Politica

Governo Draghi, dite la vostra /1

Governo Draghi, dite la vostra /1Mario Draghi – LaPresse

Apriamo il dibattito Care lettrici e cari lettori, stiamo ricevendo le vostre opinioni sulla fine del governo Conte e sul nuovo governo Draghi. Siete tantissimi, ma per dare voce a tutti gli interventi non devono superare le 1800 battute. Scrivete a questo indirizzo: lettere@ilmanifesto.it

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 16 febbraio 2021

Continuate a scrivere a lettere@ilmanifesto.it.

La seconda serie è qui.

Nel complesso un fallimento

Che sia stata chiamata a formare un governo la personalità italiana che gode di maggior prestigio e considerazione internazionale dimostra secondo me tutto il fallimento della politica italiana nel suo complesso. I politici italiani più o meno allegramente dichiarano al mondo la propria incapacità a svolgere il loro mestiere. Che Renzi si incensi da solo blaterando di aver fatto un capolavoro dimostra tutta la statura del personaggio.

Lidiano Cassani, Ravenna

Altro che troika italiana

Non mi stupirei tanto per questo pasticcio e nemmeno per le persone scelte. I tre ministri di Forza Italia nell’ultimo governo Berlusconi non avevano lavorato a servizio dello Stato, ma a servizio di Berlusconi. Giorgetti e gli altri della Lega, che dire, fino a ieri strappavano la bandiera dell’Europa, oggi ci si vestono, i ministri del Pd? Non pervenuto come al solito. Al M5S hanno regalato un topolino dicendo loro che fosse una tigre dai denti a sciabola. Di Maio mollemente adagiato alla Farnesina, insegnando a stappare le bibite ai governanti? Vediamo, il professor Bianchi al dicastero dell’istruzione. Sono anni che predica una scuola al servizio del lavoro e non del sapere. La signora Cartabia strenua combattente contro i diritti civili e contro le unioni civili, siano esse omosessuali o etero. Fiera rappresentante di Cl Colao ex Ceo di Vodafone, diciamo che non ha dato il meglio di sé. Sugli altri al momento non mi esprimo tanto è sempre la solita storia, ieri qualcuno ha detto sì è installata al ministero la troika italiana, non sono stato un difensore di Conte, ma diciamo che questo è un Conte di destra nemmeno liberale. Caro primo ministro, non serve sbandierare la sua frequentazione con Federico Caffè per poi fare tutto il contrario. A questo governo nessun saluto, tanto meno distinto.

Elio Pescio

La «voglia matta» della finanza

Egregio Direttore. Quello che è accaduto, crisi Conte2 e nuovo governo Draghi, non è altro che la conseguenza di una “voglia matta” da parte della finanza italiana di mettere le mani su questi famigerati 209 miliardi di euro. Una finanza nient’affatto nascosta dietro i principali organi di informazione, ai quali hanno fatto eco nel bombardare quotidianamente Conte anche giornali come il Manifesto che ha poco compreso come la ex maggioranza, forse riveduta e corretta, potesse costituire lo zoccolo duro per uno schieramento tale da poter contendere il governo del paese alle destre. Siamo rimasti tutti con nulla in mano e riorganizzarsi sarà come scalare l’Everest.

Edoardo Rosati

È un governo di destra

Non sono d’accordo nel definire il governo Draghi come un Conte 2 spostato a destra. Il governo Draghi è un mix indigeribile di burocrati, tecnocrati e vecchi arnesi della politica (Brunetta, Gelmini, Carfagna, Giorgietti). Un governo di destra che non potrà che fare una politica antisociale e antipopolare. Il governo dei migliori? Mah! Non mi convince nemmeno questa posizione, di critica si, ma tutto sommato di attesa. Forse per non spargere sale sulle ferite di una sinistra (?) come sempre indecisa a tutto. Forse perché si pensa che non c’erano alternative. Ci sono sempre alternative. C’era l’opzione del voto che se fosse stata percorsa con convinzione e decisione avrebbe bloccato l’operazione Draghi senza dovere arrivare davvero alle urne il cui risultato comunque contro la destra a guida Salvini-Meloni non sarebbe stato per niente scontato. Si poteva rimanere fuori dal governo, astenersi, votare le leggi utili e condivisibili. Se governo tecnico doveva essere, lo doveva essere fino in fondo.

Acerbi Ranieri, Cecina (Li)

L’armata Brancaleone

Gli elettori di Leu chiedono alle 2 armate Brancaleone di Camera e Senato di votare No a Draghi.

Fabio Vander

Ora più che mai serve una forza di sinistra

Sto leggendo il Manifesto di oggi 14 marzo 2021 e ho avuto voglia di comunicare con persone che credo parlino la mia lingua, ora più che mai abbiamo bisogno di una forza di sinistra che abiuri il liberismo e si rifaccia alla gente, alle necessità vere, al lavoro, allo stato sociale, alla scuola, alla ricerca per tornare ad essere una forza politica che rappresenti un popolo oggi disgregato, ma non completamente perduto. Vivendo il mondo del lavoro sento e dibatto tutti i giorni con colleghi che condividono la necessità e l’urgenza di ritrovarsi in un contenitore che ci rappresenti, ma anche dove essere parte attiva. E quindi vi saluto con: cercasi nuova casa della sinistra che riparta dal basso e che coinvolga tutte le schegge che si sono frammentate in questi anni e allora coraggio, e nel mio piccolo cercherò di fare il possibile. Un saluto e un abbraccio a tutti voi.

Stefano Bianchini

All’opposizione, netti  e fermi

Questa mattina, ho sentito dire alla radio che il ministro dell’Economia (un nipotino notissimo del Dragonero) vuole stabilizzare l’avanzo primario all’1,5 per cento; e, per di più, mi pare che abbia sostenuto la necessità d’innalzare quella soglia. Ero un po’ indaffarato e dunque distratto: se così fosse, basterebbe questo per smetterla di cincischiare ancora. Netti e fermi all’opposizione del Dragonero. Con rosso affetto.

Fabio Bettoni

Governo duraturo, dovremmo andare a votare

Non credo nelle maggioranze del Presidente della Repubblica, perché non le ha votate nessuno. La Quinta legislatura doveva durare dal 1968 al 1973, fu la prima a non coprire i cinque anni. Si votò nel 1972 e ci fu uno spostamento a destra, con una crescita di consensi per il Msi. Era il corso democratico della storia, che non portò al governo di destra ma a una ripresa, seppure deludente, del centrosinistra per finire al compromesso storico Moro-Berlinguer. Non vogliamo andare a votare per impedire alla destra di governare? Questo non è il modo migliore per fare crescere populismo e destra leghista?

Fabrizio La Vista

Resistiamo al salvatore della patria

Rispondo d’impulso al vs. invito riportando una frase sentita in questi giorni che sintetizza efficacemente il mio pensiero. Un anziano della mia città, rivolto ad una mia amica che dimostrava vivacemente particolare apprezzamento per l’arrivo del salvatore della Patria, ha così replicato in dialetto: “Sgnureina, poca confusioun, chilò l’è amig dal banchi, mia di puvrett ! (Signorina, poca confusione, questo qui è amico delle banche, non dei poveretti.)” La “squadra” che ieri ha giurato risponde a pieno. Resistiamo.

Neviana Nironi, Reggio Emilia

Giuseppe Conte, foto LaPresse

È ora di alzare la testa

Questo ennesimo spostamento a destra del nascituro Governo non è che l’ennesimo episodio della saga “spostiamo al centro … ” innescato dalla Sinistra ormai dal secolo scorso. Assistiamo ormai alla morte e alla nascita di Governi delegittimazione dal voto popolare, ove dettano legge le urgenze economiche o sanitarie, più economiche che sanitarie a guardarle bene. Della Sinistra, con la S maiuscola, non rimane che un’ombra sfumata nei discorsi ufficiali di segretari di partito o di capipopolo alla domenica mattina, come fa il Santo Padre da Piazza S. Pietro. Oramai il “rosso” è un colore talmente slavato che si sta tramutando in marrone e un domani chissà! La Politica, così dissacrata in questi ultimi anni, non produce che persone sempre più disinteressate al proprio interesse, quello della Cosa Pubblica, demandandola nelle mani di “salvatori della Patria” una volta forzaitalioti, un’altra pentastellati, un’altra ancora tecnici di “alto profilo”! Possibile che non si riesca a ribaltare questa tendenza? Chi lavora, chi ha a che fare con bollette e affitti, chi vive il mondo non può aggregarsi per far aprire gli occhi a chi volontariamente si è reso cieco? Esistono solo i “mercati delle vacche”, come si diceva una volta, e niente più? Non si riesce a scendere in piazza per far sentire il peso politico di chi non condivide la Politica dei messaggi su Twitter e Facebook, delle parole gettate al vento, dei voltagabbana istituzionali? Occorre alzare la testa, non continuare ad abbassarla in nome di ideali illusori e passeggeri. Occorre difendere la Storia, ricordare il passato per fondare un futuro, un futuro certo, basato su economie sostenibili, sostenibili soprattutto per le generazioni future. Questo Governo appena generato non porterà a nulla, se non alla spartizione del “bottino” in arrivo dalla Ue e poi si dissolvere, come gli altri. Sta a tutti noi riprenderci in mano il futuro, basta volerlo.

Giuseppe Amodeo

È un commissariamento del nostro Paese

Gentile redazione, tornano in mente le parole del direttore Norma Rangeri che ha definito la decisione del presidente Matterella un “commissariamento del Paese”, perché come si spiegherebbe altrimenti che un Presidente del Consiglio con una maggioranza più che assoluta alla Camera e una relativa al Senato (2 parlamentari 5 stelle in lockdown per covid che avrebbero portato i numeri a 158 se fossero stati presenti) venga accompagnato all’uscita come fosse un intruso dal curriculum mediocre. Moderato e forse negli ultimi mesi addirittura “ponderato”, come scrive Andrea Carugati nel suo articolo di oggi (domenica 14 febbraio 2021), viste le polemiche interne alla sua maggioranza di governo, ma certo una figura insolita, capace di fare un lockdown nazionale contro tutti gli interessi di parte perché la salute delle persone è il bene comune irrinunciabile prima ancora degli interessi economici di alcuni. Così l’ex Premier Conte esce di scena tra il suono degli applausi dei dipendenti di Palazzo Chigi a cui si aggiungono anche quelli insonorizzati dei tanti fuori dal Palazzo che lo stimano per quanto svolto, molti dei quali sperano che non sia un’uscita definitiva visto il futuro prossimo che ci attende.

Enrica Palmieri

Ancora una volta non prendete posizione

Caro Manifesto, negli ultimi giorni il giornale che leggo da sempre mi ha sorpresa e delusa per la sua posizione sul governo Draghi, in particolare l’editoriale di ieri (sabato) di Norma Rangeri e il titolo di oggi. È da un po’ di tempo che il Manifesto non prende posizione, è ambiguo e timido rispetto al governo Conte 2 e alla crisi ma, rispetto al governo Draghi, è veramente incomprensibile la mancanza di criticità e radicalità. Non mi riferisco agli articoli di approfondimento, ma alla linea della redazione, spesso contraddittoria anche nella stessa pagina e neutra quasi sempre. La situazione è certamente difficile e complessa e non sono interessata a un giornale che rispecchi le mie idee, ma a un giornale libero, come il Manifesto è sempre stato. Sembra che un pregiudizio nei confronti del MS5 impedisca un’analisi politica lucida. Come è possibile non vedere tutti i limiti e le lobby di questo nuovo governo, che ha già avuto effetti deflagranti sulla sinistra e su una prospettiva futura in cui in tanti avevamo creduto? Mi dispiacerebbe, dopo tanti anni, perdere un punto di riferimento importante. Un caro saluto

Angela Montanari

Meglio tacere sul coro ei “laudatores” e grazie al Manifesto

Un bellissimo esempio di larghe intese, al servizio degli interessi da tutelare e dei debiti da garantire. Come hanno scritto diversi commentatori, ai rappresentanti dei partiti va la gestione dell’esistente, al gruppo-Draghi le scelte strategiche. Pessima figura di Pd e LeU, con quattro ministri uomini e nemmeno una donna (effetto del ritiro di Rosy Bindi dalla politica attiva?). Da insegnante, mi consolo in parte con Patrizio Bianchi e Maria Cristina Messa. Ma Brunetta e Giorgetti sono quasi indigeribili. Sul merito delle questioni economiche (Recovery Fund e dintorni) ha scritto Emiliano Brancaccio, con una chiarezza esemplare. Tacciamo sul coro di laudatores che proviene dalla stampa italiana, e ringraziamo il Manifesto e Radio Popolare, per aver continuato a far sentire la voce del giornalismo critico, cane da guardia della democrazia. Il popolo italiano, specie quello minuto, e i nuovi poveri rimpiangeranno presto il Governo Conte. Un saluto affettuoso e un augurio di buon lavoro, con tanta stima.

Claudio Magri, Corsico MI

Sono quelli che hanno tagliato la Sanità pubblica

Cari amici del Manifesto, dopo aver passato 41 anni di lavoro in Sanità e aver visto con i miei occhi giorno dopo giorno la distruzione del sogno di un Servizio Sanitario Nazionale universalistico per tutti, distruzione di cui paghiamo pesantemente oggi le conseguenze, ci si ritrova ora a capo della Pa l’ometto dei tornelli, quello che per anni ha dileggiato depresso e vessato in ogni modo tutto il pubblico impiego di cui anche gli “eroi” già dimenticati della Sanità Pubblica fanno parte, il tutto mentre i suoi compari di partito immersi negli affari, ma non solo loro, facevano a gara per tagliare fondi al Pubblico per trasferirli al cosiddetto Privato. Il messaggio è chiaro e proviene dagli ambienti liberisti sfegatati che da decenni opprimono il paese. Di questo bel regalo ringraziamo anche il signor Grillo, felice di aver ottenuto in cambio il suo nuovo ministero verde marziano a copertura di un’insipienza politica compulsiva reiterata che ormai ha sepolto le grandi aspettative di chi ha seguito il Movimento 5 Stelle. Ma forse non si tratta di un errore di percorso, forse ciò che abbiamo sotto gli occhi è qualcosa di connaturato del Dna padronale aziendale della struttura degli pseudo-partiti come il suo inaugurati a partire da Berlusconi. Grazie naturalmente anche al Presidente di quella Repubblica che ogni decennio affida ai banchieri il compito di “mazziare” lavoratori e pensionati (che altro potrebbe fare Draghi?) sollevando un poco dalle loro responsabilità i professionisti stanziali del Parlamento. Il pavimento è ancora bagnato dalle lacrime della sig.ra Fornero e intristito dalle ombre di Alfano, Bersani e Casini. Così si è ridotta la politica in Italia e la sua china è sempre più in discesa.

Gianfranco Pugni, Milano

Draghi è grigio, ma «luminoso» per la piatta informazione

Negli ultimi recenti giorni possiamo lasciarci politicamente affascinare da due pose fotografiche, due clic distinti nel tempo e nello stesso spazio, ma tanto legati e conseguenti. La prima rappresenta l’atto inverecondo del finto e falso Renzi che ha giocato allo sfascio riuscendo a buttare giù il governo Conte che tanto aveva fatto per crearlo. Dargli del rottamatore non si erra, visto che durante la messa in scena del pallone Draghi, il Matteo stesso lo ha ammesso spudoratamente. Il Conte nei suoi atti è stato più o meno bravo, efficiente e onesto? Ai posteri l’ardua sentenza. Passando al secondo clic che riguarda la foto dell’anzitempo osannato Draghi si ha una rappresentazione grigia ma che siamo costretti a rimirarla splendente come così vuole la piatta informazione. Comunque il parto ha le sembianze di un Conte 2 spostato a destra (ringraziando Renzi, tutti quelli che condividono, ma anche Mattarella, quest’ultimo magari senza possibilità di scelta) e avremo un governo di destra con appoggio esterno neo fascista senza ricorrere ad elezioni. Viviamo in un fascismo eterno che è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili, (come dice Eco) “che può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme”. Dobbiamo smentire chi non condivide questa teoria e ci racconta che non dobbiamo parlare di fascismo, si dice che l’Europa unita non lo permette ma nella triste pratica abbiamo i casi di Polonia e Ungheria. Il governo che il Draghi ha creato è composto da due terzi di politici e un terzo da tecnici. Mossa perfetta: nello stesso momento che si costata una defaillance, e sconfitta della politica, il tecnico coinvolge nuovi e “vecchi” politici. Quindi se la manovra riesce nell’intento il merito va allo stesso Draghi e i suoi accoliti, se invece il pallone scoppia la colpa si può sempre appioppare a politici più o meno capaci o all’accozzaglia di partiti idealmente e praticamente lontani. Comunque si può bellamente azzardare che questo governo destrorso farà più facilmente interessi dei padroni, poteri forti, finanza ecc. Per gli altri è tutto da scoprire, vedere e costatare, ma comunque briciole.

Oreste Boschi

Mario Draghi e Sergio Mattarella, foto LaPresse

Quasi una metamorfosi

Sarò lapidario. È iniziata la “sterilizzazione” politica delle forze che compongono il Governo Draghi. Ne usciranno ridimensionate e trasformate, tutte. Quasi una metamorfosi. Lo ha capito (purtroppo per la sinistra) la Meloni. E credo anche Renzi che sta lavorando per riconquistare il Pd con qualcuno dei suoi (Bonaccini?). Forse Conte ha una chance in più di costituire una forza politica diversa – magari spostata a sinistra – avendo le mani un po’ più libere ora. Non è detto che la trappola in cui lo hanno infilato non si possa trasformare in una opportunità politica creativa. Vedremo.

Riccardo Mariani

Dei due Supermario, Monti più furbo

I due “Super Mario” Monti e Draghi, il primo più furbo del secondo Monti fece un governo composto esclusivamente da tecnici o presunti tali, quasi tutti appartenenti al partito trasversale dell’ordoliberismo, tenendo fuori dall’esecutivo i partiti i quali, in nome dell’unità nazionale, furono costretti a dargli la fiducia per “salvare la patria”. Di fatto salvarono le banche e strozzarono le classi popolari. Questo appoggio esterno permise al “super Mario” di ieri di fare le porcate che sappiamo e che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. La legge Fornero, frutto di una visione miope e fondamentalista, non solo smantellò il sistema pensionistico pubblico a favore del businnes privato, ma lasciò per strada, come effetto collaterale, anche qualche centinaia di migliaia di esodati senza che la “supertecnica dalle lacrime di coccodrillo” Elsa manco se ne accorgesse, dimostrando così quanto questi presunti tecnici fossero di fatto dei “dilettanti allo sbaraglio”. Anche Draghi è stato presentato, con l’aiuto di una stampa zelante e di regime, come il “salvatore della patria” in un momento eccezionale in cui tutti sono chiamati ad unirsi nel nome del “bene comune”, che di fatto si identifica con il bene della classe dominante, quella dei padroni. Ma stavolta al posto di accontentarsi, come fece Monti, dell’appoggio esterno ha voluto strafare coinvolgendo direttamente i partiti nel governo e creando un pastrocchio inguardabile, un minestrone disgustoso, che potrebbe essere proprio il suo limite e che in un batter di ciglia gli ha già alienato una parte considerevole di simpatia dell’opinione pubblica sia di sinistra che di destra (basta fare un giro sui social per accorgersene). Dal “governo dei migliori” di colpo siamo piombati nel “governo dei Brunetta, dei Giorgetti e delle Gelmini”, cioè dei trombati di ieri rientrati nella “stanza dei bottoni” dalla porta di servizio. Un incubo insomma. Ciò ha determinato delle rotture profonde in alcune forze politiche, come quella dei 5Stelle (partito di maggioranza relativa), che avrà ripercussioni inevitabili sulla stessa azione di governo. Cosi come le rivalità e le incompatibilità caratteriali di diversi ministri che fino a ieri si tiravano dietro di tutto, creerà non pochi problemi di tenuta dell’esecutivo e una fortissima litigiosità non in nome del bene comune ma in quello delle consorterie e interessi particolari che molti di questi tristi personaggi rappresentano. Forse proprio nel manuale Cencelli, ritirato fuori dal “super Mario” di oggi, possiamo trovare la chiave di volta per mettere in difficoltà questo governo più che da una opposizione parlamentare rappresentata tragicamente da un personaggio come  la Meloni, dopo che quello che rimane della sinistra ha deciso di abbandonare il campo.

Marco Sironi, Bergamo

Il capolavoro di Renzi

Il governo Conte 2, pur con evidenti limiti, è stato un esecutivo di cambiamento, favorito dalla pandemia, ma pur sempre un cambiamento. Mi piaceva il suo modo gentile e cortese, ma deciso, di affrontare le cose. Mi piaceva quella sua visione Europea che voleva cambiare l’Europa, mi piaceva quel suo mettere al centro l’uomo e la natura insieme ai suoi bisogni. E’ con questo Governo che si è superata la politica dell’austerità, che si è cominciato a parlare timidamente, ma si è fatto, di debito Europeo. Qual è stato, quindi il “capolavoro” di Renzi: quello di ridare centralità alla Lega, a Forza Italia; quello di interrompere un processo democratico che, con fatica e difficoltà, affrontava problemi inimmaginabili poco più di un anno fa. Questo processo politico si fondava su di un blocco sociale di cittadini, di lavoratori, di uomini e donne che desiderano pace e lavoro, che rifiutano e sono stanchi del politichese, che, tristemente, sta riemergendo con tutta la sua forza e, credo, che il “meglio debba ancora venire”. L’interesse della Lega, e di tutto il centrodestra, è sicuramente evitare una legge elettorale proporzionale, per poter andare alle prossime elezioni con questa legge da più parti definita incostituzionale, ma che le garantirebbe una netta vittoria nel caso in cui la coalizione di destra si presentasse unita e raggiungerebbe il 40% dei consensi; accelerare l’autonomia differenziata per favorire le imprese del nord del Paese. Con il Governo Conte erano sotto scacco, ora non lo sono più. Siamo di fronte ai trasformismi più acrobatici, la politica non ha più una visione, si naviga a vista secondo l’interesse del momento, il Sud è ancora una volta tagliato fuori dagli interessi delle élite. Ma abbiamo bisogno di politica, senza di essa non si cambia il mondo. E siamo orfani di una sinistra che faccia politica ed abbia una visione. L’Italia ha bisogno di coraggio, questo coraggio è mancato al Pd ed al M5S

Attilio Gambacorta, Associazione culturale Umbrialeft Perugia

Fantastico, un governo ambientalista

Finalmente potremo: 1) abrogare la caccia; 2) vietare la cementificazione del territorio; 3) rinaturalizzare le aste idriche; 4) vietare gli OGM;  5) distribuire acqua come bene comune; 6) ridurre le velocità massime su strade, autostrade e centri abitati; 7) bandire i pesticidi come il Roundup; 8) azzerare le PM2,5 e PM10; 9) cancellare la Tav in Val di Susa; 10) riattivare migliaia di chilometri di linee ferroviarie locali dismesse; 11) organizzare le Olimpiadi 2026 senza necessità di nuove opere; 12) neutralizzare tutta la CO2 in eccesso. E tanto altro ancora. Da non crederci.

Silverio Lacedelli, Cortina d’Ampezzo

La Sinistra dica tre No

Caro Manifesto, dopo i lucidi articoli a firma A. Carugati e G. Santoro mi sentirei di aggiungere che una mossa importante, ad oggi specialmente, sarebbe la capacità di Nicola Frantoianni a riportare ad un unanime tris di No anche i 2 dissidenti SI dentro Sinistra Italiana a questo schifo di brodetto Draghi! Potrebbe avviare la costruzione di un pensiero avverso le lobbie e la destra con a capo Conte che calamiterebbe moltissimi delusi e astenuti degli ultimi anni. Ecco, questa mia speranza la concretizzerei anche subito. Grazie e buon lavoro.

Barbieri Ivano

Non lasciamo sola l’opposizione di Sinistra italiana

La scelta dell’opposizione compiuta dall’Assemblea Nazionale di Sinistra Italiana non può rimanere isolata.
I soggetti che, a sinistra, cercano una via di ricostruzione di soggettività debbono cercare di interloquire portando avanti l’esigenza di esprimere una “complessità dell’opposizione” che, in questa fase, si presenti all’insieme di chi vive le difficili contraddizioni sociali dell’epoca, non rivolgendosi semplicemente alla sfera politica.Va aperto subito un confronto ad ampio raggio, nell’espressione di una capacità progettuale e di orientamento ma anche di mobilitazione sociale.Alla destra non va regalato uno spazio così ampio da renderla sostanzialmente egemone nella recitazione della doppia parte,  al governoall’opposizione. Tanto più che si presenta l’occasione di esercizio per uno “scambio politico” di enorme dimensione che, alla fine, potrebbe incidere profondamente sull’insieme della struttura  del sistema politico modificandone gli assi portanti. Grazie per l’attenzione.

Franco Astengo

Ma la presenza delle donne in questo governo  è desiderabile?

Caro Manifesto, diverse compagne lamentano l’assenza di donne  progressiste nel governo: puntano il dito sulle tare dei partiti di centrosinistra – il correntismo del Pd, per esempio – e assumono che l’adesione delle donne alla formazione dei “due presidenti” sia cosa utile e desiderabile in sé. Non sarebbe il caso di discuterne?

Benedetta Rinaldi Ferri

 

Preoccupa la geografia

“Il Conte2 è stato liquidato e sostituito con un Conte2 spostato a destra” mi pare fuorviante come il quesito dell’altro giorno dei 5Stelle. È Draghi ora al comando e su questo dovremmo esprimerci. Da calabrese, più che dalla provenienza politica dei ministri sono colpito da quella geografica.

Pierluigi Pedretti, Cosenza

Poesia 

Ci volevan sol dei Maghi/ non bastavano dei Draghi./ Ora a dirvi io non tardo / che ripenso a “Il Gattopardo”./ Dovevamo essere buoni / a puntare alle elezioni.

P.S. Di allegro c’è solo la rima.

Eraldo Valia, Genova

La magia di Draghi

Mettiamo di avere un paese con problemi irrisolti da decenni, visibili e riconoscibili da tutti ma tenuti collegialmente, per interesse e collusione, nascosti sotto al tappeto, con politici, che in maniera plateale, senza nessuna idea concreta e vittime dei loro fumosi e strampalati giochi di parole, senza progetti, se non quello di restare dentro le stanze di un potere fine a se stesso, il più a lungo possibile, hanno l’intrepido coraggio di farsi passare per persone che agiscono e si stanno sacrificando per il bene della patria. Ecco arriva, non un parvenu come Conte, ma un navigato esperto di politiche monetarie e non solo come Draghi e succede il miracolo. Un po’ di argento, di zolfo e salnitro, mercurio e per non guastare, anche della pelle di salamandra e il gioco è fatto. Questa si chiama alchimia e poco ha a che fare con la scienza e la coscienza di cui avremmo bisogno.

Giovanni Di Leo

 

Formiamo le coscienze a scuola

Gentilissimi, mi permetto di raccogliere il vostro invito sul Manifesto di oggi. Insegno. E considero l’insegnare un grandissimo privilegio e una enorme responsabilità perché a ogni insegnante la comunità affida i propri figli. E vorrei limitarmi proprio a questo; l’unico terreno in cui posso provare ad avventurarmi con minor incertezza. Vivere la scuola è poter vedere, prima che accada, quello che sarà il mondo prossimo venturo. Incontrare ogni giorno cuori e menti in crescita aiuta a capire gli effetti che la società che abbiamo realizzato produce sulle nuove generazioni, sui loro orizzonti, sulla loro sensibilità, sui loro sogni. Per cui nessuno stupore c’è in me per quello che accade oggi e per come accade. Lo ritengo il frutto di uno stravolgimento del ruolo della scuola perseguito sistematicamente da tutti i governi e da tutta la classe dirigente degli ultimi decenni.

Resto smarrito nel vedere come oggi una scuola, un’università siano valutate in base al successo formativo dei loro studenti e non alla qualità di ciò che ha trasmesso; nel vedere come ormai si sia consolidata, a livello generale in tutti gli orientamenti politici, l’idea della scuola del saper fare a scapito del saper essere. Essere prima di fare trovo, al contrario, contenga la possibilità di un mondo migliore per l’uomo.

Essere un’anima e quindi donne e uomini che si sentono parte di un destino comune e sono consapevoli che non potranno salvarsi mai da soli. Mi piace ricordare l’intervento di Calamandrei al Congresso dell’Adsn l’11 febbraio 1950. Si parla di una scuola formatrice del carattere, di coscienze, di persone. A scuola lo leggiamo: è per me un monito e un’esortazione, un rimprovero e una speranza ed è con questo spirito che lo condivido con loro. Ogni volta che scorro quelle parole mi sembra sia stato scritto oggi e mi sento inchiodato di fronte alle mie responsabilità verso i miei studenti, coloro che andranno a costituire, con vari ruoli, la nuova classe dirigente (cito sempre Calamandrei).

E il problema, in fondo, credo sia qui: la scuola in cui ormai tutti passiamo non forma più carattere e coscienze perché le priorità sono altre. Spesso a lezione parliamo e condividiamo le nostre preoccupazioni e i nostri pensieri. Hanno tanto da raccontare e c’è molto da ascoltare; ma è difficile che pongano tra le loro priorità un mondo più giusto. Perché, mi chiedo? Presto saranno loro a decidere del loro e del nostro destino e ci arriveranno così come li abbiamo cresciuti e formati. Non è prioritariamente un problema di formule, teste, competenze e, purtroppo, neanche di orientamento politico; ma della visione del mondo a cui si sono nutrite le persone che formano i governi.

Quello che ci attende è proprio lì: nelle coscienze. E ancora una volta mi sembra improbabile che accadrà di sentire che ogni sforzo intellettuale e materiale sarà rivolto a realizzare un modello sociale ed economico più giusto ed equo. Il punto di partenza per non varare una nave con le stesse caratteristiche di quella su cui stiamo naufragando. Un cordiale saluto

Roberto Lamorgese, Montepulciano (Siena)

 

Bisogna votare No

“Ho votato M5S sempre, sin dalla prima volta in cui il suo simbolo è comparso su una scheda elettorale!” Non ho avuto alcuna difficoltà a dirlo sino a pochi giorni fa, anzi ne ero fieramente orgoglioso. Ma ora non più. Non sono mai stato iscritto ad alcun partito e non sono iscritto al M5S. Non ho partecipato, pertanto, al recente referendum sulla piattaforma Rousseau per decidere la posizione nei confronti del nuovo Governo che Draghi andava formando.

Non mi è per niente piaciuto l’entusiasmo con cui Grillo ha accolto l’istituzione di un nuovo ministero che, a suo parere, dovrebbe salvare il nostro Paese se non l’intero pianeta Terra. A me è sembrata, la sua posizione, finalizzata all’indoratura della pillola amara da far ingoiare ai rappresentanti del popolo M5S in Parlamento e agli iscritti. Mi sento tradito, mortificato, offeso ancor di più dopo la designazione di Roberto Cingolani a capo del nuovo Ministero della Transizione Ecologica tanto osannato dal fondatore del Movimento.

Basta farsi una passeggiata in internet per reperire notizie “illuminanti” su questo personaggio, al quale preferisco non riservare alcun appellativo. Vorrei chiedere a ciascuno degli Onorevoli e Senatori del M5S che a breve dovranno votare la fiducia al nuovo Governo: “Perché non pensate di votare No?”. Soltanto così potrebbero salvare se stessi e il nostro Paese. Prima o poi si andrà a votare e saremo noi, comuni cittadini, i decisori politici. E un po’ di memoria cercheremo di conservarla per decidere bene a chi dare la nostra fiducia. Se gli eletti attuali del M5S vogliono essere ancora da noi rispettati e onorati con il nostro voto, non possono non votare No. Se conservano ancora un minimo di dignità, non possono non votare No. Non possono calpestare la loro dignità di uomini e parlamentari votando Sì ad un governo siffatto.

Antonio F. Gimigliano, Pisa

Indignazione per l’affossamento politico del governo Conte 

Personalmente non ho pregiudizi ideologici sulla figura e sulle competenze di Draghi: da quando ha assunto l’impegno del “whatever it takes” nelle politiche monetarie europee, ha contribuito a cambiare il profilo, anche politico della Ue, nel senso che al rigorismo neoliberista ha sostituito un interventismo economico. Anche questa scelta ha prodotto il Next Generation Ue. E non è poco per la salvaguardia di uno spazio europeo degno di questo nome. Certo non è l’Europa dei popoli ma non è l’arcigna Ue del diktat a Tsipras.

Sono molto più nauseato dalla corsa di nani e nanetti politici, in primis tanti tromboni dei giornali e delle TV, a santificare il “salvatore della patria” e l’idea del governo tecnico dei “migliori” sopra le parti e soprattutto sopra la politica. Questo sì è nauseante e serve a nascondere l’operazione politica vera che si è svolta è che non è ancora conclusa. Draghi è meno stupido dei suoi adepti, tanto che non ha proceduto a fare un governo solo di tecnici, perché poi servono i numeri per votare le leggi. Non c’è stato nessun “oscuramento della politica”! Retorica d’accatto!

C’è stato un omicidio politico vero e proprio. Si è voluta uccidere la possibilità di un centrosinistra in questo paese. Il delinquente politico, vero e proprio scorpione come conoscevamo, non aveva come obiettivo quello personalistico di colpire Conte – a cui vanno i miei personali ringraziamenti per il lavoro svolto fino alle obbligate dimissioni- ma quello di affossare un potenziale governo di centrosinistra e di colpire la credibilità di quel governo e del suo leader. Ricordo, en passant, che fino all’incarico di Draghi il premier Conte godeva del sostegno di più del 60% dell’elettorato.

Questo si voleva colpire, in primis, che a governare l’enorme afflusso di risorse della Ue fosse una coalizione di centrosinistra, con quella che ho sempre definita “la parte sana dei Ds e la parte sana dei cinque Stelle”, in quel processo di confronto e crescita, senza bandiere ideologiche di comodo. Interessante che la questione Mes sia sparita dalla cronaca quotidiana, proprio a dimostrare che le bandiere si agitano per altri obiettivi che quelli dichiarati. Un puro pretesto, come più volte detto, per mettere contro Ds e Pd che cercavano di trovare una linea comune.

“La parte sana”: faccio dei nomi senza pretesa di esaustività. Gualtieri e Amendola hanno lavorato bene, come Boccia e Franceschini. Così Patuanelli, D’Incà o Speranza. E soprattutto Conte, anche con il suo portavoce Casalino che fa puzzare il naso alla cosiddetta “sinistra”. E ha lavorato bene anche il segretario Zingaretti, che oggi è il vero obiettivo degli scorpioni: la sua linea di un percorso, certo complicato, di costruzione di un nuovo centrosinistra, in cui il Pd non ha la pretesa di essere autosufficiente ed esaustivo, ma una delle componenti, che deve cambiare e tanto.

Eccoli allora i “sommergibili” quelli che hanno spinto lo scorpione a fare il suo delitto, come riconosce il piddino Bettini. Non c’è solo Renzi tra gli “assassini”.

Infatti il prossimo obiettivo è più ambizioso: riportare il Pd alle strategie del Nazzareno, magari anche con la Lega (quella di Giorgetti non del cretino!). Chapeau! Ci sono riusciti. Finalmente avremo una sanità più sicura, un paese più accogliente, una attenzione ai lavoratori, una attenzione ai diritti, bla bla bla. Ci sono dei vecchi campioni di democrazia dentro, come Brunetta, la Gelmini e la Bonetti.

Sto ascoltando la radio: e in questo governo dei “migliori” non c’è nessuno del segno del Leone. Questa è la nostra discussione politica. Che non ci sia stata una trattativa è una bufala terribile, come al solito a rivelarcelo è il cretino che, 6 ore prima che escano i nomi, afferma la necessità di un dicastero per il tema handicap (cosa assolutamente fondamentale, ma detta dal cretino, perde ogni credibilità, purtroppo!), una sorta di Grillo in sedicesimo sul dicastero per la Transizione Ecologica. La sostanza è che la base parlamentare di questo governo è una base che allarga al centrodestra, compresa la Lega di Salvini, altro campione di democrazia, convertito all’Europa e alla solidarietà! Questa base parlamentare non potrà non avere ricadute su tutti i temi, da quelli del lavoro a quelli dei diritti e del modello di sviluppo.

Non mi preoccupa tanto Draghi, quanto le forze politiche che sono nel governo. Bel risultato affossare Conte! Grande avanzamento politico e sociale! Siamo decisamente contenti. Se le tre forze che hanno costruito quel governo avessero la consapevolezza di sé e dei propri numeri, potrebbero non “far passare” leggi e provvedimenti ignobili, perché la maggioranza numerica in parlamento è ancora la loro. Se avessero la consapevolezza che questa può essere una prospettiva politica anche per le elezioni politiche quando chicchessia si potrebbe “battere la destra”.

Ma sono già al lavoro i sommergibili per sfasciare “la parte sana” sia del Pd che dei cinque Stelle ed evitare che la gestione del prossimo futuro possa essere lontana dalle mani dei soliti noti. Il governo uscente non era il toccasana, non era esente da errori e difficoltà, anche di ritardi. Non c’è dubbio. Vedremo se il prossimo dei “migliori” sarà meglio per chi come noi continua a sperare ad una stagione riformatrice, dire “di sinistra” oggi mi pare francamente esagerato.

Corrado Bares, Verona

Una posizione unitaria e critica

Caro “Il manifesto”, data la particolarissima gravità della situazione sanitaria-sociale-economica, per il gruppettino di parlamentari interno a LeU ma non legato a Art. 1 (e quindi alla scelta “governista” di Speranza), non sarebbe più utile, anziché sbriciolarsi con “farsesca drammaticità” in differenti scelte più o meno individuali, esprimere una comune posizione di astensione critica e preannunciando il proprio futuro assenso o dissenso alle future deliberazioni del governo Draghi esclusivamente in base alla sintonia o meno delle stesse con i convincimenti di quest’area politica?

Mi sembrerebbe un duplice messaggio: dialogante ma non subalterno verso i possibili partner del progetto politico di fase che si intende tutti perseguire indipendentemente e dopo l’obbligata esperienza Draghi (PD-5Stelle-LeU e frastagliato mondo rosso-verde); di ascolto e almeno parziale riferimento per quella (credo) consistente parte dell’elettorato di sinistra e ambientalista che è, a dir poco, delusa dall’applicazione “in salsa Draghi” del più vieto manuale Cencelli.

Diego Bodei

Un progetto di spartizione dei soldi

I due Governi presieduti da Conte erano figli di un Parlamento uscito dalle ultime elezioni diviso in tre blocchi, e che quindi necessitavano di “compromessi” e accordi tra forze politiche diverse e spesso ferocemente avversarie: al di là del giudizio che ognuno può voler dare di entrambe le esperienze, la situazione di partenza era innegabilmente quella. Anche senza voler indulgere alla dietrologia degli eventi che hanno portato alla fine della seconda esperienza Conte, alcuni interrogativi restano.

Perché, ad esempio, Mattarella non ha rimandato Conte alle Camere, visto che il suo secondo Governo non è mai stato sfiduciato? Siamo così sicuri che la prassi costituzionale sia stata pienamente e correttamente rispettata? Da quanto tempo il Presidente della Repubblica aveva già pronta questa soluzione? A chi giova il ritorno, favorito per non dire direttamente voluto dal politico più (giustamente) detestato d’Italia, nelle stanze dei bottoni di Salvini e Berlusconi? Quello stesso politico che elogia il regime saudita, per intenderci.

Quale progetto di spartizione del malloppo europeo c’è dietro? E’ un progetto caldeggiato dal delinquente (nel senso tecnico di “colui che è stato definitivamente condannato per un reato”) Verdini, che guarda caso Renzi e Salvini sono andati a trovare in galera poco tempo prima di avviare la crisi di governo? Sono domande per le quali non avremo mai risposta, perché nel frattempo si è insediato Draghi, che a suo stesso dire preferisce evitare di “comunicare”: meglio lasciare il popolino nell’ignoranza. E assieme a mister Bce (ma anche mister Goldman Sachs) le stanze del potere sono state occupate dal suo governo. Giorgetti, Stefani, Garavaglia, Brunetta, Carfagna, Gelmini, Bonetti: il “governo dei migliori”.

Vincenzo Lanciano

Si sta andando nella direzione sbagliata

Gent.ma redazione de Il Manifesto, dopo una crisi scatenata da uno dei peggiori elementi partoriti dalla politica dalla nascita della Repubblica italiana (il sig. Renzi), un già traballante, indeciso, confusionario, ma necessario governo Conte bis, ha lasciato il posto al re dei banchieri, ad un progetto di governo (benedetto da Mattarella) che assegnerà sempre di più a Confindustria le sorti del nostro sciagurato Paese.

“Sempre più a destra” sembra ormai lo slogan preciso, con la parvenza di sinistra rappresentata (?) dai Dem che non hanno avuto nulla da ridire. Non dovremo stupirci se alla scuola (a cui orgogliosamente appartengo come insegnante), sanità verranno assegnati ruoli sempre più marginali e le fasce sociali deboli lo saranno ancora di più, isolate. Diceva don Milani: “La politica serve per uscire dai problemi tutti insieme, con una peculiarità, partire dagli ultimi”. Si sta facendo l’esatto contrario.

Prof. Marco Poggi

Riconquistiamo il proporzionale 

Che un Governo espressione diretta della Banca e della Confindustria, condito da ministri di Berlusconi e della Lega, per giunta espressione della volontà del Presidente della Repubblica e non del Parlamento, rappresenti per qualsiasi persona di sinistra la realizzazione del peggiore incubo, non dovrebbero esserci dubbi. Così come poche volte si è verificata nel Paese una unanime collera, condita da disprezzo, come quella che ha accompagnato il killeraggio, compiuto su commissione, dal leccapiedi dello Sceicco tagliagole.

Ma se non vogliamo ridurci al mormorio impotente riservato ai sudditi occorre porsi una domanda: come è stato possibile tutto questo? La risposta a questa domanda ha due livelli, uno istituzionale e uno direttamente politico. Il primo livello riguarda la legge elettorale vigente: poiché i parlamentari sono nominati, cioè la loro elezione dipende dall’ordine di presentazione nelle liste da parte delle segreterie di partito, è possibile fare eleggere senatore anche il proprio cavallo, come si dice facesse l’imperatore Caligola.

Così Renzi, da segretario del Pd, ha potuto far eleggere i “suoi”, decine di parlamentari che lo hanno seguito obbedendo perinde ac cadaver a lui, non al loro elettorato. Che a sostegno di questa operazione di bassa politica ci sia stato un enorme sostegno mediatico, senza precedenti (decine di ore di presenza in tv e dozzine di interviste sui giornaloni al pinocchio di Rignano), dimostra chi sia stato il vero mandante: la Confindustria e la Banca che non potevano tollerare in alcun modo che a gestire i 209 miliardi di euro fosse qualcun altro, dato che quei miliardi debbono andare tutti e solo a lorsignori.

Il secondo livello – strettamente legato al primo – riguarda i comportamenti elettorali del “popolo della sinistra”. Poiché il premio di maggioranza del “rosatellum” (anticostituzionale, ma tuttora vigente) prometteva di dare tutto il potere a chi arrivava primo, una marea di “bravi compagni”, hanno scelto di votare non per le proprie idealità e i propri interessi (cioè non per il proprio partito) ma per il Pd, in base al “sennò viene Salvini” o al “sennò viene Berlusconi” (e alle mille varianti dello stesso pseudo-concetto a livello regionale e comunale).

Così questa grande astuzia di tanti “bravi compagni” ha fatto sì che ora ci ritroviamo con un Governo che comprende, tutti insieme, il Pd, Salvini e Berlusconi. Un bel risultato di quell’astuzia. Ma c’è di più, e di peggio: il combinato disposto di questo terribile effetto distorsivo del voto indotto dal maggioritario con l’assurdo sbarramento (non si capisce perché mai alcuni milioni di voti non debbano avere diritto alla rappresentanza parlamentare) ha escluso la sinistra di opposizione dal Parlamento. Cosa deve ancora succedere per convincerci che una legge elettorale proporzionale (che significa semplicemente: tanti seggi quanti sono i voti), con una preferenza nominativa e nessuno sbarramento, è una condizione necessaria per la democrazia?

Cosa aspettiamo, dopo aver vissuto la vergognosa vicenda di Renzi, a lanciare oggi e subito una grande campagna unitaria, estesa a tutti i democratici e ai veri liberali (se ce ne sono), per riconquistare la proporzionale? Soprattutto cosa aspettiamo per riproporre oggi e subito il problema di una nuova unità a sinistra, dato che oggi i confini sono chiari come non mai (confini che escludono solo chi guarda ancora al Governo e a Draghi e chi risponde alla PS o ai servizi), mentre fra tutti gli altri, partiti sindacati movimenti riviste giornali associazioni etc., occorre unirsi. Una unità senza prevaricazioni o forzature, unità subito e non alla vigilia di elezioni, unità vera e sincera, unità – come si diceva una volta – “dall’alto” e “dal basso”, reticolare e non centralistica, libera e non costrittiva, orizzontale e non verticale, insomma tutta da inventare nelle sue inedite forme, che però ci serve oggi, non domani.

Raul Mordenti, Roma

Le crepe dell’Alto profilo

Mario Draghi non ha ancora ottenuto la fiducia delle Camere, e già il suo governo “di alto profilo” comincia a mostrare delle crepe. Effettivamente sarà difficile che la variegata (eufemismo) maggioranza che lo compone possa evitare conflitti, più o meno gravi. C’è una legge della chimica che dimostra l’inconciliabilità di alcuni elementi, questa legge si può estendere anche alla politica: se si mettono a contatto “sostanze” tra loro non compatibili, si rischia di poter provocare effetti devastanti.

Se la situazione era arrivata al punto di chiamare un “esterno” come Draghi a presiedere un Governo, perché i partiti presenti in Parlamento non riuscivano a mettere insieme una maggioranza, non si capisce perché poi, invece che un esecutivo puramente “tecnico”, ne sia nato uno con ministri di (quasi) tutti quegli stessi partiti, se non c’era coesione prima, non si capisce per quale motivo ci possa essere adesso che le differenti posizioni politiche sono addirittura aumentate.

Mauro Chiostri

Delusione profonda

Cari compagni sono rimasto come tutti, anch’io molto deluso dall’esito di questa crisi e dal allontanamento di Conte, che secondo il mio punto di vista non aveva affatto demeritato. Ancora una volta tutto ciò merito del “demolition man”, in combutta con tutti quei poteri che volevano far fuori Conte. Ora vedremo SanMario che cosa combinerà con la sua maggioranza raccogliticcia e molto (per usare un eufemismo) eterogenea. Cari saluti.

Vanes Dall’Olio

Contributo governo Draghi

La composizione del governo Draghi, e prima ancora la natura della manovra che aveva portato alla fine del Conte bis, ha già lasciano trasparire molto di ciò che ci attende. Tralasciamo pure gli aspetti vintage e maschilisti della nuova compagine, così come le preoccupazioni legate alla gestione della pandemia da parte di un governo a forte caratterizzazione leghista; guardiamo oltre la cortina di nebbia mediatica avvolta attorno al nuovo uomo della provvidenza. A colpire sono gli aspetti di restaurazione notabilare, la trazione smaccatamente nordista e pro-impresa dell’esecutivo. Ma al servizio di quale idea di Paese, di quale modalità del suo inserimento nel contesto internazionale, di quali interessi sociali?

Un indizio lo ha fornito di recente Emiliano Brancaccio presentandoci, testi alla mano, un Draghi né keynesiano né liberista, ma schumpeteriano. Secondo questa lettura, cioè, la funzione del nuovo governo sarebbe quella di assecondare la distruzione creatrice e la ristrutturazione del capitalismo italiano, entrambe necessarie a rinnovare i caratteri dell’egemonia borghese nel travaglio di una crisi ormai più che decennale. Lo impone il nuovo contesto e lo impongono le nuove dinamiche del capitalismo attuale.

La globalizzazione, al di là dei sogni irenici tramontati già col volgere del secolo, ha imposto nuove divisioni internazionali del lavoro, nuove e più marcate polarizzazioni sociali e territoriali, nuove concentrazioni di potere e di accumulazione capitalistica. L’Unione europea, per come si è concretizzata a partire dagli anni Novanta del Novecento, rappresenta l’aspetto continentale di questo processo generale. L’accelerazione in questo senso, dovuta alla crisi economica e pandemica, non lascia spazio per la stasi; la coperta si è fatta d’improvviso troppo corta. La caratteristica italiana risiede in questo: alla sinistra politica e sindacale manca la forza (e forse la volontà) di invertire il processo, alla destra politica ed economica manca la forza per portarlo finalmente a compimento. Il governo giallorosso rappresentava un governo di tregua sociale che le nostre classi dominanti non erano più in grado di accettare, e d’altro canto qualsiasi soluzione parlamentare della crisi non avrebbe potuto garantire quella svolta da loro a lungo attesa. Insomma, a fronte dei tentennamenti della politica le classi dominanti hanno imposto una soluzione corporativa della crisi, nel senso della consegna diretta dei pubblici poteri all’industria e alla finanza.

Il potere dei tecnici, allora, dovrebbe servire ad accelerare l’inserimento del Paese nella nuova competizione continentale e globale per i capitali, tramite il taglio deciso dei “rami secchi” del nostro apparato produttivo (cioè il sud e i rami decotti), l’adeguamento alla necessità del momento del sistema educativo (maggiore aziendalizzazione di scuola e università), e l’affidamento semmai a settori come quello turistico il compito di fornire un po’ di respiro (saltuario ed intermittente) al lavoro a basso valore aggiunto.

All’interno della soluzione corporativa non è detto, e in questo risiede il senso della grande coalizione al servizio del nuovo esecutivo, che alcune istanze del grillismo e del sindacalismo confederale non possano trovare agibilità. Se il disegno si compie, qualche beneficio in via subordinata ne potrà trarre la manodopera occupata nei settori produttivi usciti vincenti dalla competizione schumpeteriana (si veda il nuovo contratto dei metalmeccanici); mentre per gli sconfitti una qualche forma di compensazione dovrà pur essere trovata (possibilità di mantenere attivo il reddito di cittadinanza, magari subordinandolo a forme coattive di accettazione di impieghi saltuari e malpagati).

Se questo è quanto ci attende, desta più di qualche perplessità la volontà espressa da gran parte di ciò che rimane della sinistra politica di posizionarsi all’interno del quadro dato. Anche perché, ai bordi del tavolo imbandito dal nuovo governo rimane scoperto uno spazio ampio di disagio e mobilitazione sociale e ideale. Da questo punto di vista si presentano due rischi: nell’immediato, che sia la destra nazionalista a capitalizzare il dissenso; nel medio periodo, che una eventuale ristrutturazione del sistema politico italiano, una volta esaurito il compito dei tecnici, si compia galleggiando su un mare di apatia e diffidenza nei confronti di qualsiasi prospettiva di mutamento. Quale credibilità dare, a posteriori, a un gruppo dirigente che magari ben oltre i propri meriti si era trovato a gestire un capitale politico suscitatore di speranze come la coalizione che ha retto il Conte bis, per poi sfarinarsi nel giro di poche ore di fronte all’atto di pirateria renziano?

Dover ricominciare sempre da capo è frustrante. Alcuni semi erano stati piantati al riparo dell’esperienza del Conte bis, occorrerebbe una classe dirigente all’altezza della sfida di farli germogliare.

Tommaso Nencioni

 

Una piccola considerazione

Buonasera, non sono un fine commentatore politico, lascio questa ambizione a tutti i “capitori” del nostro sfortunato paese, però una considerazione l’ho fatta e provo a condividerla con voi. In definitiva l’esito della crisi mi viene da riassumerlo così: un maschio-bianco-anziano incarica un altro maschio-bianco-poco meno anziano di formare un governo composto prevalentemente da maschi-bianchi-tendenzialmente anziani con il compito di disegnare per il nostro paese un futuro nel quale la maggior parte di loro non vivrà. Non mancano solo le donne in questo governo, mancano anche i giovani! Con viva cordialità

Claudio Ferranti

Il governo neo-democristiano di Mario Draghi

Ricordo che i golpe, un tempo, venivano attuati dai militari, oggi li ispirano i grandi banchieri e i tecnocrati dell’alta finanza, emissari della Confindustria ed alti referenti del Vaticano. Tuttavia, in modo ipocrita li chiamano “governi tecnici”. Lungi da me l”intenzione di formulare un’analisi dietrologica: qui mi limito ad una presa d’atto, ad una mera constatazione di quanto è accaduto sotto i nostri occhi nell’ultimo mese. Ad insinuare dubbi non sono i “perfidi bolscevichi” ed i “sovversivi rossi”, bensì pennivendoli al servizio degli apparati di potere, alti funzionari organicamente inseriti nei Palazzi del potere da anni. Viceversa, stupisce (non più di tanto) che i soggetti di un fantomatico e vago “centro-sinistra”, in cui si riconoscono oggi il Pd, il M5S e vari “cespuglietti”, non abbiano mai battuto ciglio, né proferito verbo, per denunciare, né per stigmatizzare una congiura di palazzo in piena regola, che è stata orchestrata da elementi politici che fanno capo al potere economico sovranazionale ed “anonimo”, vale a dire il capitalismo cosmopolita, che non è più tanto occulto ed agisce in modo eversivo.

Una trama in cui il doppiogiochista Renzi ha fornito il ruolo dell’ariete di sfondamento, per rovesciare Conte e insediare un nuovo esecutivo, di tipo “tecnico”, che dai nominativi di alcuni ministri “riesumati” alla stregua del dottor Frankenstein (Brunetta e Gelmini, giusto per citare un paio di nomi che ci fanno rabbrividire), si preannuncia già tetro e sinistro. Mi viene in mente una vignetta disegnata da Vauro ai tempi del governo Monti, che apparve sul Manifesto, in cui un tizio chiedeva: “E la democrazia?”, e un altro rispondeva: “L’hanno pignorata le banche!”. È una sintesi geniale di quanto è accaduto ancora nella realtà odierna. Anzitutto, la squadra del neonato esecutivo Draghi, concentra una serie di figure legate a doppio filo con i poteri forti e tradizionali, che da anni condizionano il triste destino del nostro Paese: le banche d’affari, la Confindustria, il Vaticano, i vertici militari. Tali poteri sono rappresentati nel governo Draghi in modo completo, usando il vecchio “manuale Cencelli”. Infatti, figurano vari portavoce della Confindustria e dei poteri economici di regime, bocconiani, nonché docenti di università private, più alcuni fiduciari delle alte gerarchie ecclesiastiche, ed infine vecchi arnesi del berlusconismo, che credevamo, in modo ingenuo, che fossero ben riposti in una soffitta, e via discorrendo. Il loro compito sarà di ordine prettamente tecnico-esecutivo, più che politico, in quanto dovranno tradurre in atti ed in provvedimenti di legge immediati, le direttive dettate dai vertici del mondo confindustriale: si tratta di una linea politica sposata in pieno dalle più alte istituzioni globali, come il Fmi e tutto l’establishment al completo, bancario e finanziario, di tipo sovranazionale.

Si potrebbe azzardare l’ipotesi che Draghi sia solo l’esecutore di un “disegno” di commissariamento del governo del nostro Paese. Si è passati ad un tipo di esecutivo in cui figurano i referenti delle grandi banche d’affari, i “tecnici” confindustriali ed i referenti della curia pontificia, nonché lo “stato maggiore” berlusconiano. È arduo scegliere il “meno peggio” in un calderone pieno di personaggi a dir poco discutibili, di cui già abbiamo sperimentato le “capacità”: ricordo solo l’operato del già citato Brunetta. L’esecuzione dei principali punti programmatici prescritti dall’alto al governo del nostro Paese, da parte dei soggetti che in vari modi costituiscono l’emanazione più diretta delle più alte oligarchie del mondo finanziario, comporterà forse ulteriori violazioni dei diritti e principi di tipo democratico e sindacale, ovvero delle residue tutele sociali che ancora hanno garantito il mondo del lavoro nei comparti della Scuola e Pubblica Amministrazione in Italia. È assai lecito paventare il rischio che incasseremo ulteriori sacrifici in quanto lavoratori. Dalle enunciazioni ancora piuttosto vaghe e generiche, direi ambigue, a tal punto che Mario Draghi si potrebbe ribattezzare come “democristiano”, si evince una palese assenza di rottura rispetto alla linea seguita dai governi negli ultimi lustri. Al contrario, si coglie una linea di aperta continuità con la politica adottata in passato da diversi governi sul fronte economico-sociale, e in particolare sul tema dell’istruzione scolastica e della Pubblica Amministrazione.

Lucio Garofalo

 

 

 

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