Quando nel 1961 il Festival di Bayreuth annunciò la distribuzione del Tannhäuser di Wagner diretto da Sawallisch con la regia di Wieland Wagner, la presenza in cartellone di Grace Bumbry nella parte di Venere causò un enorme clamore e anche alcune proteste. Una cantante nera approdava per la prima volta nel teatro simbolo di un’idea dell’opera riservata a un pubblico di bianchi ariani, nel festival che anni prima aveva accolto Hitler con tutti gli onori. Per Grace Bumbry, mezzosoprano statunitense morta a Vienna domenica 7 maggio all’età di 86 anni, la discriminazione però non era una novità né la intimidiva: la sua soggiogante interpretazione, nata dal connubio di una voce torrenziale e della presenza magnetica, esaltata dalle striature dorate di costume e trucco, le valse oltre mezz’ora di applausi. Era la consacrazione a soli 24 anni di una nuova stella della scena lirica.

foto Ap

«SONO STATA la prima quasi dappertutto» amava ripetere Grace Bumbry, certa di non essere smentita. La sua vicenda artistica in effetti prende il via negli anni ‘50, quando un manipolo di fuoriclasse afroamericani, fra cui Leontyne Price, Martina Arroyo, Willim Warfield, Shirley Verrett, comincia finalmente a irrompere nei più grandi teatri in Europa e in Usa. Nata a Saint Louis nel Missouri il 4 gennaio del 1937 Grace Ann Melzia Bumbry cresce in un contesto economico modesto, accesa d’ammirazione per il contralto Marian Anderson. Si forma nel canto alla chiesa metodista e in una corale locale. Basi sufficientemente solide che, unite a un talento naturale evidentissimo, le permettono di vincere a 17 anni un concorso radiofonico e una borsa di studio: la scuola che dovrebbe accoglierla gratuitamente però è segregata e Grace rifiuta le lezioni private offerte come compromesso. Come tanti altri cantanti neri anche Bumbry capisce presto che la strada per il successo passa per la più aperta Europa. Anzi prima ancora che parta è l’Europa a venirle incontro. Un altro concorso alla televisione nazionale le offre un sussidio all’università di Boston e nel 1955 incontra il soprano Lotte Lehmann, celebre interprete di Wagner e Strauss, a sua volta fuggita dalla Germania nazista. Lehmann riconosce il talento della ragazza e diventa sua maestra e mentore.

La redazione consiglia:
James Levine e la magia del MetGrace Bumbry si avvicina così alla liederistica, di cui diventerà un’interprete vivida e sensibile, soprattutto nelle pagine di Brahms, apprezzata in tutto il mondo. Nel 1958 vince le audizioni del Met ma intanto un’altra borsa di studio patrocinata da Jackie Kennedy la porta all’Opéra di Parigi, dove debutta come Amneris in Aida, prima afroamericana a calcare quel palcoscenico. Subito segue l’audizione a Bayreuth con Wieland Wagner e il lancio internazionale. Si aprono le porte di tutti i grandi teatri: con Amneris Bumbry inaugura un felice sodalizio con la Scala di Milano, che la proporrà anche in rarità come l’Incoronazione di Poppea di Monteverdi/Maderna e Jenufa di Janácek, in italiano. Come Eboli nel Don Carlo, una delle sue parti ideali insieme a Amneris, trionfa a Londra e debutta al Metropolitan di New York, dove resterà per decenni la favorita del pubblico. Voce grande e morbida, duttile quanto estesa, Bumbry infrange poi una seconda barriera, quella dei registri vocali, avventurandosi impavida in parti da soprano: dopo il sensazionale successo nel Macbeth di Verdi a Salisburgo trionfa nel 1970 come Salome a Londra.

SENZA apparenti traumi per la sua organizzazione vocale affronta quindi Santuzza, Tosca, Gioconda, Aida, Abigaille, Norma, Leonora nella Forza del Destino e perfino Turandot, cantata anche a Verona nel 1991. L’era d’oro del disco testimonia bene la vocalità esplosiva di mezzosoprano in Verdi e Wagner ma anche la raffinatezza del canto nell’Orfeo di Gluck, nell’opera francese, nel giovanile Messiah di Handel. Il video ci restituisce una Carmen bellissima e ferina, incisa e filmata con Karajan a Salisburgo, vista anche a Roma in uno spettacolo con le famose scene di Guttuso. Negli ultimi anni torna al registro più grave, cantando Baba la Turca nel Rake’s Progress stravinskiano e Clitennestra in Elektra di Strauss. Passata all’insegnamento a fine anni ’90, riappare ancora in scena tra il 2010 e il 2013 in Treemonisha di Joplin e nella Dama di Picche a Vienna. Lo scorso anno era stata festeggiata a Martina Franca, dove un premio aveva celebrato la sua formidabile Norma, cantata al Festival della Valle d’Itria nel 1977.