Soprattutto intorno al confine orientale si è persa la distinzione tra vittime e carnefici. Così anche quest’anno a Gorizia la X Mas sarà ricevuta in Municipio perché possa rendere omaggio alla lapide che porta i nomi di quanti, nei 40 giorni di amministrazione jugoslava, sarebbero stati deportati «perché italiani». E ci sarà domani, di nuovo, anche qualche assessore con la fascia tricolore per ricordare che in quella stessa data nel gennaio 1945 si svolse la battaglia di Tarnova. Una battaglia che i fascisti raccontano come si fosse trattato di una eroica resistenza per salvare Gorizia dalle orde titine ma fu solo una storica bastonatura che presero dai partigiani, che tentavano di sganciarsi dal gelo e dalla mancanza di rifornimenti. Il Battaglione Fulmine non salvò Gorizia dai titini perché nessuno in quel momento pensava di poter togliere ai nazisti la città e non dovette soccombere davanti a soli jugoslavi perché con la Brigata partigiana slovena Kosovel c’erano anche le italiane Piccoli, Buozzi e Triestina. Insomma, una delle tante riscritture della storia, anche questa buona per autoassolversi e per negare che qui contro i fascisti si combatteva assieme, italiani e jugoslavi.

Occorre ricordare il contesto di queste terre per smascherare i fascisti. Nel gennaio 1945 il Friuli-Venezia Giulia era territorio del Terzo Reich (lo era dall’ottobre 1943) come zona di operazione militare (Operationszone Adriatisches Küstenland). L’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia era a tutti gli effetti uno degli eserciti di quei Paesi che combattevano il nazifascismo e infatti Gorizia, come Trieste, fu liberata dall’occupazione nazista il primo maggio 1945 dall’esercito jugoslavo con al seguito i neozelandesi. I 40 giorni di «occupazione» jugoslava passarono alla presenza di americani e inglesi che poi subentrarono amministrando Gorizia, come Trieste, negli anni successivi. Tra i supposti «italiani innocenti» arrestati dagli jugoslavi è ovvio che ci fossero spie e collaborazionisti, così come ex carabinieri passati alle dipendenze dei nazisti così come c’erano predoni vari della Milizia Difesa Territoriale o di altre bande criminali. Che fossero in maggioranza italiani è il dato meno significativo. Gorizia è la provincia italiana dove l’antifascismo ha pagato con il maggior numero di vittime.

In questo contesto appare indubitabile che chi avesse voluto, nel ’44/’45, difendere l’italianità di quelle terre aveva una sola possibilità: entrare nella Resistenza antifascista, supportare gli eserciti alleati. La X Mas, quindi, non lottò mai per l’Italia ma si fece serva dei nazisti sul confine orientale unendosi ai cetnici monarchici jugoslavi, ai domobranci sloveni e agli ustaša croati. Quello che fece fu angariare la popolazione, dare la caccia ai partigiani e agli ebrei, rastrellare, torturare, uccidere. Lo storico pordenonese Luigi Bettoli: «Quella della difesa dell’italianità al confine orientale (rivendicata peraltro anche dalla maggioranza della resistenza friulana e non solo degli osovani) è diventata, durante la Guerra Fredda, una falsificazione ideologica per riciclare i fascisti in funzione anticomunista. Con quali danni, in termini di infiltrazione degli apparati dello Stato e di successivo stragismo, lo sappiamo tutti. Fino a stravolgere la memoria storica». Il sindaco di Gorizia Ziberna ha giustificato il ricevimento della X Mas: «Il Comune non chiede appartenenza politica, confessione religiosa o altro quando qualcuno vuole rendere omaggio alle proprie vittime». Un isolato più in là ci sarà l’Anpi con Gorizia antifascista.