica», cioè non era un pubblico ufficiale. Dunque non si configurano attività di «mediazione ne illecita o lobbistica». Le accuse, ad ogni modo, sono cadute: «l’intervento perentorio» di Grillo non si può considerare reato.

Per il resto, l’inchiesta per la bancarotta di Cin è finita ieri. Con un patteggiamento. Per le varie vicende fallimentari del suo gruppo, Vincenzo Onorato ha infine raggiunto un accordo a 3 anni e 10 mesi, mentre i suoi figli Achille e Alessandro si sono fermati a due anni (pena sospesa).

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