Un governo di estrema destra sarà inevitabile l’8 luglio? Le desistenze, intanto, possono limitare il numero di seggi del Rassemblement National e dei suoi alleati dell’area Ciotti, impedendo la maggioranza assoluta (almeno 289 deputati su 577) grazie allo “sbarramento” e alle poche riserve di voti dell’estrema destra al secondo turno. Dietro le intense trattative per i ritiri di candidature, ieri ci sono stati i primi passi di un altro dialogo: la possibilità allo studio di un governo di unità nazionale, dei “ragionevoli”, per tenere l’estrema destra lontano dal potere, dai gollisti fino ai verdi, sul modello di quello costituito all’uscita dalla seconda guerra mondiale.

IL PRIMO MINISTRO, Gabriel Attal, che è stato nel Partito socialista, guida l’offensiva: prevede un’Assemblée Nationale «plurale» e «tende la mano» alle altre forze per «trovarsi su un certo numero di progetti», non tutti, per «oltrepassare alcune divisioni, a volte artificiali». E promette di «fare concessioni».

Nel Nuovo Fronte Popolare ci sono le prime reazioni, non concordanti. Seduce comunque l’idea che il Nfp, che è secondo in numero di voti, potrebbe avere la carica di primo ministro (mentre la speranza di vincere resta un’ipotesi lontana, anche se il Nfp ha già 32 seggi ed è presente in 316 ballottaggi). Per il socialista Philippe Brun, ci sono momenti in cui «la necessità fa la legge». I comunisti del Pcf, che è in serie difficoltà, ammettono che si può ipotizzare di essere «uniti senza essere d’accordo su tutto». Ma Ps e Pcf insistono su un punto: l’area Macron dovrebbe cedere tanto per cominciare almeno sul ritorno dell’Isf, la patrimoniale, che il presidente aveva annullato almeno per la parte che riguarda il capitale finanziario (è rimasta l’Ifi, l’imposta sul patrimonio immobiliare).

Una variante potrebbe essere il sostegno senza partecipazione, cioè l’impegno a non presentare mozioni di censura (la sfiducia) contro il governo. La France Insoumise rifiuta l’ipotesi di una grande coalizione e intende realizzare il proprio «programma nient’altro che il programma», ha precisato il portavoce Manuel Bompard. Lfi legge l’offerta di Attal alla sinistra come una provocazione, con l’intenzione di spaccare il Nuovo Fronte Popolare, sarebbe la fine dell’alleanza. «Non si può lottare contro il Rn alleandosi con i macronisti».

JORDAN BARDELLA, che continua a utilizzare Lfi come spauracchio, ha ieri attaccato «l’alleanza del disonore tra Macron e Mélenchon», Marine Le Pen ha accusato il presidente di «scelte contro natura in nome della sola logica degli apparati». Il Rassemblement National non fa nessuna desistenza, anche se aveva previsto alcuni casi o contro dei candidati «nefasti» (cioè Lfi) o a favore dei Républicains «compatibili». Sono questi deputati che Marine Le Pen ha deciso di andare a cercare, nel caso manchino «5-7 seggi» per la maggioranza assoluta. Jordan Bardella ha invece parlato di «1-2 seggi», per accettare l’incarico di primo ministro e continua a fare appello agli elettori perché diano all’estrema destra «la maggioranza assoluta».

Gli istituti di sondaggio calcolano intorno ai 270 seggi per il Rn, mancherebbero quindi 19 deputati per essere al riparo di una mozione di censura. Ci sono trattative con alcuni per cercare l’impegno a rinunciare a porre la sfiducia.

Marine Le Pen, che pensa solo alle presidenziali del 2027, assicura che non sarà «un primo ministro bis», dietro le quinte, alle spalle di Bardella. Ma già affila le armi contro Macron, anticipando un braccio di ferro. Dopo aver affermato la scorsa settimana che il potere del presidente come capo degli eserciti è soltanto «onorifico» perché è «il primo ministro che ha i cordoni della borsa» per le spese militari, ieri ha accusato Macron di «colpo di stato amministrativo».

LA LEADER DI RN anticipa che oggi all’ultimo consiglio dei ministri verranno fatte molte nomine nelle alte cariche dello stato, anche alla testa della polizia e della Gendarmerie. «Macron cerca di andare contro il voto degli elettori nominando persone vicine a lui perché impediscano, all’interno dello stato, di poter fare la politica che i francesi vogliono», afferma. Comincia la solfa del «non ci lasciano lavorare». L’Eliseo ha reagito, invitando Marine Le Pen a conservare il «sangue freddo» e la «misura» nelle affermazioni.