Politica

Governo Draghi, dite la vostra /4

Governo Draghi, dite la vostra /4Mario Draghi – LaPresse

Il dibattito della community Ci arriva il flusso di una sorgente inesauribile di centinaia di lettere di posizioni, suggerimenti, critiche. È una sfida per la sinistra appoggiare il governo Draghi? Oppure è un immiserimento senza prospettiva lo stare in coalizione con Lega e Fi? Il governo tecnocratico è un valore o una delega fuori dalla democrazia?

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 19 febbraio 2021

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Esserci, e che il Bomba vada…alla Nato

Per non lasciare il governo alle destre, per sostenere e sostanziare l’impegno ambientalista espresso da Draghi, perché solo così si può pensare di orientare a sinistra il programma di governo. Draghi non è Monti, non è un monetarista duro e puro. Quanto al Bomba (Renzi): giusto non farci più affidamento, la quinta colonna del centrosinistra troverà presto la sua logica collocazione nel centrodestra, o alla Nato, ivi accolto con tutti gli onori del caso (ecce bomba!).

Andrea Chinellato

 

È un governo insostenibile

Spettabile redazione de “Il Manifesto”, il discorso programmatico del presidente Draghi al Senato e i profili della maggior parte dei ministri mi fanno ritenere che questo sia un Governo insostenibile dal punto di vista politico, da parte di qualsiasi soggettività che voglia mettere in discussione l’esistente. E una forza politica di sinistra questo dovrebbe fare. Molti analisti intravedono una politica economica basata sul concetto di “distruzione creativa” di schumpeteriana memoria, a cui non corrisponde nessuna evoluzione in senso universalistico del welfare. Ciò provocherà certamente una macelleria sociale a danno di coloro che sono, o saranno, ai margini. A questo punto meglio stare fuori da una maggioranza che si accinge a condividere questa linea e costruire nella società un’ opposizione seria che non si limiti solo a contestare ma a promuovere una visione diversa.

Cristiano Domenico

 

Mattarella ineccepibile ed è saggio partecipare

Per commentare da sinistra il nuovo governo, è necessario rinfrescare la memoria su alcuni fatti antecedenti la sua nascita. 1) nelle elezioni del 2018 la sinistra ha avuto uno dei suoi risultati peggiori in termini di voti e seggi; 2) successivamente la scissione di IV dal PD ha ulteriormente ridotto la rappresentanza parlamentare in seggi; 3) il governo Conte Ter, auspicabile, non si è potuto realizzare perché non esisteva una maggioranza parlamentare certa per sostenerlo. Alla luce di questo, essendo ineccepibile il ragionamento del Presidente Mattarella sulla inopportunità di andare alla campagna elettorale e al voto nella situazione data, la proposta di Draghi come presidente del consiglio è stata un’idea apprezzabile (per le caratteristiche della persona e per la stima e la fiducia che raccoglie in Europa) affidata al giudizio delle forze politiche. Affossare questo tentativo, senza una proposta alternativa plausibile che non fosse il voto, sarebbe stato incomprensibile per i cittadini. Ne consegue che partecipare a questa sorta di Governo di Unità Nazionale sia stata la scelta più saggia (più produttiva dell’astensione), perché sposta il terreno di confronto sulle cose da fare dentro il Governo stesso. Ovviamente, sarebbe auspicabile che la sinistra agisse anche nel Paese, oltre che in Parlamento, per stimolare e contribuire alla nascita di quei movimenti sociali rivendicativi che, soli, possono aiutare a condizionare le scelte di governo. Ma ne sarà capace ? A giudicare anche solo dagli ultimi 3 anni, poco.

Marco Acquistapace, Roma

 

Angoscia e sfiducia per la scelta semi-tecnocratica

Vorrei esprimere la mia angoscia e sfiducia per il nuovo governo semi-tecnocratico guidato da Mario Draghi. In un momento storico in cui i grandi temi sono la salute, il lavoro, la scuola e l’università e l’ambiente mi indigna vedere che non c’è una forza politica di Sinistra al governo che lavori per ricostruire un Paese lacerato da 30 anni di stagnazione economica e neoliberalismo, culminati nella attuale crisi sanitaria, economica e sociale. Al suo posto c’è un governo composto per la maggior parte da conservatori e liberisti, fautori di privatizzazioni e liberalizzazioni.

L’ideologia neoliberale che rimane pervasiva nell’arena politica, imprenditoriale e mediatica italiana continua invece ad ostacolare necessarie misure di riequilibrio quali, tra le altre, la redistribuzione di reddito, la creazione di lavori retribuiti dignitosamente, la riduzione dell’orario di lavoro e la costruzione di un welfare state veramente inclusivo. Le vuote parole del nuovo PdC Draghi al Senato non smentiscono la sensazione che la direzione non cambierà nel segno della giustizia sociale e redistribuzione di ricchezza e di potere. Ripongo il mio ultimo barlume di speranza nei ministri Orlando e Speranza, unici esponenti di sinistra del governo. Concludo ringraziandovi per il vostro lavoro: siete l’unica voce indipendente e di Sinistra in un panorama giornalistico e mediatico che ormai risponde quasi unicamente agli interessi confindustriali e padronali.

Clelia Li Vigni

 

Sui migranti un atto di sottomissione alla Lega

Nella sua replica al Senato il passaggio di Draghi sulle politiche migratorie è stato più un atto di sottomissione alle richieste della Lega, che da anni tratta dell’immigrazione come una questione legata alla “sicurezza”, che non un realistico punto di partenza per un approccio equilibrato nei rapporti con l’Unione Europea.

Infatti Draghi richiama in concreto l’unico punto dell’Agenda europea su cui tutti gli Stati concordano, la politica dei rimpatri forzati, e dunque a questo fine gli accordi con i paesi terzi, ma finge di ignorare che il Piano europeo sulle migrazioni adottato dalla Commissione europea il 23 settembre 2020 non prevede forme obbligatorie di distribuzione dei richiedenti asilo ed è già mera carta straccia dopo che Orban ed altri leader populisti europei hanno dichiarato che non lo accetteranno mai, arrivando a fare valere, se necessario, il diritto di veto.

Per questo parlare di redistrubuzione obbligatoria dei migranti come obiettivo praticabile è solo una giocata interna, una partita di scambio con la Lega Le politiche migratorie rimangono dunque soggette ai ricatti ed alla falsa propaganda delle destre. In Italia ed in Europa. Nessuna prospettiva di vera solidarietà o di diritti di cittadinanza. Nulla sulla politica estera con i paesi di transito come la Libia. Salvini è quindi il vincitore della vera partita che si gioca dentro e dietro il governo, ha messo una pesante ipoteca sulle scelte di Draghi in materia di immigrazione ed adesso piazzerà i suoi “commissari” nei ministeri più importanti, forse anche al Viminale.

Fulvio Vassallo

 

È un governo politico, con la possibilità del Recovery

Il Governo Draghi non è un Governo tecnico. Il Governo Draghi è un Governo politico. E non perché alla fine i politici che lo compongono sono più dei tecnici. Ma in quanto la vera posta in gioco: il Recovery Plan, che ridisegnerà gli assi portanti del Paese, è in mano solo apparentemente a dei “tecnici”, che rispondono direttamente a Draghi, che “darà la linea” dalla posizione di chi, come ha ben intuito giorni fa Norma Rangeri, “ha la combinazione della cassaforte”.

Come ho appreso studiando “Contabilità di Stato” all’Università, ormai diverse vite fa, se si resta dentro un Sistema dato, nel nostro caso quello capitalistico occidentale, nel mondo contemporaneo si fa politica allocando le risorse disponibili. Distribuendole in misura maggiore o minore a questa o quella categoria sociale, finanziando l’una o l’altra priorità progettuale a seconda di come la si pensa. Oggi l’Italia ha l’occasione di ridefinire le proprie fondamenta con i soldi del Recovery Plan e la testa e le braccia per compiere questa operazione sono Draghi e gli uomini di sua stretta osservanza e fiducia che ha collocato in alcune caselle strategiche ammantandole di un profilo “tecnico”. Se non è un Governo politico questo.

Roberto Pontecorvi, Fiano Romano (Rm)

 

Uscirò dal Pd. Attenti a non lasciare l’opposizione solo ai fascisti

Non approvo minimamente né la scelta di sostenere il Governo Draghi né la composizione né le linee programmatiche, e ritengo un errore gravissimo quello compiuto dai vertici del Pd entrare in un Governo per ottenere ruoli marginali mentre la ciccia, i soldi, in particolare quelli dell’Ue, verranno gestiti da Franco e Giorgetti che fanno riferimento ad aree culturali totalmente diverse dalle nostre di riferimento. Personalmente, nei prossimi giorni uscirò dal Pd tornando ad essere quel battitore libero di sinistra senza affiliazioni partitiche, ma mi chiedo anche: possibile che nessuno, tranne singoli meritevoli individui, contesti radicalmente questa pessima operazione politica che porta al suicidio l’intera sinistra? È mai possibile che si entra in un Governo lasciando l’opposizione parlamentare ai soli Fratelli d’Italia, eredi del fascismo italiano?

Alessandro Perugini, Foligno (PG)

 

Draghi è nella prospettiva del centrosinistra. Basta al lupo, al lupo!

Alcune considerazioni dopo una prima lettura dell’intervento di Draghi. Mi pare un discorso programmatico dentro la prospettiva politica di un centrosinistra declinato nella dimensione europea.
Quindi ambiente, lavoro, innovazione, ricerca, sanità, istruzione in un quadro di riformismo compatibile e sinergico al vigente modello di sviluppo capitalistico. Assieme all’indicazione di un metodo, da quel che si capisce, orientato alla programmazione e alla verifica della realizzazione degli obiettivi. Poca o nessuna novità di rilievo sulla politica estera e sul tema migrazioni. Relativamente alla fase che stiamo attraversando, discorso innovativo o regressivo?
A me pare siano presenti alcuni passi avanti accettabili e altri, per lo meno nel metodo, innovativi. Come potranno essere realizzati dalla compagine politica è ovviamente altra, ben più complessa, questione.
P.s. Un po’ mi dispiace per la compagneria che, da quindici giorni, non fa altro che sbraitare “al lupo, al lupo” senza aver avuto la pazienza di ascoltare qualcosa di più concreto dei soliti ricorrenti, tediosi luoghi comuni su tutto e tutti. Non è invece che se ci sarà qualche piccolo progresso possa essere merito anche delle nostre lotte?

Paolo D’Amico, Lovere (Bg)

 

Siete troppo possibilisti

Care compagne, cari compagni, mi pare di vedere una deriva un po’ possibilista da parte vostra nei confronti del governo draghi. la “sapiente” scelta di alternare articoli di chi dice “si può fare” e chi dice “no grazie” è molto preoccupante, e anche le lettere – per quanto esprimano solo l’opinione di lettrici e lettori – sembrano esprimere quell’ambivalenza. Vi leggo da decenni perché esprimete – quando più quando meno – un punto di vista alternativo al neoliberismo e alla globalizzazione capitalista. a un altro mondo possibile, si è detto per un periodo. Se anche voi cominciate a collassare su una roba così orribile e devastante come il governo Draghi è proprio finita: il vostro ruolo di “giornale comunista” viene seppellito per sempre. E io rimarrei orfano anche di voi.

Luigi Piccioni, Pisa

 

Perfetta espressione dei poteri forti

Sono un vostro giovane lettore e volevo esprimere la mia opinione riguardo alla situazione attuale. Ritengo che l’attuale governo
sia la più perfetta espressione dei poteri forti, italiani e non, rappresentati da una “sinistra” borghese più o meno liberista (Leu compresa) e da una destra becera e nazionalista; con la sola ambigua opposizione dei fascisti di Fratelli d’Italia, che probabilmente dopo questo governo aumenteranno considerevolmente il proprio consenso. Ritengo che oggi più che mai non serva fare il solito carrozzone composto da vari partiti di sinistra radicale o sedicenti tali, ma dare forza ad un polo veramente di sinistra, ad una opposizione di classe che, io spero, possa essere comunista. Ciò andrà fatto giorno per giorno, con militanza, con lotte dure, serrate (…). Mi auguro che voi del Manifesto, unico giornale di sinistra rimasto in Italia, possiate dargli voce per formare una nuova egemonia di sinistra. Vi auguro buon lavoro e una buona serata.

Giuseppe Scavo

 

E Franceschini sarebbe il migliore?

Il ministro democristiano che si è ben adattato a tutti i governi: Renzi, Gentiloni, Conte e ora Draghi? Il ministro che ha costantemente e pervicacemente legato la cultura e i beni culturali al mercato, il ministro che ha decretato ufficialmente la mercificazione della produzione artistica e del patrimonio culturale? Il ministro che ha fatto le peggiori riforme del cinema e dei beni culturali? Franceschini è stato il ministro che in tutti questi anni e in tutti questi governi ha lasciato tutti i settori della produzione, delle attività e dei beni culturali allo sbando.

Franceschini è un ministro della cultura che prende in considerazione la cultura e i beni culturali solo in quanto e se possono produrre utile economico. Che considera la cultura nient’altro che “tempo libero”, oltretutto non “redditizio”. Che durante la pandemia ha fatto chiudere musei, gallerie, sale cinematografiche e teatrali, sale per concerti e biblioteche lasciando aperti i centri commerciali (questi sì utili al Paese).

Un ministro della cultura che ha sempre più e ostinatamente eliminato il sostegno diretto alla produzione e ai beni culturali sostituendolo con quello indiretto della defiscalizzazione alle imprese: che vuol dire appunto più sei forte sul mercato più lo Stato ti sostiene. Un ministro della cultura che in tutti questi anni non ha fatto nulla per dare dignità e diritti ai lavoratori della produzione artistica e dei beni culturali. Ma la cultura non è una merce.

È, insieme alla formazione, uno degli strumenti più importanti di conoscenza della realtà, di formazione di una coscienza critica: la cultura, la molteplicità delle culture sono nutrimento delle intelligenze, antidoto al pensiero unico e all’omologazione culturale. E dunque strumento della lotta contro il genocidio del mercato, il neoliberismo, le disuguaglianze, le discriminazioni, le guerre.

Occorrono allora riforme strutturali per combattere la precarietà e l’intermittenza del lavoro nei beni e nelle attività culturali e che riconoscano ai lavoratori della cultura diritti e ammortizzatori sociali.

Occorre riportare al centro il ruolo dello Stato anche nella cultura, nella consapevolezza che l’unico utile da ricercare è l’utile sociale; occorre che la cultura, la sua produzione e la sua fruizione, diventi realmente un diritto di tutti, come sancito dalla Costituzione. Che la si consideri un valore in sé, uno degli strumenti più importanti per una reale democrazia. Ma, come richiesto da Mattarella, il profilo di questo governo è “talmente alto” e legato alle banche e alle imprese da non aver bisogno della cultura.

Stefania Brai, resp. Naz. cultura PRC – Sinistra europea

 

La crisi segna il fallimento

Carissimo Manifesto, la crisi di governo dovuta all’impunito servitore delle destre Renzi che antiCostituzionalmente da Senatore della Repubblica fa affari con i Sauditi, e quindi non potrebbe, segna definitivamente il fallimento dei rappresentanti delle nostre istituzioni. Contando dalla fine della Prima Repubblica questo come il terzo Governo Tecnico, se nessun soggetto politico si assume le responsabilità di giustizia sociale per il Nostro Paese, ci ritroveremo di nuovo a piangere sulle riforme di disuguaglianza sociale che il Governo di Banchieri e Autonomisti differenziati legifereranno.

Va giudicata con serenità la decisione di SI di non votare la fiducia perchè rappresenterebbe a sinistra l’opposizione al neo Governo. La stessa responsabilità dell’affarista di Iv però è da addebitare ai soggetti politici della precendente maggioranza che hanno come intenti politici la consegna del Paese alle destre sovraniste e fascistoidi. Il presidente Draghi ha presentato il programma almeno in 3 punti ma se non riusciamo come cittadini ad avere la possibilità di una Legge elettorale che garantisca l’elezione a sinistra dei rappresentanti del popolo, continueremo a versare lacrime e sangue con l’individualismo e l’opportunismo delle Destre. E’ giunto il momento di riprenderci la giustizia sociale.

Gennaro Cardone

 

 

Una classe dirigente inadeguata 

Questa profonda crisi, che colpisce soprattutto la parte più debole del popolo italiano e in particolare il meridione, ha mostrato in modo chiaro, anche ai pochi increduli, l’inadeguatezza dell’intera classe dirigente. Ciò che avrebbero dovuto fare i partiti ( forse è più opportuno chiamarli comitati d’affari elettorali) lo faranno i banchieri e i tecnocrati secondo la ferrea legge del capitale. Renzi prima di essere un egocentrico da ricoverare, è un uomo d’affari. Anzi. È un democristiano d’affari. La Politica è morta. Non c’è più. Appare evidente, ancora una volta, che hanno vinto gli sfruttatori e gli sfruttati hanno perso.

Non si tratta di starci (Art. 1) o non starci (SI). Non è questo il problema dei lavoratori, dei disoccupati, dei ragazzi che devono emigrare, delle periferie e di questo mezzogiorno martoriato da frane, terremoti, dissesti. Il vero problema, a cui bisogna necessariamente dare risposta, è la mancanza di un “Nuovo Principe”, “dell’Intellettuale Collettivo” capace di rappresentare gli interessi dei più deboli e guidarli alla conquista di una vita più giusta e degna di essere vissuta. Manca il Partito, quello dei lavoratori non quello che sta “dalla parte delle persone”.

Per questo stato drammatico nel quale viviamo non dobbiamo ringraziare solo Renzi. Assieme a lui vanno ringraziati i “riformisti”, quelli di oggi e di ieri ad iniziare da Napolitano, Occhetto, Dalema, Veltroni e tutti gli altri.

Flavio Mastrocecco, Atessa

 

 

C’è continuità di intenti con il governo precedente

La mia prima impressione a caldo sul discorso di insediamento del suo governo, tenuto poco fa da Mario Draghi al Senato, la articolerei in tre punti: 1.C’è stato un lungo elenco di intenzioni, di finalità, di obiettivi, che in linea di massima e teorica si possono anche condividere; è stato molto meno articolato l’elenco dei modi, degli strumenti e dei tempi con cui Draghi pensa di realizzarli; 2. Mi pare che la gran parte delle intenzioni, delle finalità e degli obiettivi dichiarati si ponga in sostanziale continuità con quelli che erano stati del precedente governo; ciò non crea nessun problema alle due formazioni di destra entrate in maggioranza? 3. Importante mi è sembrato un passaggio sul ruolo della politica nella determinazione dei principali obiettivi dello sviluppo economico; che, se non rimanesse una buona intenzione, sarebbe una gran bella inversione di tendenza.

Giovanni Lamagna

 

 

Il gender gap è una questione prioritaria

“L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo. Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi”. Così, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Senato. Mi permetto di modificare così: “Una vera parità di genere non significa soltanto il rispetto di quote rosa richieste dalla legge, ma anche che siano garantite… “.

Così come è stato formulato il discorso appare chiaramente un voler farsi perdonare l’esigua presenza di donne nel nuovo governo. Riguardo all’espressione “quote rosa”, trascrivo da “Parlare civile – Comunicare senza discriminare”: «L’espressione “quote rosa” è imprecisa e considerata fuorviante da molte esperte perché induce a credere che si tratti di un meccanismo che porterebbe ad assegnare una quota di posti alle donne (il genere “rosa”) a prescindere dal merito, dalle competenze e dalle capacità. In realtà, si tratta di norme antidiscriminatorie che hanno lo scopo di permettere un’equa partecipazione di entrambi i generi e, a tal fine, stabilisce che una percentuale di posti sia destinata al genere sottorappresentato.

Nella loro formulazione, queste norme non contengono il riferimento alle donne ma sono gender neutral, garantendo quindi in modo paritario i due generi. E non intendono sostituirsi alla valutazione del merito ma favorire l’impiego di professionalità e competenze femminili, pari (o superiori) a quelle maschili, attualmente sottoutilizzate. Rosa i sistemi di quote si chiamano solo in Italia: in inglese e nel linguaggio delle istituzioni europee sono chiamate quote di genere, gender quotas».

Renato Pierri

 

 

Ripartire da Gramsci

Premessa: sono un imprenditore e da sempre voto a sinistra. Governo Draghi 1, perché penso che ne avremo altri grazie alla pochezza della classe politica. Classe politica che, anziché applaudire, dovrebbe vergognarsi. Sono stati commissariati tutti dal Presidente Mattarella, che non poteva agire in modo diverso vista l’attuale situazione. Draghi ha fatto contenti i partiti, concedendo loro ministeri di nessun peso. Ma non risolverà tutti i nostri problemi, anche perché tra meno di 2 anni ci saranno le elezioni. Che fare? Direi di ripartire da Gramsci: studiate. Si perché per cambiare noi italiani ci vuole tempo, pazienza, per creare una nuova classe dirigente. Concludo con due suggerimenti . Per la sinistra: smettiamola di correre dietro ad idee di altri. Per il sindacato: si sono accorti che rappresentano solo pensionati? Un saluto.

Giansandro Breccia

 

 

Non possiamo non sperare nella svolta Green

Ho 62 anni e siete stato il primo giornale a cui mi sono avvicinato nei prima anni ’70. Sono un astrofisico e lavoro all’università di Portsmouth, UK, quindi vi leggo in cartaceo quando vengo a Roma e online spesso. La sera che Mattarella ha annunciato l’incarico a Draghi, però, ho rotto gli indugi e mi sono abbonato, una reazione allergica in cerca di una medicina critica. Da qui, avendo il vantaggio di andare a letto prima di mezzanotte quando voi siete gia’ usciti online con l’edizione del giorno successivo, mi godo un articolo o due prima della nanna.

Non che conciliate il sonno, eh! Ma le news e altre letture segnano l’interruzione del lavoro, lo stupid-working (altro che smart!) a cui siamo costretti dal Covid-19 che, stando a casa, inevitabilmente si mischia con la vita privata senza soluzione di continuità. Ho quindi appena letto l’editoriale odierno dell’ottima direttrice.

Cara Rangeri, leggendoti mi compiaccio dell’essermi abbonato, perché alla fine la voce critica ce l’ho dentro e si legge quel che si legge piu’ di tutto per cercare autorevoli conferme a quel che si pensa già. Detto questo, come si fa a dire che nel nuovo governo tra tutti i tecnici “non c’è l’ombra di un ecologista” e solo “una sfilza di economisti”, quando proprio il neo-ministro dell’”ambiente-etc..” (lo chiamo così dato il nome ridicolmente lungo) è Cingolani, cioè un fisico?

Al di la che Cingolani sia stato e sarà bravo, e spero che il Manifesto gli faccia le pulci tutti i giorni, gli ecologisti la Rangeri come se li immagina, come gaudenti persone dai bucolici costumi in giro a raccorglier margherite? Pannelli solari, eolico, batterie di nuova generazione, metodi di riduzione e/o stoccaggio della CO2 etc… questa roba da chi e come è stata sviluppata? La riconversione ecologica come la immaginate? Incredibile! Cosa volete al governo, rappresentanti di associazioni che litigano tra di loro perchè per alcuni i mulini dell’eolico rovinano il paesaggio?

O vogliamo sperare in una vera riconversione verde di praticamente tutto, possibilmente accompagnata da tanta tanta formazione, dalle elementari al dottorato di ricerca, passando per gli istituti tecnici (nominati da Draghi!) motore del manifatturiero? Poi gli amici mi chiedono come mai noi scienziati ci sentiamo vilipesi in un Paese dominato dalla cultura umanistica. Spero che vi occuperete spesso di Cingolani e della sua azione da ministro, in modo critico, magari partendo dall’indagare un po’ sul suo CV dall’IIT alla Leonardo, ma non possiamo non sperare che faccia bene, perchè davvero il tema green ci riguarda tutti, e soprattuto sarà rilevante per le prossime generazioni. Vi voglio bene.

Marco Bruni

 

 

Troppi pochi accenni alla sanità pubblica

Alcune dichiarazioni programmatiche di Draghi nel chiedere la fiducia al Parlamento sembrano chiare: «Sulla base dell’esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza” e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata». È la prima volta che sentiamo un Presidente del Consiglio citare l’espressione “Centro di Salute Mentale”.

Tutto bene, se non fosse che Draghi non ha mai citato né rafforzato l’idea che stiamo parlando di servizi pubblici – dove mancano all’appello circa diecimila operatori – e non privati.

Dove i pazienti (molto pazienti, a dire il vero) oltre che di disturbi mentali, soffrono spesso, almeno quelli più gravi, di severe forme di povertà, di emigrazione e di emarginazione. Tutto bene, si fa per dire, se non fosse che soltanto due anni e mezzo fa, Salvini, uno dei suoi attuali sodali, sembrava a due passi dal modificare la cosiddetta legge Basaglia e reintrodurre i manicomi tra i dispositivi di cura dei malati mentali: «Penso a una riforma – affermò a Pontida, il 1° luglio 2018, a proposito di un’eventuale riforma della legge 180/78 – sulla carta giusta, che si sta dimostrando un disastro lasciando nella miseria migliaia di famiglie: quella dei malati psichiatrici, che ha cancellato le strutture che li curavano abbandonando le famiglie al loro destino.

Ogni giorno è un bollettino di guerra perché lo Stato si volta dall’altra parte. Voglio uno Stato che fa poche cose ma quelle poche le fa bene: curare chi è malato e garantire sanità d’eccellenza da Nord a Sud sarà priorità. Questo abbiamo nel cuore, la nostra grande ambizione». Per quanto riguarda poi le persone straniere, era previsto che in caso di Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) ne andasse data comunicazione al Ministro dell’Interno e al Consolato di appartenenza tramite il Prefetto. In sostanza, si rischiava allora come ora di tornare al vecchio impianto della legge del 1904 che in epoca giolittiana prevedeva l’ammissione negli ospedali psichiatrici solo per coloro che erano ritenuti pericolosi o scandalosi.

La presenza della Lega al Governo dell’Italia e l’idea di un’eventuale riapertura dei manicomi ci vede costretti a mantenere uno stato di allerta permanente a difesa di una legge, la 180, che ha cancellato l’impostazione repressiva della psichiatria e liberato i cosiddetti matti da trattamenti restrittivi e inumani che li privavano di qualsiasi identità e relazione. Legge di “democrazia e salute mentale” che andrebbe applicata in ogni suo ambito prima ancora che modificata e, giacché ci dichiariamo irreversibilmente europeisti, in ogni nazione europea (v. il volume del 1995, “Europa senza manicomi”, a cura di L. Attenasio, A. Di Gennaro, G. Gabriele, V. Pecchioli, I. Volpi). D’altro canto, ridurre la salute mentale ad una questione di ordine pubblico ci pare follia pura.

Angelo Di Gennaro

 

 

Immersi nell’abisso

Non siamo sull’orlo dell’abisso, vi siamo immersi sino alla cintola da tempo, prima ancora del l’insorgere del virus, ora Mattarella ha imposto questo governo ecumenico perché altro non si poteva congetturare che non fosse un governo di salvezza nazionale con alla guida un uomo chiaramente autorevole ed apprezzato in mezzo mondo, vediamone gli sviluppi, ho dubbi sulla tenuta, non ho speranze da decenni, seguo perché la politica riguarda tutti me compreso, se questo governo adotta una politica energetica seria, se procede ad una svolta ecologica vera, se non abbandonerà al suo destino le categorie più colpite dalla crisi, se saprà rilanciare l’economia, ebbene avrà il mio plauso, ma non mi faccio illusioni, questo paese è il regno della melassa dalla sua fondazione, ragione per cui vedrei unicamente una rivoluzione che spazzi via tutto il marciume, il sordido, il parassitario per investire sui giovani e la speranza.

Marcello Chinca

 

 

Sgombrare il campo dalle illusioni

Ho trovato molto divertente l’articolo di Tommaso di Francesco che ironizzava giustamente sulla disgustosa apologia di Draghi fatta dalla quasi totalità della comunicazione di ogni ordine e grado, dai social, alla stampa, alle tv. Mi sono domandato se Draghi quando ‘passava i compiti ai compagni di scuola’ lo faceva su materie importanti o secondarie? Poi sicuramente era col sub comandante Marcos in Chiapas ( chi se lo ricorda) e quando non e’ a casa in Umbria passa il tempo a meditare con le popolazione indigene. Bravo Tommaso. Trovo intelligente la posizione di Fratoianni e del passaggio democratico per prendere la decisione di appoggiare o no questo governo. E a proposito di transazione ecologica: ditemi, e faccio alcuni esempi: se l’energia di Google invece che dal petrolio o dal nucleare, viene dal vento o dal mare, cosa c’entra con i contratti coi dipendenti? Se le cooperative di trasporto o i trasportatori che consegnano a casa i pacchi di Amazon con furgone elettrici, a sua volta alimentati da energia prodotta dal sole, cosa c’entra con i bassi salari?

Se un’azienda agricola che produce vino, che ha tutta la struttura e produzione senza CO2 free, cioè produzione circolare ed ecologica, ottimo prodotto, cosa c’entra con l’utilizzo della cooperativa di migranti che raccoglie l’uva o che lavora in cantina a tempo parziale ai quali da’ 4 € l’ora? o forse meno? Non vi sembra il massimo dell’ecologia i Riders? Vanno in bicicletta. Per guadagnare qualcosa, pedalando forte e respirando forte buttano fuori dai polmoni troppa CO2? Se un ospedale funzione con circolarità ecologica, il direttore sanitario punirà il medico o l’infermiera che segnalano disfunzioni e problemi nel organizzazione del lavoro?

Verrà riconosciuto il loro lavoro affettivo? Non sono le multinazionali e le poche grandi imprese imperiali che controllano le risorse naturali e l’energia vecchia e quella che verrà? Il peccato mortale del traballante governo precedente e’ che lasciava aperto il discorso, anche se ambiguamente, sulla democraticità e sul aiuto agli ultimi. Poi ci sono coloro che lanciano anatemi tra chi è dentro e fuori dal governo, fanno veramente sorridere. Come fa sorridere questa reiterata e da anni, invocazione della sinistra. Non è grave sgombrare il campo dalle illusioni. È questo vecchio che avanza, che si presenta aperto e ricco di futuro, la perenne crisi e la sua, oggi, nuova gestione ecologica. Per quanto riguarda il futuro singolare mi sembra la solita solfa. Per cui meglio sorridere.

Roberto Verdi

 

Si fa strada la democrazia autoritaria

Le vicende politiche di questi giorni ci dicono che la crisi della politica rappresentativa è irreversibile ma capace ancora di creare illusioni. Le manovre renziane (per favore, non “consumiamo” Machiavelli, semmai critichiamolo!) ci dimostrano che è sufficiente ordire intrighi di palazzo per cambiare il quadro politico. Questo ci riporta a dinamiche preesistenti alla nascita della democrazia moderna? Credo di no. Dimostra solo che il processo che diede vita alla democrazia moderna, così come l’abbiamo concepita fino ad ora, sta finendo. I poteri sono all’esterno delle istituzioni politiche, sono oltre i Parlamenti, sono sopra la rappresentanza, sono altrove.

Nei momenti di crisi gli spazi della rappresentanza, i Parlamenti, non c’è altra possibilità che compiere blitz, piccoli, medi o scandalosi, in proprio o con l’aiuto della Magistratura, per fare sterzare un quadro politico verso le forme che ne facilitino il controllo da parte dei poteri forti. Poi, la politica può impegnarsi a stilare il piano economico più neoliberista o più keynesiano possibile ma sono altri che decideranno. Sappiamo che un orizzonte di questo tipo dovrebbe indurci a evitare estremismi e scegliere la prudenza, almeno la contrattazione (concetto desueto anche per il sindacato!) delle soluzioni, cercando di strappare qualche opzione favorevole a chi ha più bisogno o si trova in condizioni più disagiate.

Ma la deriva politica presente, tutta concentrata sulla “governabilità” e sulla necessità/possibilità di essere eletti, renderebbe vano qualsiasi sforzo, come la storia politica degli ultimi quarant’anni dimostra. Inoltre, proprio per le forme assunte dalla crisi della democrazia, si fa strada la vocazione della ricerca dell’uomo forte, che può assumere aspetti diversi. Questo non garantirà mai la soluzione dei problemi, ma ne coltiverà le speranze, fino a garantire l’illusione della “sicurezza” sociale ed economica, in potenza.

Dal ceto dirigente si passa a quello dominante: la democrazia autoritaria si fa strada con il consenso popolare. Noi non sappiamo illuderci, non ci riusciamo, Per questo da una parte affermiamo che la crisi è irreversibile e che non c’è spazio per le illusioni e dall’altra che non si possa più delegare ad altri la soluzione dei problemi, dei nostri problemi. Cerchiamo di dire che dobbiamo organizzarci per sottrarre alle Istituzioni la gestione dei nostri bisogni, noi vorremmo scommettere sulla possibilità di assumerci la responsabilità della gestione dei nostri bisogni come comunità di cittadini, senza più dover ricorrere alla mediazione degli eletti o dei rappresentanti! E’ possibile? Proprio perché non crediamo nelle illusioni non lo sappiamo. Però possiamo cominciare a parlarne a fare qualche tentativo, intanto subito aprire i conflitti. Possiamo cominciare a disobbedire alle imposizioni, non al pagamento delle tasse che servono a garantire i servizi, ma ad esempio, a chiedere, a pretendere, a prenderci i servizi gratuiti per tutte e tutti: casa, sanità, scuola, trasporti.

Marco Sansoè

 

 

Una battaglia da combattere con un partito

Marco Revelli (sul manifesto del 16.02) inizia il suo articolo con:“La banca sopra la politica, il Nord sopra il Sud, i maschi sopra le donne” ed analizza, ridotta all’essenziale, la struttura architettonica del nuovo governo. Non voglio aggiungere altre parole, il giudizio è già chiaro in questa premessa. Ma c’è un’altra affermazione interessante: “per il buon funzionamento di una democrazia moderna, è necessario che tra il livello della Società e quello delle Istituzioni esista una solida Società Politica a svolgere il ruolo di canale di comunicazione e di fattore di legittimazione. Se questa avvizzisce o muore, avvizzisce e muore la democrazia”.

Ora se questo ha un senso e se vogliamo difendere la democrazia ed io credo che sia impellente e necessario, dobbiamo reagire e presto, abbiamo già atteso troppo tempo. Mi vengono in mente i nostri partigiani, dobbiamo raccogliere il loro testimone, diventare le loro staffette, tenere alti i loro valori di tolleranza, democrazia, rispetto dell’uomo e dei suoi simili, un alto senso della questione morale e lotta alla corruzione. Essere ancora Zur Kritik, essere critici dello stato di cose presenti, un’abitudine marxiana, imparata, coltivata, affinata mai dismessa. Ma, senza un soggetto politico vero e autentico non potremmo mai più orientarci verso alcun avvenire di speranza.

Mai una situazione come oggi è più favorevole per la prassi gattopardesca: tutto cambia non perché tutto rimanga come prima, ma perché diventi peggiore di prima. Ed infatti il lavoratore senza contratto è più solo davanti al padrone, il lavoratore della sanità ed il cittadino più solo davanti allo strapotere della industria farmaceutica, l’ambiente più solo davanti alla voracità del borghesia/criminalità. Se guardiamo al nostro recente passato, non riusciamo a riconoscerci. Berlinguer? Pertini? Ingrao? E molti altri, non erano né antichi e né dei fantasmi, erano i dirigenti di un vasto movimento che questo paese accoglieva e concepiva nel grembo della sua storia.

Wer aber ist die Partei, ma chi è il partito? Certo è difficile di questi tempi recitare con Brecht: “chi è uno ha due occhi/il partito ha mille occhi”. Insopportabile è l’attuale situazione del rapporto di forza tra chi sta in basso e chi sta in alto nella scala sociale. La rivolta collettiva contro lo stato di cose è all’ordine del giorno, e forse il futuro ci nasconde incognite ancora più gravi da un punto di vista sanitario e sociale. In queste situazioni solo la destra è attrezzata o organizzata ad aumentare consenso e diffondere il suo racconto tra populismo e falsità (negazionismo sulla sanità, sulle foibe e sulla giornata della memoria ecc.) che fare? Il partito è un’arma di difesa, di difesa collettiva contro il sopruso, e lo sfruttamento, cui è sottoposto ognuno di noi.

È un’arma offensiva di attacco a un esercizio del potere tutto e solo nelle mani di chi adesso comanda (basta guardare come sono aumentate le spese militari in questi anni). Il partito è un’arma nella battaglia delle idee, un intellettuale collettivo che produce cultura, informazione alternativa a quella dominante. Molti di noi stanno diventando vecchi e si ritrovano dei senza partito, ma anche le nuove generazioni cresceranno senza avere l’idea di cosa sia la sinistra organizzata, punto di riferimento per guardare in avanti e crescere nei valori di equità e della giustizia sociale.

Essere dei senza partito per chi vuole fare politica contro Draghi, la Lega, la destra moderata o strema, combattere in modo forte, efficace, cambiare il presente, conquistare nuovi spazi di democrazia e cercare nuove speranze è una maledizione. A questo punto della nostra storia perché non siamo noi a farci partito? il manifesto? Un partito che ha come programma la Costituzione, un partito che ha come suoi interlocutori privilegiati l’ANPI, Libera, L’Arci, sindacati e la miriade di formazioni a sinistra da unire insieme. Possiamo iniziare dalla periferia del potere centrale, iniziare dalle dalle amministrative di Comuni, poi dalle Regioni ecc. formare un movimento che punta in alto. Buon lavoro a tutti. Attendere ancora significherà solo dare ancora tempo alle destre di organizzarsi. Conosco la nostra storia e l’obiezione: una storia già vissuta col Pdup con risultati importanti, anche se poi affievoliti e spenti. Ora è un altro periodo storico, la nostra intelligenza ci servirà a non ripeter alcuni errori, interi organismi si sono generati da piccole entità cellulari, vivaci, con voglia di esistere ed enzimi attivi. Perché non organizzare una tavola rotonda con i nostri giornalisti, politologi e compagni di percorso ed aprire un dibattito sul giornale?

Marcello Vecchio, Alessandria

 

 

Ogni pensiero è sabotaggio

Esiste una divertente canzone del musicista Crusher-P, intitolata Propaganda, che ha un simpatico verso che recita così: “Ogni pensiero è sabotaggio”. Questa frase mi sembra la più adatta a descrivere la situazione attuale dominata da un conformismo imbarazzante. Gli entusiasmi per il nuovo governo guidato da un eccelso “principe della finanza” sono talmente esagerati da generare incredulità in chi ha ancora la facoltà di pensare liberamente.

Davvero devo credere che Mario Draghi realizzerà in tre anni le riforme che non sono state fatte in trent’anni? Che cosa significa realmente “transizione ecologica”, e perché nessuno è in grado di spiegarlo? Abbiamo bisogno di altra tecnologia digitale, oppure non sarebbe meglio trovare un essere umano che non sia virtuale, ma che sappia almeno fare le punture, e magari vaccinare un po’ di milioni di persone? Si può continuare a elargire sussidi in eterno, oppure non sarebbe più opportuno impostare una nuova politica del lavoro? Ha davvero ragione Crusher-P nel dire che “ogni pensiero è sabotaggio”, specialmente quando il sistema impone la sua asfissiante propaganda. Ma fino a quando potrà durare questo gioco? Io sono convinto che continuerà ancora per poco.

Cristiano Martorella

 

 

Il rimosso delle inflitrazioni mafiose

Se Cov-Sars 2 è il nuovo virus da combattere senza tregua, ed il Presidente Draghi l’ha infatti indicato come primo obiettivo del suo governo, perché fra la vita e la borsa viene prima la vita, la Mafia oggi sinonimo di corruzione più che di sangue, è un virus antico, e Draghi, come chi lo ha preceduto, nella sua relazione mattutina al Senato, non l’ha nemmeno nominato, e per trovare la parola corruzione, occorre arrivare alla fine del periodo dedicato alle “Country Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020 …”, quando, ribadendo le ragioni del necessario miglioramento dell’amministrazione della giustizia, ha concluso, “….infine favorendo la repressione della corruzione.”

Richiamato ciò, è vero che a sera, nella replica, ha affrontato anche il tema della Criminalità organizzata, nella registrazione video lo si può sentire dal minuto 8,30 al minuto 11,23. Purtroppo, a mio parere, lo ha definito “rischio specifico” legato all’arrivo dei soldi europei; ora è vero che tale rischio specifico esiste, ma la mafia in Italia è un drammatico rischio generalizzato. Ricordato l’eroico sacrificio di molti suoi servitori, le massime Istituzioni dello Stato, della Mafia preferiscono parlare nelle “occasioni comandate” quelle in cui in “pompa magna” si ricordano i morti.

Vittorio Melandri

 

 

Frasi significative

“Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica”. “Nei nostri rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite. Ancoraggi che abbiamo scelto fin dal dopoguerra, in un percorso che ha portato benessere, sicurezza e prestigio internazionale.” A mio parere queste sono le due frasi più sincere del discorso di Draghi ieri al Senato. Chi continua a definirsi di sinistra può condividerle? Sono frasi poco significative per il Recovery Plan e l’aumento delle spese militari e del contributo alla NATO richiestoci dagli USA? Cosa ne pensa la redazione del Manifesto?

Antonio Lupo, Chiavari

 

 

Non mi sono mai piaciuti i banchieri 

Caro manifesto, cosa dire del governo Draghi, premetto che da buon comunista non mi sono mai piaciuti i banchieri e non mi piace Mario Draghi. Insieme ai cittadini greci e alle cittadine greche non posso dimenticare ciò che l’illustre ex presidente della BCE ha fatto per mettere ulteriormente in ginocchio quel popolo, ma quello che più mi scandalizza e mi fa indignare è il servilismo del PD che qualcuno si ostina ancora a definire di sinistra o di centrosinistra. Il suo segretario si è dichiarato entusiasta alla nomina di Draghi, ma anche la componente di LeU (vista la riconferma di Speranza) si è mostrata disponibile accordando la fiducia al governo. Pazienza se allo stesso tavolo le due forze partitiche, della cosiddetta sinistra italiana, siedono con la Lega e Forza Italia. In breve, bisognerebbe ricostruire una sinistra degna della sua storia, altrimenti saremo costretti a subire questo status quo per altri trent’anni.

Alberto Candura

 

Crisi Draghi

Intitolo la mia lettera “Crisi Draghi” auspicando che questa nuova formazione duri poco, in modo da non anestetizzare definitivamente gl italiani. Approvo Nicola Fratoianni e i 5 stelle, gruppo misto, che hanno votato e voteranno no. Un discorso costruttivo con PD, 5 stelle e LEU si può costruire dando loro una bussola a sinistra, perchè mi sembra siano stati sufficienti gli atteggiamenti della Lega e Forza Italia sulle chiusure dei campi da sci, e le proposte di Draghi sulla ripartizione lontano dall’Italia dei migranti in arrivo.

Marcello Pesarini

 

 

Ricadute pesanti su Trieste

Contro Draghi senza se e senza me e senza tanti tatticismi salottieri. Un solo dettaglio che riguarda la composizione del governo e che avrà ricadute pesanti sul futuro di Trieste. Aver “spostato” Patuanelli , triestino e 5S dal Ministero dell’industria all’agricoltura (ed avere riservato casualmente quel posto al leghista Giorgetti) la dice lunga sul prezzo pagato per cooptare i neroverdi, ma qui è chiaro, con tale scelta , che fine faranno i fondi che saranno destinati dal Recovery Plan per risollevare le sorti del capoluogo regionale ( IL FVG è gudato dal leghista Fedriga).

Così mentre crescono le situazioni di crisi industriale ( in tutto il FVG 15mila posti di lavoro a rischio) si è pensato a rimuovere chi comunque ha sostenuto il rilancio dell’attività portuale e della logistica nel Porto industriale del capoluogo facendo intravedere la possibilità di occupazione, investimenti , di un futuro fondato sul lavoro pubblico,con la ripresa delle attività legate al porto ma che guardano in Europa.

Cosa su cui la destra, leghista o nazionalsta che fosse, non si è mai spesa (ai porti preferisce i muri) anzi, ha sempre osteggiato ed ora farà sentire il suo peso.Di cui noi pagheremo le conseguenze.

Marino Calcinari, Circolo del Manifesto di Trieste

 

 

Opposizione di classe

Il 18 febbraio, a Roma una rappresentanza (per ovvi motivi) della sinistra di classe realmente esistente in questo Paese ha espresso la propria opposizione al governo Draghi dal lato dei lavoratori e delle masse popolari, gli unici destinati ad essere colpiti dalle manovre lacrime e sangue che tecnocrati e politici borghesi metteranno in campo. Un governo di unità nazionale i cui tratti bonapartisti sono evidenti. Gramsci, nei Quaderni del carcere, ha ben descritto la crisi organica e la ricerca degli uomini della provvidenza. La manifestazione della sinistra di classe, sindacale e politica, di Roma esprime una necessità di opposizione di classe, ampia e unitaria tra tutte le forze realmente anticapitaliste, siano esse riformista o rivoluzionarie e comuniste.

Antonino La Mendola

 

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